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Bologna cambia passo: il Patto con Terzo settore e reti civiche

Si chiama “Nuovo Patto per l’amministrazione condivisa” ed è stato stipulato tra l’Amministrazione comunale e il mondo dell'associazionismo. Nasce da un confronto aperto con le realtà cittadine che si occupano di sociale. «Una spinta al cambiamento che sia davvero trasformativo della società e che non veda più il Terzo settore come il mero esecutore delle politiche decise dall’Amministrazione», spiega Erika Capasso

di Luigi Alfonso

Bologna si conferma, ancora una volta, un serbatoio inesauribile di progetti in ambito sociale. Dalla grande tradizione felsinea stavolta è nato il “Nuovo Patto per l’amministrazione condivisa” stipulato tra l’Amministrazione comunale di Bologna e i rappresentanti del Terzo settore e delle reti civiche cittadine. «Nasce da una volontà condivisa con il sindaco Lepore e la Giunta», sottolinea Erika Capasso, delegata alle Politiche per il Terzo settore. «Ma nasce anche da un confronto con il Forum del Terzo settore di Bologna metropolitana e il laboratorio delle reti civiche della città. Lo scorso febbraio si erano presentati al primo incontro con un documento, “Coprogettare la ripartenza”, con il quale proponevano uno scatto in avanti rispetto alla relazione tra la pubblica amministrazione e il Terzo settore. È stata anche una congiuntura particolare e sfidante: da una parte c’era la riforma del Terzo settore che stava entrando nella sua piena efficacia, con il nuovo Codice e il Runts; dall’altra stavamo cercando di tirare fuori la testa da due anni di pandemia che avevano inciso pesantemente anche sulle Associazioni di volontariato. Alcune non hanno retto al peso e alla fatica di questa congiuntura ma tutte hanno dimostrato quanto sono importanti per il territorio».

Bologna ha voluto affrontare la nuova fase in maniera propositiva anziché subirla. E questo è soltanto uno dei tanti step previsti sino al 2026. «Ci sono stati diversi focus group tematici e momenti di condivisione e coinvolgimento di tutte le realtà cittadine, compresi i dirigenti del Comune», sottolinea Capasso. «Abbiamo ragionato insieme su sette ambiti: sport; welfare e fragilità; discriminazione di genere; cultura e welfare culturale; sanità, sensibilità e integrazione sociosanitaria; ambiente, sostenibilità e cura del territorio; educazione infanzia e giovani. Ne è venuto fuori un ragionamento semantico sul ruolo del Terzo settore e dell’associazionismo, al quale ha fatto seguito un incontro plenario con 200 associazioni: ne è nato un laboratorio che ci ha permesso di fare il punto su servizi, attività e spazi cittadini. Poi i laboratori nei sei quartieri di Bologna, con un’attenzione specifica per le micro-realtà e i gruppi informali, che hanno dimensioni ridotte ma non per questo sono meno importanti perché svolgono una fondamentale attività di prossimità nel territorio. Tutto questo si tradurrà in una rivisitazione dello Statuto del Comune di Bologna, in cui inseriremo la programmazione e la progettazione condivise. La sfida e l’impegno assunti con il Forum è che gli enti del Terzo settore, a loro volta, si facciano promotori di relazioni con le più piccole realtà, per valorizzarne il capitale sociale».

La stesura del Patto ha coinvolto in pieno il personale dei vari settori del Comune: cultura, welfare, patrimonio, mobilità, agenda digitale, programmazione, ufficio statistico. Una trasformazione non solo normativa ma culturale e di metodo. E proprio questo pomeriggio la Giunta comunale ha approvato una delibera che entro novembre porterà all’approvazione del nuovo Regolamento da parte del Consiglio comunale. «Ci dà una visione strategica di lavoro – commenta Erika Capasso – e porta con sé la base per un testo sulle forme di collaborazione tra i soggetti civici e l’Amministrazione per lo svolgimento di attività di interesse generale per la cura e la rigenerazione dei beni comuni. Questo Regolamento andrà a sostituire quello approvato nel 2014: Bologna fu la prima a farlo in Italia, e ora cerchiamo di dotarci di strumenti migliorativi per le pratiche amministrative che derivano dalla raccolta dei suggerimenti pervenuti in questi mesi di lavoro».

Le segnalazioni di associazioni e liberi cittadini, infatti, sono state numerose. «Abbiamo previsto modifiche amministrative di alcuni processi, per esempio rispetto alla eccessiva burocratizzazione dell’apparato. In tanti ci hanno detto: perché, ogni volta che dobbiamo partecipare a un bando di coprogettazione, siamo costretti a inviare di nuovo tutta la documentazione prodotta per il bando precedente? Una giusta osservazione che abbiamo fatto nostra. Uno degli obiettivi del Patto è quello di arrivare a un sistema di comunicazione e condivisione dei dati, con uno spazio dedicato sulla piattaforma ParteciPa. Ci siamo dotati di due strumenti di accompagnamento di questo percorso: il Comitato d’impulso e monitoraggio e gli Stati generali del Terzo settore, da convocare una volta l’anno per fare il punto ed eventualmente correggere il tiro».

Ci sarà un momento aperto a tutta la città, comprese le imprese, le Fondazioni bancarie e qualunque realtà che voglia diventare “alleata” di questo Patto. «Bologna ha una volontà forte di cambiamento che sia davvero trasformativo della società e che non veda più il Terzo settore come il mero esecutore delle politiche decise dall’Amministrazione. La visione è quella dell'economia sociale da parte di una città orientata al bene comune, che fonda la sua infrastruttura sulla comunità e sulla prossimità. Vogliamo rimettere al centro il benessere delle persone, i diritti sociali e la comunità, lavorando in maniera trasversale integrata insieme a tutti i settori e a tutti i livelli, partendo dal principio di sussidiarietà».

Il coordinamento scientifico del percorso è stato curato da un team di esperti composto da Riccardo Prandini, Giovanna De Pasquale, Luciano Gallo, Giulia Ganugi, Tommaso Giupponi, Roberta Paltrinieri, Lavinia Pastore, Alceste Santuari e Paolo Venturi. Il coordinamento di metodo e processo è invece di Fondazione Innovazione Urbana.

Credits: foto Margherita Caprilli


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