Famiglia & Minori

Affido: sui bambini abbiamo cambiato lenti

In Piemonte l'affido familiare è nato. E ora proprio in Piemonte viene stravolto. La voce di Frida Tonizzo, presidente di Anfaa: «Con questa legge l’affidamento viene limitato solo a situazioni estreme e perde la sua connotazione di sostegno e aiuto. Vederlo solo come intervento tardo-riparativo però gli fa perdere non solo la sua natura ma anche buona parte delle sue potenzialità. Fermiamoci, perché l'affido non è né di destra né di sinistra»

di Sara De Carli

Abbiamo cambiato gli occhiali. Frida Tonizzo, presidente di Anfaa, si occupa da una vita di affido e adozione, proprio là dove l’affido è nato: in Piemonte. E proprio qui, in questi giorni, il Consiglio Regionale ha approvato la legge “Allontanamento zero”. Un titolo autoesplicativo per una legge che – dice Tonizzo – «sposta l’ottica da quali sono i servizi migliori per i bambini a cosa dobbiamo fare per proteggere le famiglie di origine. È un paio di occhiali che ti fa vedere tutta la realtà in modo diverso». Quando invece «l'affidamento non può essere abbinato ad uno sguardo ideologico, né a una colorazione partitica. Non è di destra, di sinistra, di centro. È un intervento di aiuto al bambino e alla sua famiglia in difficoltà e in quanto aiuto prima lo si attiva meglio è. Meglio ancora se l’affidamento è consensuale. Per questo non ha senso neanche contrapporre la nostra posizione a quelle della famiglie di origine, come è successo. Noi non siamo contro nessuno. Vogliamo però rivendicare la bontà e le possibilità insite in queste scelte di accoglienza. Tutto è perfettibile, ma non è attraverso l’allontanamento zero che si migliora il sistema di protezione dei bambini», dice.

Cominciamo da questi tre anni di discussione della legge. Avete documentato le vostre critiche, avete incontrato l’assessora Caucino e il presidente Cirio: qualcosa è stato recepito?

La scelta che abbiamo fatto come Anfaa insieme alle altre associazioni del Tavolo regionale affido è stata quella di porci come interlocutori, con tutti i gruppi politici in Consiglio. Appena presentata la proposta, abbiamo inviato un documento a tutti i capogruppo e con tutti ci siamo incontrati per esporre le ragioni del nostro dissenso e le nostre proposte alternative. Lo voglio sottolineare perché è importante che all'affidamento non sia abbinata una colorazione partitica. Non è di destra, nè sinistra, nè di centro. È un intervento di aiuto al bambino e alla sua famiglia in difficoltà e in quanto aiuto prima lo si attiva meglio è. Meglio ancora se l’affidamento è consensuale. Abbiamo partecipato alle audizioni, abbiamo rivolto le nostre proposte a tutti, abbiamo tenuto sempre aperta la possibilità di dialogo. Non siamo stati ascoltati. Delle proposte di emendamenti non ne è stata accolta praticamente nessuna.

Cosa c’è di sbagliato nella legge?

È una legge che risente di un approccio ideologico, a partire dal titolo. Allontanamento zero è un messaggio sbagliato e fuorviante, anche nei confronti delle famiglie di origine: non possiamo illudere le famiglie che con un bonus economico risolveranno tutti i loro problemi. Con questa legge l’affidamento viene limitato solo a situazioni estreme e perde la sua connotazione di sostegno e aiuto. Sulle modalità con cui avviene l’allontanamento possiamo discutere, ci sono stati errori anche gravi, la denuncia dell’abuso istituzionale c’è anche nel rapporto del Gruppo CRC.. ma non possiamo attaccare ad alzo zero un sistema di tutela: l’affido non è un intervento punitivo nei confronti della famiglia. Vedere l’affido solo come intervento tardo-riparativo gli fa perdere non solo la sua natura ma francamente anche buona parte delle sue potenzialità.

Di fatto però oggi la maggioranza degli affidi sono decisi dall’autorità giudiziaria e non sono consensuali.

E con questa legge saranno ancora meno, visto che si dà credito alla convinzione delle famiglie d’origine di aver subito un torto. Come saranno meno le famiglie affidatarie disponibili ad accogliere, se le istituzioni per prime lasciano intendere che ciò che queste famiglie fanno ha a che fare con il “togliere” un minore alla sua famiglia. Non è possibile, noi non ci stiamo.

La legge prevede che i servizi facciano con le famiglie un piano educativo familiare (Pef) della durata di sei mesi, prima di allontanare. Troppo tempo, poco, giusto?

Se io vedo che c’è un bambino abusato e maltrattato, perché devo aspettare sei mesi per metterlo in protezione?

Ma non si può credere che bisognerà davvero aspettare sei mesi in questi casi…

Le interpretazioni possono anche essere differenti, ma nei fatti nella legge c’è scritto che l’unico tetto che hai, in deroga ai sei mesi, è il comma 403. Nell’esperienza di Anfaa, quando ci troviamo di fronte un nuovo bambino, difficilmente ci viene da pensare che “si poteva aspettare un po’ ad allontanare”: piuttosto ci viene da dire che “si doveva intervenire prima”. Un altro campanello è che l’adozione in questa legge non è nominata neanche una volta, come se si omettesse il fatto che ci sono bambini che vivono in condizioni tali per cui si deve procedere a dichiarare l’adottabilità.

L’altro punto che criticate è l’indicazione per cui l’affido deve essere in prima istanza ai parenti entro il quarto grado.

Devono essere tutti interpellati, documentando i motivi per cui non possono accogliere il minore. Gli affidamenti a parenti rappresentano già oggi la metà degli affidi, quindi quando è possibile già si fa e si predilige. Ma anche qui, scriverlo nella legge con questa rigidità denota la convinzione che essere parenti di per sé sia qualcosa di positivo, mentre nei fatti sappiamo tutti che non è così. I parenti che si rendono disponibili per accogliere un congiunto devono comunque essere conosciuti, valutati e sostenuti perché l’affidamento di un minore non è cosa semplice. A parte la difficoltà operativa legata al fatto che molti bambini, oggi come oggi, i parenti di quarto grado li hanno in giro per mezzo mondo e voglio vedere i servizi come faranno a contattarli… Ma è l'approccio ideologico che è preoccupante: questa enfasi sul ruolo dell’affidamento a parenti vuol far passare il messaggio che i problemi della famiglia vanno risolti in famiglia. Al più nella famiglia allargata, ma li devono restare.

Che dire delle risorse stanzia la legge per prevenire l’allontanamento? Il comunicato della Regione Piemonte dice 44,5 milioni di euro per il biennio 2023-2024: sono una cifra adeguata?

In realtà non ci sono risorse aggiuntive, per esempio per fare questi nuovi piani educativi familiari o per rintracciare e dialogare con le famiglie dei parenti. Si parla di équipe multidisciplinare, ma senza soldi questa parte rischia di restare sulla carta. È come dire che tutti i bambini devono vivere felici in famiglia, per legge. Ma tra il dire e il fare… Tempo fa avevamo coniato il termine “affibbiamenti” per dire come senza risorse – economiche e professionali – gli affidamenti rischiano già oggi di non essere adeguatamente seguiti, sia nell’abbinamento sia nel sostegno al percorso. Lo sappiamo che tante cose non funzionano. Ma non è che se qualcosa non funziona, tutto il sistema è da buttare.

Il disegno di legge in particolare vuole scongiurare gli allontanamenti per meri motivi economici, cosa che la legge nazionale già vieta. Al di là di quel che dice la legge, nei fatti si allontana o no per motivi economici?

No, non per soli motivi economici. Se nelle famiglie ci sono difficoltà economiche queste possono essere affrontate con vari progetti e varie risorse, da PIPPI al reddito di cittadinanza che quando ci sono minori prevede un patto ad hoc. Il problema è che a volte la mancanza di disponibilità economica va ricondotta alla situazione in cui si trovano i genitori, che per motivi diversi non sono in grado di provvedere al mantenimento dei bambini. Incuria e trascuratezza sono spesso legate anche a difficoltà economiche, sono tutte sono concause.

Foto Unsplash


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