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Cooperazione & Relazioni internazionali

Iran, repressione sempre più sanguinosa

Immagini di morte dalle strade della città curda di Javanrud, dove la polizia ha aperto il fuoco sui dimostranti. Intanto la rivolta acquista consensi: famose attrici si filmano senza velo per strada, facendosi arrestare, e la nazionale persiana si rifiuta di cantare l'inno nella partita mondiale contro l'Inghilterra in Qatar. E la rabbia cresce: a Teheran spuntano minacciosi striscioni contro Khamenei

di Giampaolo Cerri

Sempre più sanguinosa la repressione delle incessanti proteste della popolazione iraniana da parte del regime di Teheran. Proteste, animante soprattutto dei giovani, che ogni sera scendono in piazza dal giorno della morte di Masha Amini, la ragazza arrestata il 13 settembre scorso, e percossa dalla polizia religiosa perché non indossava correttamente il velo.

Il profilo Twitter dell'attivista esule, Masih Alinejad, ha rilanciato le immagini che vengono da un'importante città a maggioranza curda: Javanrud, 43mila abitanti, nel Nord ovest del Paese. Qui le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sulla folla che protestava. Stavolta non coi proiettili di gomma, come accaduto spesso nella capitale, ma col piombo. Le immagini mostrano feriti che vengono trascinati fuori dalla linea del fuoco e alcuni corpi rimasti immobili sul selciato (foto in apertura).

Altre immagini, rilanciate dal corrispondente dalla Turchia di Radio Radicale, Mariano Giustino, mostrano altri corpi per strada nella stessa città e altri feriti che vengono soccorsi.

Nel frattempo cresce la rabbia del Paese verso il regime: poco fa, scendendo in campo, in Qatar, per la prima partita dei Mondiali, la nazionale iraniana non ha cantato l'inno nazionale mentre, ieri, la nota attrice Hengameh Ghaziani (a sinistra) si è mostrata in un video a capo scoperto, dichiarando la sua solidarietà ai dimostrati e venendo arrestata poche ore dopo, insieme alla collega Katayoun Riahi.

Ma a dare l'idea di come la pazienza degli iraniani sia ormai giunta al limite, è lo striscione apparso su un ponte della capitale ieri e la cui foto (in apertura) è stata postata, dagli Stati Uniti, sempre dalla Alinejad su Twitter: vi si riconosce l'ayatollah Ali Khamenei, autorità suprema sciita, già presidente iraniano dal 1981 al 1989, con la barba insanguinata. E sotto allo striscione un fantoccio impiccato, che pare essere una minaccia per quanti stanno guidando la sanguinosa repressione. Il commento dell'attivista esule è sibillino: «Più il regime imprigiona, impicca e uccide, più il popolo è determinato a terminare la repubblica islamica. Il mondo deve essere preparato a vedere un Iran laico e democratico».


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