Maestre e maestri d’Italia, Luigi Giussani

È dedicato a Luigi Giussani l'ottavo ed ultimo episodio della serie podcast Maestre e maestri d’Italia, ideata da Riccardo Bonacina e realizzata da Alessandro Banfi con Chora media per VITA grazie al sostegno di Fondazione Cariplo, e intitolato "Il rischio educativo". Maestro di tanti maestri, il prete di Desio ha lasciato una traccia importante nella pedagogia e nelle scuole di mezzo mondo. Lo spiegano bene in questo episodio Rose Busingye da Kampala, in Uganda, l’insegnante e dantista Franco Nembrini, e ancora Angelo Lucio Rossi, preside di una scuola pubblica di periferia a Milano, leader nei Patti educativi col territorio

di Alessandro Banfi

L’ottavo ed ultimo episodio della serie podcast Maestre e maestri d’Italia, ideata da Riccardo Bonacina e da me realizzata con Chora media per Vita.it, grazie al sostegno della fondazione Cariplo, è intitolato Il rischio educativo ed è dedicato a don Luigi Giussani. Maestro di tanti maestri, il prete di Desio ha lasciato una traccia importante nella pedagogia e nelle scuole di mezzo mondo. Lo spiegano bene in questo episodio Rose Busingye da Kampala, in Uganda, e poi l’insegnante e dantista Franco Nembrini e ancora Angelo Lucio Rossi, preside di una scuola pubblica di periferia a Milano, leader nei Patti Educativi col territorio. Tre persone che si ispirano alla lezione educativa di Don Giussani e che seguono il suo metodo educativo.

Per don Giussani l’educazione, come si sente dalla sua stessa viva voce nell’episodio, era “un’introduzione alla realtà totale”. Non una serie di nozioni, dunque né un catechismo. Piuttosto una passione per l’uomo. Come dice Franco Nembrini: «Significa che don Giussani aveva una stima infinita, aveva una fiducia totale, ma per averla vista lui e vissuta lui, nei due poli, diciamo così, che mettono in moto la persona e la fanno incamminare verso il suo compimento: il cuore dell'uomo, l'anima, lo spirito chiamala come vuoi. E qualcosa che lo fa tendere a qualcosa di grande, a qualcosa di sempre più grande. La definizione giusta sarebbe quella leopardiana: l'infinito e l'eterno».

Angelo Lucio Rossi racconta la sua esperienza di preside nelll’Istituto comprensivo Alda Merini, nella periferia di Milano: una scuola pubblica, ma aperta al territorio, viva, ricca di contaminazioni con il terzo settore. Racconta Rossi: «La scuola è un luogo dove tenere un fuoco sempre acceso. Tu mi chiedi della banda musicale che hai visto sul nostro sito. Non perché io sia terrone, ma dico: la banda tiene un fuoco acceso perché la musica genera qualcosa. Tanti ragazzi si mettono insieme e suonano. Insomma, la musica fa la comunità. Questo è il punto. Scusate, ma ridà pure senso. Perché, soprattutto in una realtà come Milano dove c’è la logica del successo individuale, la scuola può essere importante. Come avere una palestra della comunità. Ecco il patto educativo. I giovani non vogliono ricette, ma adulti che si rimettono insieme e che lavorano sui talenti propri e dei ragazzi. Un lavoro sui talenti, perché il problema è che i talenti devono fiorire, a cominciare dal cuore. Perché nei ragazzi, quando vedono degli adulti che si comportano così, rinasce una fiducia».

Una discepola particolare di don Giussani è Rose Busingye, 54 anni, che parla da Kampala, Uganda, dove vive tuttora. È un’infermiera professionale specializzata in malattie infettive. Dal 1992 esercita la sua attività di volontariato con pazienti affetti da HIV/AIDS e da altre malattie infettive. La sua storia è significativa perché il gruppo di donne che lei ha aiutato dal punto di vista sanitario, ad un certo punto non ha voluto che si costruisse un ospedale, con le risorse raccolte attraverso la solidarietà internazionale, ma una scuola. Una scuola per i loro figli. Rose spiega così il “rischio educativo”, un’idea fondamentale nell’impostazione di don Giussani, che è anche il titolo di un suo famoso libro: «È il rischio tra educatore e alunno. Si tratta proprio di non pretendere che tu sai tutto prima. Non pretendere che tu sei padrone della verità. Perché anche la libertà ha a che fare con una verità. Allora un insegnante o un professore non deve pretendere che sa tutto per essere insegnante, per fa uscire lo studente, per educare. E proprio devi dire all'altro: “Vieni con me. Io non sono la verità e anch'io sta andando verso la libertà”. Chi insegna diventa così come un compagno di cammino».

Bella anche la testimonianza di Elio Ciol, il grande fotografo friulano che era già comparso nell’episodio su Pier Paolo Pasolini e che incontrò don Giussani la prima volta ad Assisi da don Giovanni Rossi alla Pro Civitate Christina. Racconta Ciol: «L’incontro con lui è stato anche un'occasione. Come le fotografie della Bassa, le famose fotografie della Bassa (la Bassa milanese dove i giessini facevano “caritativa” negli anni Sessanta ndr), che anche guardandole adesso sono veramente belle, piene di gioia. Sono doni che ho ricevuto, dico doni, occasioni di lavoro come doni veramente che ho ricevuto. Doni dove si è manifestato anche il mio modo di vedere, di guardare e di sentire. Però erano momenti di gioia che si viveva un po assieme, in modo così naturale. Io ero là per documentare. Punto. E vedendole oggi, vedo la felicità. Don Giussani, in ogni parola, era illuminante. Ti apriva, ti apriva la mente. Ti apriva. Non insegnava solo, cioè non comunicava determinate cose, ma le comunicava in modo che tu ti sentivi amico di quelle cose. Le illuminava, le sue parole ti aprivano. Non so dirlo meglio».

Potete ascoltare qui l’ottavo episodio Il rischio educativo e anche tutta la serie completa di Maestre e maestri d’Italia.


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