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Annalena e Annalena

Il nome proprio è il titolo del libro edito da Einaudi, È la storia dell’incontro affascinante fra due donne cugine di terzo grado che non si sono mai conosciute, ma che hanno condiviso oltre al nome anche una grande febbre di vita e una grande passione nella lettura e nella scrittura. Annalena Tonelli la missionaria che ha speso la sua vita in Africa e Annalena Benini, scrittrice e letterata, curatrice del Foglio Review, e neo direttrice del Salone del libro di Torino

di Alessandro Banfi

Vita ha dedicato in questi vent’anni diversi articoli ad Annalena Tonelli. Già i titoli dicono molto: “Incontrare l’altro nella diversità”, e ancora “Una vita fuori dagli schemi”, e poi “Annalena Tonelli un anno dopo: indispensabile il dialogo interreligioso”. Per risalire fino a quello sulla morte della missionaria in Africa, nel 2003: “Annalena è finita nel mirino di Bin Laden”. Anche, ma non solo per questo, proprio qui non si può tacere di un libro-evento di questa primavera 2023. Un libro che, prendiamo in prestito per una volta le parole di Primo Levi nel capitolo Il canto di Ulisse (cuore di Se questo è un uomo), è “come uno squillo di tromba, come la voce di Dio”. Si chiama Annalena, editrice Einaudi, e l’autrice è Annalena Benini, scrittrice e letterata, curatrice del Foglio Review, penna di gran classe.

A prima vista, letto il titolo, si potrebbe pensare che si tratti di un libro autobiografico. Impressione peraltro subito confermata dalle prime travolgenti pagine in cui si entra nel dramma di una brutta polmonite trascurata raccontata in prima persona, da una madre che sta allattando il secondo figlio avuto da pochi mesi. Passando da un laico e allo stesso tempo fiducioso rivolgersi a Dio (“Al buio prendevo in mano la collanina fredda e parlavo con Dio, non saprei come altro chiamarlo se non Dio. Da moltissimi anni non lo facevo, ma è stato molto facile ed è stata un’avventura segreta in cui non ho mai messo in dubbio che lui mi stesse ascoltando”) dal buio della sofferenza si arriva all’illuminazione di un incontro inaspettato. “Un’infermiera bionda con accento romagnolo mi ha detto, una mattina presto, che mi chiamavo proprio come Annalena Tonelli e io ho risposto: sí, infatti siamo cugine ma di terzo grado”. Quindi “l’infermiera bionda con accento romagnolo mi ha solo detto: mo’ che nome, mo’ che donna, poi ha messo i farmaci nella flebo, mi ha guardato meglio in faccia e ha riso: sembri il fantasma del Louvre”.

Da quel momento Annalena diventa sempre più un libro su “Annalena di Dio”, come amava firmarsi quella donna che aveva donato l’intera vita per i nomadi africani, guariti dalla tubercolosi o salvati dalla cecità prima in Kenya poi in Somaliland. È la storia dell’incontro affascinante fra due donne che non si sono mai conosciute, ma che hanno condiviso oltre al nome anche una grande febbre di vita e una grande passione nella lettura e nella scrittura. Annalena Tonelli ha scritto tantissime lettere nei suoi 30 anni di Africa (Benini racconta di averle lette la prima volta in quella degenza ospedaliera) e sono una testimonianza abbagliante di fede vissuta, incarnata nella storia ma anche insofferente verso come i contemporanei sprecano il tempo, sprecano la vita, dando peso a futilità e superficialità.

Questo prezioso libro ha poi anche un terzo tempo: attraverso le lettere soprattutto di Etty Hillesum e Simone Weil, ragiona sulle domande ultime e radicali dell’esistenza umana. È impressionante scoprire, accompagnati dall’autrice, i punti di contatto, se non a volte le stesse parole, fra le lettere della Tonelli e gli scritti lasciati da queste grandi donne. Un confronto serrato, una finestra sul cuore femminile, un dialogo a distanza che sembra davvero rendere queste donne vicinissime nello spirito. Ma vicinissime anche nella carne: tanto sono simili le loro magrezze, le loro privazioni, le violenze subite dagli altri. Una sensibilità sulla vita che le accomuna.

Come scrive Benini, “Annalena Tonelli amava in modo esagerato, dimenticandosi di esistere, anzi ha deciso che per amare così infinitamente doveva smettere di esistere per sé: la sua vita è stata un dono alle vite degli altri”.


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