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Neet d’Italia: giovani mamme, ventenni dei lavoretti, figli del lockdown, troppo preparati

Si fa presto a dire che in Italia ci sono 3milioni di Neet. Ma chi sono esattamente? L'Osservatorio di Intesa Sanpaolo ha individuato 5 tipologie: le giovani mamme (dette anche “Neet Caregiver”); le ventenni impiegate in una serie infinita di lavoretti; i figli del lockdown scoraggiati e disimpegnati; i talenti del mismatch: troppo preparati ma con competenze che non sono quelle richieste dal mercato; i ragazzi che hanno abbandonato precocemente gli studi secondari

di Sabina Pignataro

Si fa presto a dire che in Italia ci sono 3milioni di neet. Ma chi sono esattamente? Il termine Neet non qualifica uno status ben definito e omogeneo ma comprende una vasta eterogeneità. Secondo il criterio della condizione professionale europea, sotto l’ombrello dei Neet (in quanto acronimo dell’espressione “Not in Employment, Education or Training”) è possibile individuare almeno tre sotto classi:

• Disoccupati: chi non ha un lavoro ma lo sta attivamente cercando
• Forze lavoro potenziali: soggetti che non cercano attivamente un lavoro ma che sono disponibili a lavorare o soggetti che cercano attivamente lavoro pur non essendo subito disponibili ad accettarlo
• Inattivi: coloro che non hanno un lavoro e non lo stanno cercando.

L'Osservatorio di Intesa Sanpaolo (ne abbiamo scritto qui) ha stilato un documento di analisi che non ha la pretesa di fornire una esaustiva categorizzazione dei Neet in Italia, ma ha l’obiettivo di visualizzare alcune delle caratteristiche ricorrenti, al fine di consentirne una migliore comprensione, anche nell’ottica della pianificazione di future strategie di ingaggio targettizzate.

Ecco le cinque tipologie:

I giovani dell’abbandono (scolastico)
I giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni, prevalentemente di genere maschile; vivono principalmente con la famiglia di origine, hanno concluso il ciclo di studi dell’obbligo o hanno abbandonato precocemente gli studi secondari. Sono scoraggiati dal non riuscire a trovare posizioni lavorative stabili. Vivono prevalentemente in piccoli centri.

Le giovani mamme
Giovani donne appartenenti ad una classe d’età compresa tra i 25 e i 29 anni che hanno responsabilità familiari. Sotto il profilo professionale risultano inattive, non cercano e non sono disponibili al lavoro. Per la posizione ricoperta in famiglia assumono la caratteristica prevalente di “Neet Caregiver”.

Le giovani ventenni, quelle dei lavoretti
Principalmente donne single, di età compresa tra i 20 e i 24 anni; possiedono un titolo di studio secondario; saltuariamente sono impiegate in lavori temporanei e non trovano occupazioni stabili nonostante gli sforzi profusi. Senza dubbio rappresentano una forza lavoro potenziale.

I figli del lockdown: scoraggiati e disimpegnati
Si tratta della Generazione Covid, giovani di età compresa tra i 22 e i 27 anni. Hanno frequentato gli ultimi anni di formazione scolastica o di formazione universitaria durante il lockdown. Spiazzati dalla precarietà del nuovo mondo pandemico hanno vissuto una difficile transizione scuola lavoro o hanno abbandonato precocemente il loro percorso formativo

I talenti del Mismatch: troppo preparati
Sono giovani di età compresa tra i 20 e i 29 anni; disoccupati e spesso in attesa della prima occupazione. Sono in possesso di un titolo di studio universitario o di un altro titolo specialistico. Sono disponibili al lavoro, tuttavia vivono il mismatch, ovvero una mancata corrispondenza, tra le abilità e competenze possedute e quelle richieste nel mercato del lavoro.


«Il fenomeno NEET non è nuovo nel panorama Italiano e da tempo si discute di responsabilità e di soluzioni», osserva Lucia Marchegiani, professoressa all’Università degli Studi Roma Tre. «Quello che certamente è nuovo, oltre al pessimo posizionamento italiano nella classifica europea per numero di NEET, è l’acuirsi di un senso di isolamento e sfiducia che caratterizza i giovani “not in education, employment, or training”».

Neet incontra neet

L’esperta evidenzia in particolare l’effetto delle crisi che hanno caratterizzato l’ultimo triennio su una generazione di giovani già fragili. «Il fenomeno Neet è anche lo specchio del divario sociale e i giovani che non hanno una rete stabile ed efficace di supporto familiare, sociale, amicale rischiano di chiudersi sempre più in un guscio di isolamento da cui non è pensabile uscire da soli».

Per questo, nel rapporto dell’Osservatorio Look4ward di Intesa è stata proposta una rivoluzione di prospettiva, che enfatizzi la ricchezza delle età proprie dei teen e la necessità di interventi territoriali sistemici e capaci di ingaggiare i giovani. «È importante – chiarisce Elisa Zambito Marsala, Responsabile Social Development and University Relations Intesa Sanpaolo – costruire una sussidiarietà efficace, che realizzi reti in cui soggetti a rischio Neet incontrino giovani con maggiori risorse e che già si trova in questa condizione non solo sia spronato a immaginare un futuro ma riceva anche i giusti input per capire come costruirlo».

L'approfondimento sul magazine di maggio di VITA

Come abbiamo raccontato sul magazine di maggo di VITA, dal titolo Gioventu bruciata, tra chi abbandona precocemente la scuola, solo uno su tre trova lavoro: gli altri diventano Neet: in Italia nel 2021 era in questa condizione il 23,1% della popolazione tra i 15 e i 29 anni, molto più della media europea (13,1%).
L’anno prima, in piena pandemia ed estendendo l’osservazione fino a 34 anni (cosa utile soprattutto in Italia), si arrivava alla cifra record di 3 milioni di Neet. Un dato che scivola via troppo spesso senza clamore, come se la causa di questo più alto tasso di Neet stesse in un demerito dei giovani italiani e non nell’indifferenza collettiva a cui il Paese li relega. Come se vivere nell’incertezza, senza poter far fiorire competenze e desideri, fosse una scelta e non una condanna dettata dalla mancanza di alternative.


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