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Ucraina, card. Zuppi: «L’I Care di Don Milani diventi We Care»

Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana è intervenuto alla due giorni del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta che ha portato all'Antonianum le sue proposte per contribuire alla soluzione del conflitto

di Redazione

Una giornata per ragionare sulla necessità dell’istituzione dei corpi civili di pace e un’altra, la seconda e ultima, per fissare date e roadmap per dare concretezza alle idee. Alla Pontificia Università Antonianum a Roma, il Mean – Movimento Europeo di Azione Non Violenta ha messo sul tavolo le sue iniziative per contribuire a riportare la pace in Ucraina.

L'I Care di Don Milani in Ucraina

«La facciamo questa rete di costruttori di pace?» chiede Riccardo Bonacina. Più che una domanda una chiamata all’azione, quella del portavoce del Mean e fondatore di Vita. Un auspicio, una chiamata all’azione, ma anche una premessa, che è anche la parentesi che chiude l’iniziativa nell’ateneo capitolino, e che sta tutta nelle parole di Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e incaricato dal Papa di allentare, come esponente della Santa Sede, le tensioni della guerra in Ucraina. «Papa Francesco ha una grande ansia di pace» dice subito. Zuppi, che si è connesso da remoto in automobile, poi cita Don Milani. «Il suo “I Care” acquista qui un significato particolare, speriamo diventi un “We Care”».

A Kiev per un tassello di pace

Prima di tutto quindi, appuntamento a Kiev il 7 giugno. «Per ragionare insieme, come non violenti, su cosa fare» dice in apertura Angelo Moretti, portavoce del Movimento. Poi, a fine agosto, una catena umana in Ucraina della fraternità e della pace: come quella del 1990 per affermare la indipendenza dalla Russia che voleva sottolineare e dire che «l’Ucraina era ed è un popolo, con la voglia di autodeterminarsi. Nello scenario del conflitto, oltre all’istituzione dei dei corpi civili di pace – aggiunge ancora Moretti – l’Europa deve fare un passo avanti». Un continente, il nostro, che è coinvolto in questo conflitto. «Pensiamo all’Europa come una forza di mediazione e di pace». Un evento «simbolico sì, ma non solo. Un’iniziativa che vuole essere l’unione fisica concretizzata della società civile europea come tassello da aggiungere al dialogo in corso per la pace».

Il villaggio della pace

Terzo, un progetto che è già realtà: il Peace Village a Brovary, uno spazio multifunzionale e rifugio climatico a servizio della popolazione civile, progettato dall'architetto Mario Cucinella e donato dal Movimento Europeo Azione Nonviolenta insieme con un pool di imprese italiane. Da parte ucraina, il progetto è stato curato dalla Fondazione di beneficenza internazionale di Serhii Malyk "Free Spirit of Ukraine" e Kyiv Municipal Motor Car Club" con il sostegno dell'Amministrazione statale del distretto. L'area del complesso è di 300 mq. "Peace Village" è stato disegnato ricalcando il simbolo circolare del segno della pace, come monumento vivo “alla speranza”. Il villaggio è stato anche protagonista di "Resistland", filmato realizzato da Felipe Goycoolea e proiettato all'Università.

Rete alternativa alla politica

Sul piano di pace in tre punti, «un'azione integrata», un auspicio. «La conferenza unisca le forze della gente comune e della società civile, ricreando una rete alternativa alla politica, una rete di amicizia tra diversi che ritorni a dialogare come già state facendo. Solo se questa rete e amicizia crescerà si riuscirà a, spero, influenzare la politica che per ora pensa solo alla guerra», sottolinea in un passaggio del suo intervento il nunzio apostolico a Kiev Visvaldas Kubolkas. Quella gente comune, come ha raccontato Massimo Fusarelli, ministro generale dell’ordine dei frati minori, a proposito degli ucraini, che «non ha ceduto alla logica della guerra, del tutti contro tutti e che sa opporre alla violenza gesti concreti di cura».

Nella foro di apertura il finale della due giorni affidata a Olga, bielorussa, Alexander esule russo, Tatyana, ucraina. Un segno dell'amiciaiza possibile


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