Cooperazione & Relazioni internazionali

Le emergenze. Quelle vere

di Marco De Ponte

Sono 730 i giorni trascorsi da quel minuto che ha scosso la terra. 730 giorni durante i quali il paesaggio distrutto e le macerie che lo abitano sono state lo sfondo sul quale è cambiata inesorabilmente la vita nelle regioni del cratere in Centro Italia. Gli occhi si sono sporcati, i gesti modificati, le parole inceppate. La quotidianità delle persone si è trasformata, così come le case, le piazze, le relazioni. A distanza di 2 anni, le macerie sono ancora lì.

Sono lì le case, le cantine abitate da scarpe da tennis e vecchi cappotti. I letti, le credenze, le cucine. A ricordare in modo inequivocabile la necessità non solo di avere un piano nazionale di prevenzione e risposta alle emergenze, ma soprattutto un Dipartimento per lo Sviluppo dei territori colpiti da catastrofe naturale– magari in capo alla Presidenza del Consiglio come quello della Protezione Civile – che sia il motore partecipato e trasparente della ripresa e della ricostruzione civile ed economica post emergenza. Un’istituzione innovativa che guardi e punti al futuro non per riportare indietro i luoghi in un improbabile “come era prima”, ma che sappia immaginare le chiavi di sviluppo (non solo materiale) delle comunità. Come nel Centro Italia, già colpito dallo spopolamento dei borghi, dove sarebbe utile la messa a sistema di agricoltura, turismo, arte, cultura come offerte integrate per chi vive o visita quei territori, e ancora di più per chi vuole investire in attività produttive.

L’Italia è il secondo paese europeo per incidenza di eventi sismici: se ne contano 10 di grande entità solo negli ultimi 30 anni, ma ancora non si è dotata di strumenti nazionali standardizzati di gestione del rischio. Se ci fosse un piano ed una struttura dedita allo sviluppo post emergenziale non sarebbe necessario ad ogni evento distruttivo che impatta su ogni aspetto della vita delle persone reinventare normative ad hoc e istituire commissari straordinari. Si cambierebbe prospettiva e si potrebbe e dovrebbe ripartire dai diritti dei cittadini e non solo dai danni subiti. La domanda a cui oggi dare risposta è: quali diritti garantisce lo stato a chi è travolto da una catastrofe e a chi vuole reinvestire su quel territorio? Lo richiede la nostra Costituzione, sarebbe più equo e aiuterebbe a trovare soluzioni diverse ma coerenti alle differenti esigenze.

Il 24 agosto si ricordano le vittime in Centro Italia, mentre nel paese si registrano nuovi eventi sismici nelle regioni a rischio. La richiesta di ActionAid alle istituzioni è di aprire un tavolo di consultazione partecipata che porti alla definizione di un piano nazionale di prevenzione coordinato con la risposta alle emergenze. Le emergenze quelle vere. Non quelle immaginarie che ci dipingono come il "campo profughi di Europa" che non siamo.


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