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Ucraina. Le politiche di potenza e il potere dei popoli

di Pasquale Pugliese

scivolamenti

Non sappiamo come andrà a finire la vicenda Ucraina. Possiamo però provare a riconoscere alcune delle cose che ci dice, tra le quali la più importante è che in Europa la guerra – la sua preparazione e la sua minaccia – non è solo memoria, ma ancora realtà. Vent’anni dopo l’assedio di Sarajevo, mentre ci stiamo preparando a ricordare il centenario dell’inizio della “grande guerra”, minacciosi venti di guerra tornano a soffiare in quella Crimea di cui avevamo studiato sui libri di scuola, quando la politica degli Stati era politica di “potenza”. Esattamente come lo è oggi. Le parole con le quali il politologo tedesco Ekkehart Krippendorff, spiegava lo “scivolamento” dell’Europa dentro alla prima guerra mondiale – “nessuna delle caste al potere voleva una grande guerra in Europa nel senso di perseguirla attivamente. Al contempo esse, sia pure con finalità e interessi diversi, neppure volevano rinunciare alla guerra, agli armamenti e alla politica delle minacce come mezzo della politica internazionale” – sono valide ancora adesso e possono, in men che non si dica, condurre allo stesso scivolamento. Non si tratta di una distopia prefigurata da irriducibili pacifisti, ma dal fatto che l’accumulazione attuale di armamenti in Europa non ha precedenti.

 il tempo della guerra

I dati 2013 del SIPRI ci dicono di una spesa militare europea di complessivi 407 miliardi di dollari. In particolare, la sempre aggiornata Analisi difesa ci informa che “le spese militari russe saliranno dai 67,5 miliardi di dollari del 2013 ai 108,7 miliardi nel 2016 secondo il budget triennale di spesa federale recentemente presentato a Mosca. In termini percentuali il bilancio della Difesa russo avrà un incremento del 37,5 per cento tra il 2014 e il 2016 quando la spesa militare costituirà il 20,6 per cento del bilancio federale” Ossia al 4 % del PIL. Nel blocco Nato, gli USA da soli spendono il 40% delle spese militari mondiali, ossia qualcosa come 708 miliardi di dollari. Le spese militari non servono per accumulare inutili armi negli hangar, ma per realizzare la politica di potenza fondata sulla continua preparazione della guerra. “Il fatto è – spiega il generale Fabio Mini – che oggi stiamo vivendo, a livello globale e per la prima volta nella storia umana, il <<tempo della guerra>>: la stagione in cui la guerra, come atteggiamento mentale e in tutte le sue forme visibili e invisibili, sembra rappresentare la sola risposta ai problemi di relazione tra gli uomini”

fare qualcos’altro

Naturalmente, anche se l’Ucraina rappresenta un essenziale crocevia energetico per l’Europa, non siamo condannati alla guerra. Ciascuno degli attori in gioco, invece di brandire politiche di potenza, potrebbe fare qualcos’altro. Questo, per esempio, è ciò che indica il Movimento Nonviolento:

“- la Russia rinunciare ad ogni proposito annessionista nei confronti della Crimea e minaccioso nei confronti dell’Ucraina, eliminando le armi atomiche nella regione. Ridurre drasticamente le spese militari;

– il governo provvisorio ucraino interrompere la scia di sangue del colpo di stato, indicendo al più presto libere elezioni, consentendo l’autodeterminazione della popolazione russofona. Rdurre drasticamente le spese militari;

– i governi europei non collaborare all’espansione minacciosa e destabilizzante della Nato ad Est, ma chiederne lo scioglimento per favorire la distensione internazionale. Rinunciare ai 28 eserciti nazionali, ridurre drasticamente le spese militari e preparare un efficace corpo civile europeo di pace, competente ad intervenire nei conflitti prima che degenerino in guerra”

ciascuno di noi

Ma nessuno degli attori internazionali metterà in campo queste azioni, a meno che i popoli europei – invece di dividersi tra filo-russi e filo-ucraini, come sta avvenendo sulla piazza virtuale del web – decidano di agire il proprio potere diretto, mettendo in campo a loro volta delle azioni precise. Alcune di queste le elenca ancora il movimento fondato da Aldo Capitini – il teorico della nonviolenza come omnicrazia, il potere di tutti – indicando cosa può fare, qui ed ora, ciascuno di noi:

“- sostenere attivamente le società civili ucraina e russa che rifiutano la soluzione militare del conflitto e sono impegnate per la costruzione di società democratiche, pluralistiche e nonviolente, anziché oligarchiche, identitarie e fasciste;

– impegnarsi, personalmente ed in primo luogo, per una politica di disarmo e di trasformazione civile delle spese militari. Qualunque altro impegno politico, sociale e culturale ne discende;

– sostenere alle prossime elezioni europee persone candidate che abbiamo il disarmo e la costruzione dei corpi civili di pace europei tra i propri obiettivi espliciti e fondamentali;

– attivarsi per costituire in ogni comune d’Italia un comitato promotore per l’Arena di pace e disarmo del prossimo 25 aprile, perché “la liberazione oggi si chiama disarmo, la resistenza oggi si chiama nonviolenza”

– far diventare, tutti insieme, l’Arena di pace e disarmo il punto di partenza di una nuova grande mobilitazione europea per il disarmo e la pace.”

Si tratta, insomma, di superare le politiche di potenza che hanno dominato i secoli degli imperialismi e delle guerre mondiali attraverso l’esercizio del potere dei popoli, l’unico capace di imporre politiche di pace. Cioè di disarmo.


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