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Economia & Impresa sociale 

Risparmio italiano: la terra dei fuochi della Finanza

di Marcello Esposito

Il risparmio Italiano rischia di diventare la terra dei fuochi della Finanza. Ieri, su Plus (l’inserto settimanale del Sole 24 Ore) campeggiava a pagina intera la pubblicità di uno strumento costruito con la tecnica dei derivati di credito. I derivati di credito impacchettati all’interno di obbligazioni o polizze assicurative erano diventati l’emblema della finanza tossica e dopo il disastro del 2007-08 pensavo che nel loro utilizzo con la clientela retail fossero stati definitivamente rottamati. Ma evidentemente non è così e l’Italia presta i propri cittadini per l’n-ima volta a fare da laboratorio, o meglio da discarica.

L’errore del regulator è sempre lo stesso: dimenticare come il risparmiatore inquadra una certa tipologia di prodotto finanziario e che cosa si aspetta da esso in termini di rischio e di rendimento (un’obbligazione, un’azione o un fondo hanno un framing completamento diverso). Il trucco è sempre lo stesso, utilizzato in modo grossolano nel gioco d’azzardo e in modo più sosfisticato dagli strutturatori: costruire prodotti all’apparenza semplici ma che nascondono in realtà meccanismi complessi di calcolo che rendono impossibile per il cliente e per il suo consulente capire i rischi e capire i costi impliciti.

Interessante analizzare la pubblicità del prodotto (che dovrebbe essere stata vagliata prima dalle autorità di vigilanza italiane).

Innanzitutto, si esalta il valore della cedola (come se fosse una obbligazione “normale”) ma non si specifica il rischio (cosa che andrebbe fatta con un fondo a cui invece assomiglia di più. Non è infatti specificato il rating attribuito a questa Credit Linked Note da una agenzia indipendente. E’ vero che le agenzie di rating in passato hanno fornito delle false sicurezze, ma dopo lo tsunami del 2007 le cose sono cambiate moltissimo e il rating rimane fondamentale per capire il rischio, soprattutto su strumentini come questi dove la componente matematica è prevalente e il 99,9 periodico della popolazione non ha capacità analitiche sufficienti.

Si legge, inoltre, subito sotto il rendimento cedolare, una frase (positiva) che in genere si usa per i fondi e non per le obbligazioni: “DIVERSIFICAZIONE: Esposizione al rischio di credito di 10 grandi società europee”.   Dalla diversificazione il cliente si aspetta una maggiore sicurezza rispetto a quella di acquistare le obbligazioni separatamente. Soprattutto, nel framing tipico di una obbligazione, non si aspetta che la propria obbligazione possa subire un “evento di credito” con probabilità superiore a quella dei singoli nomi inseriti all’interno. Se, per assurdo, dovessi inserire tutte le società europee (massima diversificazione) la probabilità che almeno una fallisca nei prossimi 5 anni (la scadenza del bond) è praticamente pari al 100%. E’ proprio come al casinò: quante più volte il gambler gioca, tanto maggiore è la probabilità che perda.

Certo, in caso di evento di credito sulla società X, la perdita è inferiore rispetto al caso in cui il cliente avesse acquistato con la stessa cifra solo obbligazioni della società X. Infatti, si replica un po’ il comportamento di un fondo ma con una penale per il risparmiatore, causata proprio dall’utilizzo del vestito finanziario “sbagliato”. All’interno della struttura di una obbligazione non è possibile gestire la fase di recupero crediti, che invece un fondo può perseguire. Infatti, la Credit Linked azzera la quota di capitale e cedole riconducibile alla società X e non restituisce al cliente il recovery value delle obbligazioni. Come è successo con le Lehman, le General Motors, le Grecia … anche in caso di default seri almeno un 20% si riesce a recuperare e se si ha pazienza molto di più. Se poi il credit event è solo una ristrutturazione del profilo cedolare o delle scadenze, i recovery value sono enormemente più elevati. L’azzeramento implicito del recovery value è uno dei modi non trasparenti con cui lo strutturatore della Credit Linked Note ci guadagna. Il nostro regulator evidentemente ritiene che i risparmiatori italiani sappiano distinguere tra tipologie di “credit event”.

Altra cosa difficile da capire è come il ns regulator abbia accettato che nella scheda analitica (presente nel sito a cui la pubblicità rimanda) vengano specificate le società sottostanti al paniere senza indicare la probabilità del credit event più leggero per ciascuna delle società incluse nel paniere e per il paniere stesso nel suo complesso. Lo spread delle obbligazioni quotate riflette tutta una tipologia di credit event e di recovery value che ovviamente non serve ai fini della valutazione di questo strumento. Se proprio le autorità italiane hanno abbracciato il modello dell’uomo economico “neoclassico” alla base dei mercati perfetti, perlomeno diano l’opportunità di calcolare il costo implicito dell’obbligazione anche a chi non può permettersi di pagare un abbonamento da 25.000 euro a infoprovider professionali come ad esempio Bloomberg.

Sempre nella scheda analitica non viene indicata la probabilità attribuita ai 3 scenari di simulazione. Si sa solo che nello scenario intermedio (è quello più probabile?) l’obbligazione rende 0,35% (!?!) contro il 5% pubblicizzato! Ma il 5% pubblicizzato si ottiene solo nello scenario positivo. Quale probabilità è attribuita allo scenario positivo? E quale allo scenario negativo, in cui il cliente realizza un bel -5,5% ?

Visto che non viene indicata la probabilità, facciamo riferimento al significato comune e quindi ipotizziamo che lo scenario intermedio sia quello più probabile. Ma allora, visto anche che non c’è un rating o un indicatore di rischio, non è un caso di pubblicità ingannevole riportare sul quotidiano solo il rendimento nel caso estremo, quello “positivo”, che tutto vada bene?


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