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Economia & Impresa sociale 

I nuotatori del Sahara

di Marcello Esposito

L’IPCC (il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, patrocinato dall’ONU) ogni 5 anni aggiorna le previsioni sul cambiamento climatico. A ottobre 2013 sono uscite le conclusioni generali e adesso iniziano ad uscire gli approfondimenti. Si tratta di panel e ricerche svolte su tutto il globo, vagliate dai massimi esperti mondiali di fisica dell’atmosfera, metereologia, … Non è quindi il report di una associazione ecologista o di un gruppo di scienziati “figli dei fiori”. Siamo di fronte al non plus ultra della ricerca, è il CERN della scienza del clima.

Le previsioni contenute nel rapporto coprono i prossimi decenni. Per dare un’idea della profondità del DB riporto solo questa frase che non ha bisogno di traduzioni: “The atmospheric concentrations of carbon dioxide (CO2), methane, and nitrous oxide have increased to levels unprecedented in at least the last 800,000 years.”

Il global warming è una realtà, è determinato dall’attività dell’uomo (green house effect) e sta accelerando. Proprio in questi giorni è uscito l’approfondimento sull’emissione di gas serra e le conclusioni non sono confortanti: negli ultimi 14 anni le emissioni sono aumentate più che nei tre decenni precedenti. Ricordo che già nel 2000, quando con alcuni colleghi studiavamo la possibilità di creare un mercato dei weather derivatives, i dati mostravano inequivocabilmente l’aumento medio delle temperature in tutte le principali stazioni metereologiche italiane.

La causa? Il Report ha dovuto “politicamente” cancellare la parte relativa al contributo dei paesi emergenti, Cina in primis. E la cosa purtroppo non lascia ben sperare sulla capacità di contenere le emissioni nel futuro. Se l’ONU infatti non ha la forza di guardare in faccia la realtà, come possiamo sperare che abbia la forza di convincere tutti i paesi a ridurre le emissioni del 40%-70% da qui al 2050?

L’industrializzazione e la crescita di Cina, India, … rende necessario l’utilizzo di combustibili fossili in misura crescente. E l’uso pro-capite è ancora una frazione di quello dei paesi occidentali, per non parlare degli USA.

Global warming non è solo temperatura dell’aria al suolo. Nel report si quantificano lo scioglimento dei ghiacciai fino alla riduzione della calotta polare, l’innalzamento del livello del mare, il riscaldamento dell’acqua del mare a diverse profondità, dell’atmosfera a diverse altitudini, …

Nel report si definiscono 4 scenari, in base alla differenza tra l’energia ricevuta dal sole e quella reimmessa nello spazio (“radiative forcing”), misurata in watts per mq. Da notare che gli scienziati non hanno voluto sposare ipotesi catastrofiste. Il peggiore degli scenari (denominato “business as usual”) è quello in cui il mondo continua ad emettere gas serra allo stesso tasso attuale. Il migliore è invece quello in cui c’è subito una riduzione significativa. Se devo dire la mia, lo scenario “business as usual” mi sembra tutt’altro che pessimistico. Sarà un miracolo se con la crescita dei paesi emergenti e l’innalzamento del tenore di vita riusciremo a bloccare l’emissione di gas serra ai livelli attuali (e infatti negli ultimi 15 anni non ci siamo certo riusciti). Cosa prevedono gli scienziati dell’IPCC? Un aumento della temperatura media tra 1,5C e 4,5C entro il 2100 (nel report del 2007 il range era 2C e 4,5C), rispetto al periodo 1984-2005. La cosa sconvolgente è che “Most aspects of climate change will persist for many centuries even if emissions of CO2 are stopped. This represents a substantial multi-century climate change commitment created by past, present and future emissions of CO2.”

I nostri figli (e anche molti di noi) vedranno le conseguenze nel 2050 dell’aumento previsto di 2C nello scenario “business as usual”, tra cui l’aumento del livello del mare di circa 30cm. I nostri nipoti vedranno invece nel 2100 un aumento di 3,5C e un aumento del livello del mare di 63cm. Solo per avere un’idea di cosa significhi un tale aumento, nel corso del XX secolo la temperatura è aumentata mediamente di 0.74C, di cui la metà è stata accumulata in accelerazione negli ultimi 30 anni.

Le conseguenze sull’ambiente naturale ed economico di un aumento così rapido della temperatura, stando ad uno studio della World Bank (“Turn Down the Heat”, nov. 2012), semplicemente … non sono prevedibili. Il clima dovrebbe diventare più estremo, con una sempre maggiore frequenza di ondate di calore e un’alternanza violenta di siccità e piogge torrenziali. L’innalzamento del livello del mare di 60 cm metterebbe a rischio molte città costiere e causerebbe problemi notevoli alle falde acquifere. Aumenterà il processo di acidificazione delle acque marine. Le conseguenze sulla salute e sull’adattamento delle specie animali (20-30% sono stimate ad alto rischio di estinzione) sono descrivibili solo in maniera approssimativa.

L’unica cosa certa è che un innalzamento della temperatura di 4C renderà il mondo un posto completamente diverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto negli ultimi 8.000 anni, da quando cioè si presume che l’agricoltura abbia iniziato a diffondersi. A questo scopo, nel grafico allegato ho riportato la storia della temperatura in Groenlandia, dedotta dai carotaggi dei ghiacciai permanenti. La storia si ferma al 1855. Ho quindi aggiunto l’aumento di 1,5C registrato in Groenlandia negli ultimi 160 anni e poi gli aumenti proiettati in base allo scenario “centrale” (non quello catastrofico) per il 2050 e il 2100. L’unica nota positiva è che forse sveleremo uno dei misteri più poetici della storia dell’umanità, quello dei “nuotatori” del Sahara.


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