Politica & Istituzioni

Stamina, quando avere ragione non rende felici

di Franco Bomprezzi

Mi sono domandato spesso in questi giorni perché mai non avessi voglia di commentare la chiusura dell’inchiesta condotta dalla Procura di Torino nei confronti di Davide Vannoni e soci. Eppure le conclusioni, e soprattutto i documenti allegati all’inchiesta, confermano in misura impressionante tutti gli argomenti che, basandomi solo sul buon senso e sulla modesta conoscenza dei criteri e dei metodi della corretta sperimentazione scientifica, io stesso avevo a più riprese utilizzato, sia in questo blog, che durante la partecipazione a programmi di informazione televisiva (in particolare tgcom 24, che ha dedicato molti approfondimenti in diretta a questo tema). Non ne avevo voglia, perché non c’è da cantar vittoria, neppure avendo ragione, come in questo caso è del tutto evidente.

Ho provato e provo, invece, profonda tristezza per questo epilogo (tuttora incompleto) di una vicenda ancor più triste e dolorosa, prima di tutto per le famiglie ancora coinvolte in un vortice di speranza e di pena, e poi anche per la constatazione del fallimentare sistema italiano di poteri che si contrappongono e non si preoccupano delle conseguenze di atti, di decisioni, di procedure, che rischiano di compromettere definitivamente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche.

Trovo di grande equilibrio le dichiarazioni raccolte per Vita.it dalla brava Sara De Carli, che ha intervistato Luca Binetti, padre di due bimbi affetti da atrofia muscolare spinale, la Sma, patologia esclusa dalla sperimentazione con il cosiddetto “metodo Stamina” eppure largamente utilizzata nella fase della comunicazione che potremmo definire della “possibile cura”. “Parte del problema – commenta Binetti – è stata anche il potere dell’informazione, perché il caso Stamina è stato indubbiamente creato dalla bravura di alcuni giornalisti, così come la bravura di altri giornalisti ora lo sta distruggendo. Il problema è che in mezzo ci sono le famiglie e la loro sofferenza”. Vero. Ma sulla bravura dei giornalisti ci sarebbe invece molto da discutere. Per me la bravura consiste nel documentare, nei limiti del possibile, la verità dei fatti, verificando le notizie oltre ogni ragionevole dubbio. La bravura sta nell’equilibrio, nella distanza anche emotiva dalle persone delle quali si parla, sta nel rispetto dell’immagine dei minori, sta nella capacità di modificare uno schema narrativo accogliendo con umiltà professionale gli elementi di segno diverso provenienti, ad esempio, da fonti non considerate all’inizio. Bravura di un giornalista è anche la capacità di documentarsi, in questo caso, sulle ragioni che stanno alla base di un metodo di validazione scientifica che, pur con tutti i limiti del caso, è condiviso dalla comunità internazionale al di là di ogni ragionevole dubbio, e non per puro ossequio agli interessi delle grandi case farmaceutiche.

In tutta questa vicenda lo schema seguito, invece, dal mondo dell’informazione generalista, sia sui quotidiani che nelle emittenti televisive, è stato quello di dare voce praticamente alla pari sia ai sostenitori che ai confutatori delle teorie di Vannoni. Un equilibrio fittizio, che non ha quasi mai tenuto conto della disparità emotiva delle forze in campo. I genitori ormai convinti di tentare questa strada, sorretti nelle loro convinzioni dall’operato dei magistrati, corroborati dalla decisione di un ospedale pubblico di avviare in modo massiccio le infusioni, confusi dalle contraddittorie decisioni (o meglio indecisioni) dei ministri di turno, hanno subito un vero e proprio massacro mediatico, usati, assieme ai loro bambini, e portati addirittura a gesti di ribellione e di protesta pubblica senza alcun precedente nella nostra recente storia sociale.

Una delle conseguenze peggiori è stata la divisione tra famiglie alle prese con patologie analoghe, dalla diagnosi infausta, e dalle cure inesistenti, nonostante la ricerca stia continuando a lavorare, ma con i suoi tempi, e con gli incerti esiti che tuttora attengono al campo delle cellule staminali, in tutto il mondo. Il nostro Paese è diventato il teatro di una guerra dai risvolti commerciali enormi, il che adesso sta emergendo in modo clamoroso. Smantellare attraverso Stamina le regole della validazione della ricerca era ed è, in buona misura, l’obiettivo reale di questa guerra combattuta senza esclusione di colpi.

Ecco perché oggi l’unica vera risposta dovrebbe essere il silenzio. Il rispetto per le vittime, troppe, di questa vergogna italiana. Nella speranza, non nella certezza purtroppo, che questa vicenda si chiuda definitivamente, senza un prolungamento di agonia mediatica, che nessuno si merita.

 


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