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Quando una donna vale metà di un uomo…

di Nawart Press

Sul grande boulevard Mohamed V di Rabat, una piccola folla spinge sulle porte del cinema Renaissance per riuscire a prendere posto e vedere Taxi Teheran, l’ultimo film di Jafar Panahi, regista iraniano pluripremiato che per questo film ha ricevuto l’Orso d’oro a Berlino nel 2015.

Siccome è un festival e l’entrata è gratuita, il cinema è straordinariamente stracolmo di persone. Quasi non ci sono sedie libere. Gruppetti di amici, signore imbellettate per l’uscita serale. Si sentono sgranocchiare le noccioline da tutti i lati e quando la luce si spegne, tutti s’immergono nei dialoghi ironici e affiatati del film.

Si svolge interamente su un taxi che recupera clienti in giro per la città di Teheran in Iran, guidato da Jafar Panahi in persona. Ad un certo punto, il taxi si accosta di fianco alla scena di un incidente in moto, e nel mezzo di grida e chiasso, la gente issa un uomo ferito e sua moglie dentro il taxi. All’”ospedale, veloci!” gridano tutti, mentre la moglie in lacrime continua a sospirare con la testa del marito tra le mani. Prontamente l’uomo chiede un telefonino con la telecamera per filmare il suo testamento. “Dio misericordioso e grande, io lascio tutto a mia moglie e chiedo ai miei fratelli di lasciarla tranquilla, queste sono le mie ultime volontà” immortala sul telefonino l’uomo mentre la moglie continua a gridare sempre più forte. Arrivati davanti all’ospedale, il marito viene trasportato in barella e la moglie un po’ sperduta lo segue, ma subito ritorna sui suoi passi e rincorre il taxi che stava già ripartendo … “il video! Dammi il video-testamento!”.

La sala del cinema Renaissance scoppia in una forte risata, le donne hanno le lacrime agli occhi dal ridere, gli uomini bofonchiano esilarati. Una sala intera presa da una risata contagiosa! Tutti si rivedono in quella scena, ridendo di puro gusto.

In effetti il diritto di eredità rimane tuttora uno dei temi più sensibili riguardo la parità di genere sia in Marocco che nell’intera regione. Infatti la legge prevede che una figlia femmina possa ereditare la metà di un figlio, e in caso di mancanza di figli maschi l’eredità deve essere ripartita prima tra gli altri membri maschi della famiglia (come i fratelli dello sposo) e solo alla fine a moglie e figlie.

Da quando il Consiglio nazionale per i diritti umani in Marocco, un’istituzione formata direttamente dal palazzo reale, ha pubblicato un rapporto a ottobre scorso in cui incoraggiava per una riforma del diritto di successione, il dibattito sia nella società civile che nella scena politica e religiosa è sempre più acceso, proprio perché è una legge che interpella dal primo all’ultimo cittadino.

All’Adfm (associazione democratica delle donne marocchine), si parla chiaro: “da ora in poi il dibattito è aperto e continueremo a militare perché la legge sia riformata”. L’Adfm è da 10 anni che lavora sulla questione, spiega Nabia Haddouche, presidentessa dell’ADFM, “la società marocchina è cambiata, ed è arrivato il momento in cui le leggi stiano al passo della società”.

Il rapporto pubblicato dall’Adfm, “dibattito sociale sul regime di successione in Marocco” analizza nei dettagli l’evoluzione del ruolo delle donne, solo per citarne alcuni più rilevanti: l’età da matrimonio è salita a 26,6 anni nel 2010 contro i 17,5 del 1962; il tasso di persone celibi è raddoppiato negli ultimi dieci anni anche nelle zone rurali. La pratica storicamente quasi universale dei matrimoni consanguinei è scesa dal 33% nel 1987 al 21% nel 2010. A livello demografico, la diminuzione del tasso di fecondità che da 7,2 figli per donna nel 1962 è passato a 2,19 nel 2010, è un dato che attesta l’accettazione a non avere una discendenza maschile in una famiglia (dato che le probabilità sono più basse), e quindi un’inversione di trend dell’ideologia patrilineare[1]. Le donne che vivono sole hanno raggiunto il 54,6% nel 2011, e 1 famiglia su 5 è a carico di una donna (27,3%).

In questo contesto, anche a livello comportamentale, il matrimonio è vissuto diversamente, con più intesa tra i due coniugi per un mutuo sostegno. In un’indagine del 2009 dell’Adfm, in cui sono stati interpellati studi notarili di tutti i distretti marocchini, emergeva che il numero di coppie sposate che utilizzavano metodi “alternativi” per aggirare la legge di successione, tramite doni e vendite quando i due coniugi sono ancora in vita, era in crescita esponenziale.

Ma se da una parte i “rigoristi” vogliono continuare ad attenersi stricto sensu al testo coranico, dall’altra, anche all’interno del partito islamista al governo (il PJD) ci sono voci a favore di un cambiamento. Samira Bouhmandane, eletta a Marrakech per il PJD, infatti s’interroga del perché le leggi non seguano l’evoluzione della società dando spazio all’ijtihad (sforzo di riflessione e di interpretazione alla base dell’Islam).

Lo stesso dibattito è in corso in società simili, come in Tunisia e in Libano, ma sembra suscitare un enorme clamore a livello di opinione pubblica.

“D’altronde anche nel 2004 quando è passata la riforma del codice famigliare e nel 2007, quando finalmente anche le donne potevano dare la nazionalità ai propri figli (con padre straniero), la società non era pronta e ha ampiamente criticato la legge” accenna Nabia Haddouche, “eppure una volta passata, nessuno se n’è più lamentato, questa nuova battaglia rientra nella stessa logica”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Emmanuel Todd, Youssef Courbage, Révolution culturelle au Maroc : le sens d’une transition démographique


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