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Politica & Istituzioni

L’umanità di noi europei sta rifiorendo sui confini e di fronte agli stranieri

di Riccardo Bonacina

Le urla e le stupidaggini di Salvini e dei suoi epigoni rischiano di oscurare e silenziare quanto di bello sta accadendo. Sì di bello, di bella e diffusa umanità dentro circostanze complicate e drammatiche come quelle che il fenomeno migratorio ci propone ogni giorno.

51 asfissiati in una stiva di un barcone nel Canale di Sicilia, almeno 200 dispersi in mare e 200 morti al largo delle coste libiche, 11 investiti nell’Eurotunnel, 18 disidratati nel deserto del Niger, 14 investiti da un treno in Macedonia mentre camminavano sui binari, 71 soffocati dentro il container di un Tir abbandonato sull’autostrada per Vienna. Muoiono di fame, di sete, di asfissia, per le conseguenze delle violenze subite nel lungo viaggio per fuggire da guerre e disperazione. Una sequenza di accadimenti che ha visto come vittime, padri, madri, bambini in fuga. La realtà con tutto il suo carico di dolore ci pressa, le decine di migliaia di siriani in fuga, e con loro le migliaia di afgani, iracheni, africani, non sbucano dal nulla ma ci ricordano le sciagurate guerre dell’Occidente in Somalia, Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, e la guerra civile in Siria incoraggiata dai Paesi occidentali che in quasi in cinque anni conta 200mila morti e oltre 4milioni di profughi. Ci ricordano i nostri peccati di omissione, gli accordi sottoscritti e mai attuati come quello del 2000 firmato in sede Onu per cui lo 0,7% del Pil dei Paesi doveva essere impegnato per favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri. Invece, si è preferito esportare democrazia con le armi e le bombe e si è continuato a fare business sulla pelle dei più poveri.

Ora di fronte alla pressione migratoria, che aumenterà per le dinamiche demografiche e sino a che la comunità internazionale non interverrà sulle cause che spingono alla fuga centinaia di migliaia di persone e famiglie, non solo qualsiasi voglia di muri e di filo spinato risulterebbe inefficace (si veda il caso Ungheria), ma ucciderebbe definitivamente ciò che resta dell’anima che ha dato vita alla nostra civiltà: la passione per la libertà, la capacità di solidarietà, la propensione alla pluralità e all’innovazione. Persino le istituzioni europee sino ad oggi così inerti sembrano dare timidi segni di vita. Ma quello che più colpisce è ciò che succede sul terreno, la mobilitazione diffusa della gente comune mossa dallo spirito di solidarietà e di fratellanza che sembrano più vive di quel che i media raccontano. Migliaia e migliaia di europei stanno mettendo in campo l’unica reazione degna della nostra storia.

Metto in fila un po’ di episodi di questa settimana.

 

Italia

Nei primi sette mesi di quest’anno circa 340mila profughi hanno varcato le frontiere dell’Europa, più dell’intero 2014. Di questi, poco più di un terzo sono passati dall’Italia e nel nostro Paese hanno trovato un’accoglienza concreta e diffusa soprattutto da parte delle strutture e delle comunità legate al mondo cattolico, dai seminari alla Caritas. Su 100mila migranti giunti in Italia da gennaio ad luglio, infatti, circa 35mila sono stati accolti da strutture religiose. In pratica un migrante su tre passa. La sola Caritas, con i suoi gruppi locali di volontari, ne ha assistiti 20mila, mentre altri 15mila sono stati accolti direttamente dalle parrocchie e in altre strutture delle diocesi italiane, monasteri, conventi, oratori case parrocchiali. Spesso senza oneri per lo Stato. Sono centinaia anche le esperienze di accoglienza diffusa nei piccoli comuni italiani che vedono protagonisti famiglie e piccoli imprenditori.

Islanda

Gli islandesi in prima linea nell’accoglienza dei profughi. Dopo che il governo di  Reykjavik si era limitato ad offrire ospitalità  a massimo 50 rifugiati siriani, 12mila cittadini (il 4% della popolazione di 330mila abitanti) hanno aderito a una petizione lanciata su Facebook, sollecitando l’esecutivo e fare di più e mettendo a disposizione le proprie case. A lanciare l’iniziativa era stata domenica la professoressa Bryndis Bjorgvinsdottir. Il successo della petizione è stato tale che lo stesso premier, Sigmund David Gunnlaugsson, ha ora convocato una speciale commissione interministeriale per ‘mappare’ le risorse locali e studiare un piano di ospitalità più ampio. Ma soprattutto ha annunciato che non vi sarà un numero prefissato di rifugiati da accogliere.

Berlino

Favorire una cultura dell’accoglienza, mettendo in contatto i profughi e le persone che vorrebbero ospitarli nelle loro case. E’ lo scopo del portale Flüchtlinge Willkommen, (in italiano “benvenuti profughi”), progetto sociale avviato in Germania a fine 2014 e che nei primi sette mesi del 2015 ha trovato alloggio a 79 rifugiati nella Repubblica Federale e 44 in Austria. Un’idea che ha preso spunto da un episodio accaduto a una studentessa, Mareike Geiling, una delle iniziatrici del progetto. Il progetto che a novembre compirà un anno ha fino ad ora ha raccolto più di 1500 registrazioni di persone che vorrebbero ospitare i profughi. Uomini, donne o famiglie che abitano in grandi città come Monaco di Baviera, Berlino o Francoforte, o in piccoli centri come Wolfratshausen (18mila abitanti) e che hanno storie anche diverse tra loro.

Budapest

Da Vienna a Budapest per soccorrere i siriani bloccati nella stazione, una signora austriaca che distribuisce acqua e giocattoli dice: “sono venuta sin qui per dare una mano, sono una mamma che aiuta altre mamme, non rinuncerà mai alla mia umanità.

Grecia-Isola di Kos

Ha fatto il giro del mondo la foto dell’abbraccio fra una turista greca, Sandra Tsiligeridu, a bordo di una barca nell’Egeo con alcuni amici e un profugo siriano stremato, salvato dal gruppo di vacanzieri dopo 13 ore in balia delle onde. “Era quasi incosciente quando l’abbiamo avvistato”, racconta Sandra Tsiligeridu sul suo profilo Facebook, dove ha pubblicato l’immagine che la ritrae in un gesto che ha commosso tante persone. Il profugo – Mohamed – era partito dalla Turchia su una barca insieme ad altri 40 connazionali, direzione Kos, quando ancora in alto mare gli scafisti hanno perso uno dei remi. L’uomo a quel punto si è tuffato per recuperare il remo ma a causa delle correnti non è riuscito a risalire a bordo. Il siriano è rimasto in acqua per 13 ore.

 

Un’immagine simbolica di quanto sta accadendo, come se l’umanità degli uomini e delle donne europee così fiacca, spesso così inerte, si stesse risvegliando proprio a causa degli “stranieri”. Il vero nuovo è l’antico che si rigenera, è l’antico che si presenta sotto una nuova faccia. E l’antico dell’Europa, la sua radice, è l’immagine di Enea che scappa da Troia con il vecchioo Anchise sulle spalle e il figlio Iulio per mano e arriva in Europa, in Italia. Da lì viene l’Europa , da lì veniamo noi. E l’umanità di noi europei sembra rifiorire proprio sui confini e di fronte allo straniero.


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