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The game, siamo tutti giocati o giocatori? Un libro per capire

di Riccardo Bonacina

Ho da poco finito di leggere il libro di Alessandro Baricco, The Game (Einaudi), un corposo saggio scritto con la maestria, la creatività e a volte con la leggerezza di uno scrittore di romanzi.

L’indagine riguarda i vent’anni che hanno portato a compimento la rivoluzione digitale, da Space Invaders all’Intelligenza artificiale, passando ovviamente dal personal computer all’Iphone, Facebook, Spotify, Whatsapp, ect, ect. Insomma, tutto ciò che ormai fa parte della normalità della nostra vita e dei nostri gesti quotidiani.

Baricco ci fa partecipare di un suo personale viaggio di comprensione. Un viaggio nato da pressanti domande e paure: non è che la rivoluzione tecnologica stia dettando una mutazione antropologica senza controllo? Non è che si stia generando una civiltà brillante, persino piacevole, ma che non sembra in grado di reggere l’urto del reale, smantellando la nostra capacità di pazienza, di fatica? Non è che pian piano gli umani stiano perdendo qualcosa della loro umanità preferendo una qualche artificialità più performante e meno fallibile?

Un viaggio senza pre-giudizi ma di vera comprensione, Baricco vuole capire, vuole trovare risposte alle sue paure e alle sue domande. Lo fa con il gusto dell’indagine e della ricerca di un archeologo, con la pazienza di un cartografo che tira le linee ad ogni passaggio di comprensione. Era dopo era, data dopo data, tool dopo tool.

Ne escono delle mappe e una storia della rivoluzione digitale che ha cambiato il format del mondo, dell’esperienza e il design della verità. Una storia di ribellione al Novecento, il secolo tragico con le sue guerre mondiali, una storia che ha il suo inizio con un gruppo di ingegneri, bianchi, americani, californiani che condividono l’affermazione di Stewart Brand (l’inventore di Whole Earth Catalog, che sta all’alba della digitalizzazione del mondo): “Molte persone provano a cambiare la natura degli umani, ma è davvero una perdita di tempo. Non puoi cambiare la natura degli umani, quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano, cambiare le tecniche. Allora cambierai la civiltà”. Commenta Baricco: “Quei pionieri non stavano costruendo una teoria sul mondo, stavano instaurando una pratica del mondo. Se volete i testi fondanti della loro filosofia, eccoli qua: l’algoritmo di Google, la prima pagina Web di Bernes-Lee, la schermata di apertura dell’iPhone. Cose non idee. Meccanismi. Oggetti. Soluzioni. Tool”, che hanno cominciato a scavare cunicoli sotto la civiltà del Novecento che prima o poi sarebbe franata, ne erano convinti. Sono proprio quegli ingegneri bianchi, americani ad aver corso il rischio di una disponibilità assoluta a una deriva artificiale, di un’assoluta fiducia nelle macchine sino a cambiare la postura dell’Homo sapiens, dalla posizione eretta all’uomo-tastiera schermo, non solo postura ma cambiamento antropologico. Usare le macchine (oggi protesi del nostro corpo) per correggere e proseguire la creazione, questo il loro sogno. In maniera semplice, gradevole, sempre da problem solver, come un gioco, the game, con telativi punteggi (i like, il numero di followers, ect). Con le app, le macchine e la tecnologie che sembravano orchi sono dapprima diventate animali domestici e poi protesi che permettono la post-esperienza di un'umanità aumentata.

Che succederà? “Qualsiasi cosa nascerà dall'intelligenza artificiale, gli umani hanno iniziato a costruirla anni fa, quando hanno accettato il patto con le macchine, scelto la postura Uomo-tastiera-schermo, digitalizzato il mondo, preferito i tool alle teorie”, scrive Baricco, e ancora, verso la fine del libro: “Il Game ha bisogno di umanesimo. Ne ha bisogno la sua gente, e per una ragione elementare: hanno bisogno di continuare a sentirsi umani. Il Game li ha spinti a una quota di vita artificiale che può essere congeniale a uno scienziato o a un ingegnere, ma è sovente innaturale per tutti gli altri. Nei prossimi cento anni, mentre l'intelligenza artificiale ci porterà ancor più lontani da noi, non ci sarà merce più preziosa di tutto ciò che farà sentire umani gli uomini”.

Non vi sto a raccontare il paziemte costruirsi delle mappe di Baricco (nel libro verso la fine c'è una raccolta di mappe e carte sui cambiamenti prodotti), solo un accenno a un piccolo spazio nelle cartografie, nella raccolta di fossili, quello sull’esperimento politico digitale praticato in un Paese periferico e poco digitale come l’Italia, l’esperienza politica dei 5 Stelle. Il libro scritto ancor prima e poi durante le trattative per il nuovo governo dopo le elezioni del 4 marzo scorso pone una domanda a Baricco: quelli che hanno tifato per la Brexit e sono per il lavoro fisso che c’entrano con quelli che nascono con il culto del movimento e del mondo condiviso? Che c’entrano quelli che vogliono chiudere confini, porti e cancelli con quelli che nascono con l’idea del campo aperto e della democrazia diretta? E la sua risposta, essendo stata scritta in tempi non sospetti testimonia della serietà della sua indagine: “Vedo almeno due punti in cui effettivamente insurrezione digitale e populismo di destra possono incontrarsi, riconoscersi e convivere. Uno è l’odio viscerale contro le élites. L’altro è l’istintiva inclinazione verso un egoismo di massa”. Chapeau.

Quella di Baricco, come spero si sia capito, non è una visione apocalittica, anzi. Al suo personale giudizio e visione riserva solo le ultime 30 pagine del libro, ed anche qui sorprende. Un libro che val la pena leggere, perciò il resto scopritelo da soli. Non sarà tempo perduto e imparerete un sacco di cose.


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