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Politica & Istituzioni

Incredibile: Speranza manda i carabinieri dai vecchietti non autosufficienti

di Riccardo Bonacina

Diciamola tutta, e già all’inizio di questo articolo, c’era da aspettarselo. Quando il 21 settembre 2020 il ministro Speranza istituì Commissione assistenza anziani, presieduta da Mons. Paglia, leggendo le intenzioni espresse nelle dichiarazioni dei protagonisti, chiunque abbia a cuore i dati di realtà più delle visioni utopiche e astratte si era allarmato. Bastava leggere i comunicati. Se il ministro sottolineava come “I mesi del Covid –hanno fatto emergere la necessità di un profondo ripensamento delle politiche di assistenza sociosanitaria per la popolazione più anziana. La commissione aiuterà le istituzioni ad indagare il fenomeno e a proporre le necessarie ipotesi di riforma”. Il vescovo abituato alle prediche più che alla realtà della vita di tante, troppe, famiglie, scriveva: «L’auspicio è che l’Italia, paese tra i più longevi ed anziani del mondo, possa mostrare un nuovo modello di assistenza sanitaria e sociale che aiuti gli anziani a vivere nelle loro case, nel loro habitat, nel tessuto famigliare e sociale».

Chiunque sappia che gli anziani non autosufficienti sono persone con disabilità di natura fisica (motoria) e/o mentale (cognitiva), che ne determinano la dipendenza permanente da terzi e che secondo le stime più recenti, si tratta di 2,9 milioni di persone nel nostro Paese, è ben cosciente che la risposta a bisogni specifici e gravi occorre di un kit diversificato di servizi e di presidi territoriali. L’assistenza continuativa necessaria (long-term care) consiste nel complesso di servizi alla persona – domiciliari, semi-residenziali e residenziali – e di trasferimenti monetari forniti, per l’appunto, con continuità per rispondere a tale condizione di dipendenza permanente. Condizione che impedisce di vivere a casa pena l’aggravarsi delle patologie croniche e il disastro economico e psicologico dei care giver, le famiglie.

Ebbene, dopo ben otto mesi i geni della Commissione istituita da Speranza capitanati dal vescovo sono arrivati non a un’ipotesi di linee guida per una riforma o un dossier statistico aggiornato, ma a questa incredibile soluzione: “un Protocollo d’intesa, della durata di tre anni, con il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri per la ricognizione delle residenze socio-assistenziali presenti sul territorio nazionale”.

Orgogliosamente l’ideona viene rivendicata: “La proposta è il frutto del lavoro della “Commissione per l’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana” congiuntamente alla Direzione generale della programmazione del Ministero della Salute. Le aree di collaborazione – si legge nel testo del protocollo – riguardano: “la mappatura, a livello comunale, delle residenze socio-assistenziali variamente denominate (case di riposo, case alloggio, case famiglia) presenti sull’intero territorio nazionale; la realizzazione di una anagrafe delle residenze socio-assistenziali, recante il numero delle strutture operative, la rispettiva capacità recettiva, le modalità organizzative ed ogni altro aspetto d’interesse”.

L’Arma – è scritto nel protocollo – si impegna a “effettuare il censimento delle strutture” e a “svolgere le successive verifiche in relazione a situazioni meritevoli di approfondimento”. Il Ministero della Salute “fornisce all’Arma la consulenza tecnico-giuridica nell’individuazione della normativa nazionale e regionale”. Il Protocollo è stato sottoscritto dal direttore generale della programmazione del Ministero della Salute, Andrea Urbani, dal Comandante Generale dell’Arma, il Generale Teo Luzi, dal Presidente della “Commissione per l’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, Monsignor Vincenzo Paglia.

“L’attenzione per gli anziani deve essere oggi più che mai una priorità per le istituzioni e per tutta la nostra comunità nazionale” ha dichiarato il Ministro della Salute, Roberto Speranza. Già un’attenzione talmente appassionata da mandare i carabinieri nelle Rsa. Sarà utile ricordare, a ministro e a Paglia, che delle oltre 3mila Rsa, gli enti del privato sociale gestiscono oltre il 65% dei posti disponibili, mentre il 15% circa sono a gestione comunale e il resto in mano a imprese for profit e che su quasi 3milioni di anziani non autosufficienti solo poco più di 300mila sono ospitati nelle Rsa.

Per quanto riguarda le strutture residenziali, l’Italia è il paese dell’Europa che – ad eccezione della Grecia – ha la minore percentuale di posti letto (1,9 posti letto su 100 over 65, la Germania ne ha 5,4, la Francia 5). In prevalenza, in Italia si registra la presenza di strutture residenziali rivolte ad anziani che si trovano in condizioni particolarmente critiche. Oltre a queste, rese insostituibili dall’attuale (e futuro) profilo della popolazione interessata, bisognerebbe sviluppare la cosiddetta residenzialità leggera, cioè un insieme di soluzioni intermedie destinate ad anziani che richiedono qualche forma di sostegno ma non si trovano in condizioni di grave compromissione socio-sanitaria. In proposito, il nostro Paese è particolarmente indietro e lascia campo aperto al badantato in gran parte in nero.

Volgendo, invece, lo sguardo verso il futuro e alle dinamiche demografiche, se consideriamo le persone con almeno 80 anni, tra le quali si concentrano in maggioranza i non autosufficienti. Fatto uguale a 100 il loro numero nel 2000, nel 2010 sono saliti a 152,9 giungendo oggi a 198,1 (2020). Già nel 2030 diventeranno 234,1, per poi aumentare ulteriormente sino a 274,2 nel 2040 e a 353,9 nel 2050.

Il sistema delle Rsa che ha pure punte di eccellenza per l'integrazione con il territorio e con le realtà di Terzo settore, ha certo dimostrato nella pandemia molti limiti, peccato che l’alternativa alle Rsa, con un Assistenza domiciliare (Adi) che restituisce solo prestazioni sanitarie, di fatto è rappresentata esclusivamente dal badantato, in molti casi irregolare, che comunque non risolve il tema di una presa in carico completa e organica e, rimanendo sommerso, non restituisce una visione organica e realistica della fragilità delle persone anziane. Una visione che la retorica degli “anziani reclusi” nelle Rsa a cui Mondignor Paglia è abituato non aiuta a cogliere.

Che fare allora? Intanto uscire dalle retoriche di comodo magari usate per avere qualche finanziamento in più sull'assistenza dociliare, poi, occorre integrare i servizi della cronicità e della fragilità. Per realizzare questo “nuovo” sistema, che non butta via i servizi esistenti ma li rende leggibili e accessibili, innovando profondamente, servono innanzitutto linee guida nazionali che mettano in grado le Regioni di realizzarlo, e anche nuovi fondi, perché è sotto gli occhi di tutti che gli interventi di presa in carico siano oggi fortemente sottofinanziati.

Ecco bastava che il ministro e l’improvvisata Commissione leggessero i documenti del Network della non autosufficienza o i tanti interventi ospitati su Vita, per arrivare a una determinazione meno greve e più utile dell’invio dei carabinieri nelle strutture. Come ha giustamente sottolinetao la professoressa Chiara Saraceno,mi stupisco che oggi si ponga un problema di censimento con i carabinieri: dov’erano le Regioni finora? Se è così sono da commissionare le Regioni, non le RSA


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