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Politica & Istituzioni

Bucha: la realtà, la propaganda e i “benaltristi”

di Riccardo Bonacina

Sergej Lavrov, minsitro degli Esteri russo, quello che il 10 marzo scorso al termine del vertice con l’omologo ucraino Dmytro Kuleba ad Antalya in Turchia, disse in Conferenza stampa "Non abbiamo attaccato l’Ucraina”, ieri ha avuto l’ardire di dire: «Consideriamo la messa in scena di Bucha come una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale».

Quando prende parola bisognerebbe fare come hanno fatto i delegati di quasi tutti gli Stati che il primo marzo quando Lavrov prese parola nell'aula del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, lasciarono l’aula in massa. Noi dovremmo silenziarlo, buttare le sue dichiarazioni nel cestino del computer, invece no, le sue idiozie così palesemente false e provocatorie hanno non solo diritto di cittadinanza sui nostri media (ma perchè?) ma conquistano pure spazio nelle teste di tanti nostri concittadini.

Così come le enormità di Kirill, il patriarca di Mosca, vero cappellano della guerra che oggi definisce la Russia «un Paese che ama la pace». E assicura che «non abbiamo alcun desiderio di guerra o di fare qualcosa che potrebbe danneggiare gli altri. Ma amiamo la nostra Patria e saremo pronti a difenderla nel modo in cui solo i russi possono difendere il loro Paese».

Grazie a Dio, viviamo in un Paese democratico dove anche le opinioni impronunciabili hanno diritto di parola, e val la pena ricordarlo ai “benaltristi”, quelli che “sì certo la Russia, ma anche la Nato”, “sì certo ma anche l’Iraq”, da Donatella De Cesare (vera fuoriclasse del benaltrismo da tanti anni) a Santoro, sino ai disturbati come Orsini, Freccero o Travaglio.

Ma è davvero necessario capire, quello che già Vaclav Havel ci aveva spiegato: «I sistemi antiliberali e post-totalitari che strategia hanno? Quello di svuotare e umiliare le parole che ci rendono liberi. Con le nostre parole noi formiamo il mondo». La menzogna sempre svuota le parole e cambia loro il significato, spegnendolo. Spezoperatija (operazione militare speciale) invece di Война (guerra): si è cominciato così.

Già nel 1895, nella Psicologia delle folle, un libro di amplissima diffusione e influenza anche sui ministri della propaganda dei sistemi totalitari del ‘900, il francese Gustave Le Bon individuava i meccanismi tipici del condizionamento e della costruzione di un immaginario sociale facilmente sfruttabile a fini manipolatori e d’odio. Scrive Le Bon: «I mezzi attraverso i quali i pastori (capi) orientano il gregge (folla) sono: affermazione, ripetizione, contagio». Affermazione: «quanto più è concisa, sprovvista di prove e dimostrazioni, tanto maggiore è la sua autorità». Ripetizione: «ciò che si afferma finisce, grazie alla ripetizione, col penetrare nelle menti al punto da essere accettato come verità dimostrata». Contagio: «le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze, possiedono un potere contagioso intenso».

E un pioniere negli studi della manipolazione, Vladimir Volkoff, già negli anni ‘80 invitava a indagare il meccanismo del montaggio: non più verità o falsità, non più fatti e interpretazioni contrapposti in forma e modi lineari, ma un mix potenzialmente eversivo di vero e falso. Di verità falsificate, di falsità parzialmente vere: il verosimile.

Oggi questo meccanismo, svuota non solo le parole, ma persino le immagini, persino le voci dei testimoni di prima mano. Su quanto successo a Bucha basterebbe leggere le pagine di Santi Palacios, fotoreporter spagnolo che collabora con numerosi media internazionali tra i quali New York Times, Associated Press, Cnn e Repubblica e che per il suo lavoro è stato insignito di numerosi premi, tra cui il World Press Photo. Oppure le corrispondenze di Francesca Mannocchi che ha raccontato la giornata a Bucha, il giorno dopo i ritrovamenti di cadaveri e fosse comuni. O ancora, guardare la corrispondenze di Ilario Piagnerelli inviato Rai fatta di immagini e parole dei testimoni. Non basta la testimonianza di Mario Zama, 62 anni, capo del centro di chirurgia plastica e maxillo facciale del Bambino Gesù che dice: «Ho visto i bimbi tutsi mutilati con il machete durante il genocidio in Rwanda, ho visto i piccoli corpi dilaniati in Afghanistan e poi l’infanzia storpiata dell’ex Jugoslavia. Ma questo no, questo non me lo aspettavo, va troppo oltre» il chirurgo dei bambini dell’Ucraina non è come lo hai fatto sempre, nella vita «precedente. Mi sveglio la notte, pensando a loro. Ci penso durante il giorno. Mi sento come imbevuto della violenza che li ha ridotti così. Perché gli hanno sparato, continuo a domandarmi. Stavano fuggendo, inermi, perché gli hanno sparato…».

Come ha scritto Paolo Giordano: “«Il mondo sta guardando» è un avvertimento che ci ha rassicurato a lungo, implicitamente. Se crimini contro l’umanità si erano prodotti in alcune aree di recente, era stato anche perché quei luoghi erano parzialmente fuori dal cono di luce dell’informazione, quindi meno protetti. Ma l’Ucraina no. Non c’era alcun dubbio che il mondo avrebbe visto lo slalom di quel mezzo militare fra i corpi giustiziati, che avrebbe visto le foto satellitari della fossa comune e quelle ravvicinate dei corpi ammassati e carbonizzati. Ma se in Russia la verità dei fatti viene programmaticamente rovesciata, qui da noi si producono forme più striscianti di mistificazione, si elaborano formulazioni alternative, si suggeriscono paragoni intriganti, in modo che il fatto in sé perda la sua capacità di interrogare”.

Ecco, l'obiettivo delle fake è fare in modo che il fatto in sé perda la sua capacità di interrogare, di interrogarci, è questo il disastro. I benaltristi non guardano e dicono, come riflesso automatico, ma guardate quest'altro. Ecco, non va bene, òa realtà ci si propone un evento per volta, oggi, almeno oggi, guardiamo Bucha.

Giustamente si domanda Domenico Quirico: “Mi chiedo se una colpa tra le tante di chi ha avviato una guerra così crudele non sia quella di averne avvelenato lo spirito per sempre e se riusciranno a far altro che subire violenza o infliggerla, a non diventare traboccamento di fiele e di vendetta”.

Non credo che Bucha sia uno spartiacque, non credo ci sia “un prima” e “un dopo” Bucha. No, i crimini di guerra e contro l’umanità dei russi si contano a decine e sono documentate già dalla prima settimana da numerose autorità e organismi indipendenti, dall’uso delle mine anti uomo alle bombe a grappolo, dalle violenze contro le manifestazioni pacifiche degli ucraini nelle zone occupate sino alle bombe su ospedali e scuole, sino alla decisione di affamare le popolazioni. Tra qualche giorno scopriremo le atrocità a Borodyanka e poi a Mariupol.

Ognuno tragga le sue conclusioni e magari alimenti i suoi (e anche miei) più che legittimi dubbi sulla guerra, ma almeno impariamo a guardare in faccia la realtà per quella che è, senza infingimenti, senza scuse, senza benaltrismi, senza vendere il cervello alla propaganda russa che già troppi danni ha fatto nel nostro Paese non solo oggi ma da almeno cinque anni in qua.

Nelle foto una donna prega in una strada di Bucha (da un servizio di RSI)


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