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Salute

Curare un tumore durante la gravidanza? Si può fare

Una volta su mille: è questa la probabilità che una donna incinta scopra di avere un tumore. Che fare quando accade? Le terapie contro il tumore sono sempre incompatibili con la gravidanza? L'alternativa è solo quella tra l'aborto e il rinvio delle cure a dopo il parto? Lo abbiamo chiesto a Lucia Del Mastro, coordinatrice della Breast Unit del San Martino di Genova e ricercatrice Airc

di Sara De Carli

donna incinta

Quello tra gravidanza e cura non è un bivio in cui una delle due cose esclude l’altra. Non è un aut aut, nemmeno quando di mezzo c’è un tumore. In questi giorni, dinanzi alla morte della giovane Azzurra Carnelos, la domanda è bruciante. Quando si parla di salute, ogni storia è un caso a sé e non esistono affermazioni a priori che valgano per tutti, ma la realtà in generale è molto diversa dalla narrazione per cui scoprire un tumore durante la gravidanza significa immediatamente ritrovarsi nel dilemma etico più difficile e doloroso per una donna: scegliere tra la propria vita e quella del bambino che si porta in grembo. «Per fortuna nella maggior parte dei casi non è così e per le donne saperlo è sempre un grande sollievo», spiega Lucia Del Mastro, coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, esperta di tumori in gravidanza, da oltre 30 anni finanziata da Fondazione Airc per le sue ricerche. La sua unità ha un’expertice specifica in questo campo e ha trattato moltissime donne anche da fuori regione, con tumori della mammella ma anche con tumori della cervice uterina. «Recentemente ha partorito una donna con un linfoma di Hodgkin. Mi mandano sempre la foto dei bimbi, appena nascono», sorride la dottoressa. «Le avevano detto che avrebbe potuto iniziare le cure solo dopo il parto», aggiunge. E invece. «Invece non è un drammatico aut aut da almeno vent’anni».

Cominciamo dall’inizio. La gravidanza e le cure, nel caso di un tumore, si escludono reciprocamente?

Fortunatamente no, non sono situazioni che si escludono a vicenda. Anche se chiaramente non si può prescindere dallo specificare di quale tumore stiamo parlando, del momento della gravidanza in cui ci si trova, dal fatto che il tumore sia in uno stadio iniziale o metastatico. In moltissimi casi comunque è possibile effettuare i trattamenti anche durante la gravidanza, non è vero – come si diceva un tempo – che bisogna attendere la fine della gravidanza e quindi anticipare il parto il più possibile per iniziare le cure. Il punto è che queste situazioni devono essere gestite da un team multidisciplinare: non c’è solo l’oncologo, ma bisogna lavorare in collaborazione con il ginecologo, il neonatologo, l’anestesista… tutte le figure, insieme, discutono l’approccio terapeutico migliore. Per questo, quando c’è un tumore in gravidanza, è fondamentale rivolgersi a un centro che sa gestire questi casi. Sono casi complessi: non perché siano difficili da gestire, ma perché la gestione richiede multiple competenze.

Quante sono in Italia le donne che necessitano di curarsi per un tumore durante la gravidanza?

Ogni mille gravidanze, una si complica per la presenza di un tumore. E nella maggior parte dei casi parliamo di tumore della mammella, che da soli sono circa il 40% dei tumori in gravidanza.

Quale trattamento è compatibile con la gravidanza? Quando? Con quali accortezze?

Per molti tumori – il tumore della mammella è uno di questi – è possibile effettuare i trattamenti anche durante la gravidanza. La chirurgia si può fare in qualsiasi momento, mentre per la chemioterapia occorre aspettare il secondo trimestre poiché nel primo trimestre il rischio di malformazione del feto è troppo elevato. Dal secondo trimestre invece sappiamo che l’esposizione alla chemio in vita intrauterina non aumenta il rischio di malformazioni: abbiamo una casistica ormai ampia, che si estende su oltre vent’anni di ricerche e di lavoro.

Quali trattamenti invece non sono compatibili con la gravidanza?

La radioterapia non si può fare in gravidanza. Nemmeno le terapie biologiche. E francamente non abbiamo ancora molti dati sull’immunoterapia. Ovviamente se siamo in presenza di un tumore come quello dell’utero, che richiede l’asportazione dell’utero… questo è incompatibile con la prosecuzione della gravidanza. I casi in cui la gravidanza è incompatibile non è che non ci siano, ma sono relativamente pochi, grazie alle conoscenze che oggi abbiamo sui farmaci, su quali farmaci possiamo usare e quali no, su quando possiamo usarli e quando dobbiamo interromperli. Non dimentichiamo che queste donne partoriscono con un parto programmato: e oggi sappiamo che farle partorire precocemente provoca un danno nel bambino superiore rispetto al potenziale danno provocatogli dalla chemioterapia.

Una donna quindi a partire dal secondo trimestre di gravidanza può curarsi con relativa tranquillità, perché la chemioterapia non aumenta il rischio di malformazione sul bambino. Questo tempo di rinvio delle cure e di attesa, però, rispetto all’efficacia della terapia, cosa significa?

Anche qui una risposta univoca non c’è. Nel tumore alla mammella posso attendere che la donna entri nel secondo trimestre ma questa cosa non la posso fare, per esempio, nella leucemia acuta. In alcuni casi è possibile attendere, senza che questo comprometta l’efficacia della terapia o accettando che la comprometta minimamente, ma altre volte non posso aspettare due mesi. In questi casi si parla con la donna, si spiegano i pro e i contro, così che possa scegliere. Noi in alcuni casi abbiamo consigliato l’aborto terapeutico a persone all’inizio della gravidanza, in casi in cui l’attesa poteva compromettere la prognosi, perché il tumore da localizzato poteva diventare metastatico. In questi casi abbiamo congelato una parte di ovaio. Sempre si rassicura la donna sul fatto che, qualora lei decidesse di proseguire la gravidanza pur sapendo che l’attesa potrebbe compromettere le cure, lei le cure le riceverà comunque. Certamente per le donne è un grande sollievo sapere che possono curarsi durante la gravidanza, che non devono scegliere tra abortire e curarsi. La donna generalmente vuole portare avanti la gravidanza, ma allo stesso tempo è terrorizzata dal fatto di non potersi curare. Alcune donne hanno già anche altri figli, oltre quello che aspettano. Quando una donna sa che non deve per forza scegliere, che può curarsi e insieme portare avanti la gravidanza… rinasce. Aver capito che possiamo curare la donna senza danneggiare il bambino è stato un avanzamento delle conoscenze che in molti casi ha risolto questo difficile dilemma.

Prima diceva che è fondamentale rivolgersi a un centro che sappia gestire questi casi. Ma quali sono i centri specializzati nei tumori in gravidanza?

Il consiglio è di rivolgersi alle brest unit che hanno anche un’attività di ricerca, in genere sono attrezzati per gestire queste situazioni. Il nostro centro, a Genova, da vent’anni lavora in questo senso. Ma penso anche al professor Peccatori allo IEO di Milano, al Pascale di Napoli con il professor De Laurentiis o al Cro di Aviano e al professor Puglisi.

Altri centri, invece, potrebbero suggerire ancora l’alternativa secca fra l’aborto e il rinvio delle cure a dopo il parto?

Purtroppo sì. E in quest’ottica anticipano il parto per avviare le terapie il prima possibile. Però così fanno un doppio danno: ritardano la terapia della mamma e fanno più danni al bambino di quelli che avrebbe fatto la chemio. Bisogna spiegare di volta in volta l’entità del rischio connesso all’aspettare, ma sapendo che bisogna aspettare duo o tre mesi, non il termine della gravidanza.

Foto di Anastasiia Chepinska su Unsplash


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