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Cooperazione & Relazioni internazionali

La crisi italiana e l’analogia storico-politica con l’Argentina del default

di Paolo Manzo

C’è un esempio nel recente passato, chiarissimo, che tutti coloro che oggi debbono decidere del futuro del Paese dovrebbero tenere bene a mente. Siamo nell’estate del 2001, a Buenos Aires. L’allora ministro dell’Economia Domingo Cavallo – tra l’altro anche italiano di passaporto essendo il papà piemontese – decide di ristrutturare il debito nazionale con l’aiuto del FMI. Tuttavia commette un errore che oggi, in Italia, potrebbe essere ripetuto. Antepone gli interessi della sua fazione politica a quelli del suo Paese. Ad ottobre, infatti, a Buenos Aires si vota per le amministrative e la ristrutturazione del debito con relative misure di bilancio vengono rinviate. Meglio farle dopo, ancor più che l’impegno all’aiuto del FMI è stato preso e dunque è solo questione di poche settimane.

Peccato che un elemento esogeno, ovvero l’11 settembre 2011, faccia saltare i piani argentini e, data la portata dell’attacco alle Torri Gemelle, gli Stati Uniti – all’epoca più di oggi decisivi per erogare le tranche di aiuti del Fondo – si tirano indietro e, di conseguenza il FMI non rispetta l’impegno assunto nell’estate. Le amministrative d’ottobre si tengono ma, oramai, è troppo tardi.

Oramai la strada del default e del successivo “corralito”, ovvero il blocco dei conti correnti bancari con contemporanea svalutazione del peso del 350%, è ineludibile. Queste cose non le dico io ma è lo stesso Cavallo ad averle affermate qualche giorno fa al principale quotidiano brasiliano, Globo. “Il mio errore più grande”, dice Cavallo, “è stato quello di avere atteso il voto amministrativo invece di implementare subito le riforme”.

Chiaramente oggi non c’è il rischio di un nuovo 11 settembre ma, imprevisti esogeni possono sempre accadere. Basti pensare alla questione iraniana su cui, chiunque soffi sul fuoco rebus sic stantibus, va contro gli interessi nazionali italiani.

Se infatti si dovesse scegliere la via prospettata da Berlusconi (e Di Pietro e Bossi, ciascuno per fini differenti, il primo elettorale “di cortile” nella sua area, il secondo “secessionista” nella ricerca di uno scenario del tanto peggio tanto meglio) nel malaugurato caso, ad esempio, di attacco all’Iran, la ripetizione di quanto avvenuto nella disastrata argentina del dicembre 2001-gennaio 2002 per quanto incredibile potrebbe ripetersi nel febbraio 2012 in Italia.

Un paese che, prima dell’entrata in carica di Berlusconi, aveva uno spread dei suoi BTP rispetto ai i Bund tedeschi di 36. Oggi è quasi di 600. Un paese che aveva un debito del 103% sul Pil e che, oggi, è del 120%. E non si dica che la colpa è della crisi internazionale che, dal 2008, ha colpito Stati Uniti prima ed Europa poi. Il caso peggiore oggi siamo noi, messi allo stesso livello di una Grecia qualsiasi che ha falsificato i bilanci dello Stato per essere ammessa nell’area euro e che ha già dichiarato default.

Certo una situazione forse ancora recuperabile ma a patto che subito si crei un governo di unità nazionale in grado di approvare una legge di Stabilità seria con una personalità alla sua guida altrettanto seria, soprattutto sul piano internazionale, in grado di implementarla. I paladini del voto aprendo una campagna elettorale invernale se dovessero avere la meglio non farebbero altro che ripetere l’errore di Domingo Cavallo dell’estate 2001.


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