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Cooperazione & Relazioni internazionali

Povero Nicaragua

di Paolo Manzo

Negli anni 60 e 70 in America latina le dittature, fatta eccezione per quella cubana e quella del generale Juan Velasco Alvarado in Perù (1968-1975), erano tutte di destra. All’epoca c’era la Guerra Fredda e nella regione operava il Plan Condor, elaborato da Washington per contenere la minaccia comunista.

Oggi la Guerra Fredda è un ricordo lontano (anche se nel mondo multipolare contemporaneo viene spesso citato il ritorno di una nuova Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina) ma le dittature continuano a prosperare in America latina, dove anche nelle democrazie si affievolisce sempre più la divisione dei poteri tra giudiziario, esecutivo e legislativo auspicata da Montesquieu. Attualmente queste dittature sono tutte di sinistra, figlie di quel socialismo del secolo XXI preconizzato da Hugo Chávez su suggerimento di Fidel Castro.

Oltre a Cuba, dittatura comunista da 62 anni, c’è il Venezuela chavista a cui, da domenica, si è aggiunto ufficialmente il Nicaragua del sandinista Daniel Ortega, che ha “vinto” con il 76% dei suffragi. Elezioni presidenziali fasulle, con i sette principali candidati dell’opposizione incarcerati, tutti i partiti non satelliti della dittatura messi fuori legge, una repressione senza limiti nei confronti di qualsiasi opinione contraria al regime.

“Ortega e i suoi uomini controllano militarmente il paese come nei paesi dell’Est durante la Guerra Fredda e, se avessero voluto, potevano anche decidere di vincere col 99% dei voti”, spiega dall’esilio spagnolo lo scrittore nicaraguense Sérgio Ramírez. Naturalmente la comunità internazionale democratica non ha riconosciuto la legittimità della frode del satrapo Ortega. Ad eccezione di Iran, Russia e di una parte rilevante dell'America latina visto che oltre a dittature come Cuba e Venezuela, anche il regime della Bolivia ha riconosciuto il “vincitore” mentre Argentina e Messico hanno già fatto sapere che presto lo faranno.

Oggi riconoscere Ortega come presidente legittimo del Nicaragua nel suo quarto mandato consecutivo, sarebbe una iattura perché mette sullo stesso piano democrazia e dittatura.

Per essere sicuro di stravincere, Ortega che dopodomani compirà 76 anni, ha imprigionato nei mesi scorsi i sette candidati presidenziali dell'opposizione, ovvero Cristiana Chamorro, Arturo Cruz, Félix Maradiaga, Juan Sebastián Chamorro, Miguel Mora, Medardo Mairena e Noel Vidaurre, tutti accusati di "tradimento alla patria". Con loro sono finiti in galera anche una quarantina di membri dell’opposizione, mentre sono già più di 150 i prigionieri politici, che per una nazione di 6 milioni di abitanti è un’enormità (peggio del Venezuela, solo Cuba con i suoi 650 detenuti politici oggi supera Managua nella leadership degli abusatori di diritti umani).

Attualmente in Nicaragua il 42% della popolazione vive in povertà, a differenza del clan Ortega-Murillo, che invece nuota nell’oro. Per gli analisti, dopo il voto farsa di domenica, nel paese centroamericano si consoliderà un regime a partito unico di tipo dinastico, paragonabile a quello di Cuba. Il clan degli Ortega, che ha 8 figli tutti in posti di potere e pronti alla sua successione, sarebbe insomma destinato a durare ancora a lungo.

L’ultimo potere istituzionale indipendente che oggi fa resistenza al regime è la Chiesa cattolica, che già nel 2018 eroicamente si schierò dalla parte degli studenti in rivolta, mettendo a disposizione le chiese per offrire loro rifugio dalla repressione sandinista. I centri religiosi furono assediati dai paramilitari orteguisti e l’arcivescovo della capitale Managua, Monsignor Báez, fu prima picchiato e poi costretto all’esilio a Miami.

In quel tremendo aprile 2018 i morti per mano dei sandinisti furono 328, quasi tutti giovani studenti, dato il numero degli abitanti del Nicaragua un’enormità, come se in Italia fossero state uccise oltre 3 mila persone dalla Polizia di Stato. La Chiesa nicaraguense si schierò con gli studenti fatti massacrare da Ortega.

Vedremo nei prossimi mesi se la Chiesa riuscirà a intavolare un nuovo dialogo che porti almeno alla liberazione dei prigionieri politici e a nuove elezioni regolari in un prossimo futuro ma, data la deriva dittatoriale di Ortega e di sua moglie Rosario Murillo, sarebbe davvero un miracolo.


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