Attivismo civico & Terzo settore

Ol barber, fenomenologia del servizio civile

di Claudio Di Blasi

L’insegna “Ol barber” campeggia orgogliosa su un negozietto di 50 metri quadri, a pochi passi da casa mia.

Non occorre essere degli esperti in lingue e dialetti per capire che trattasi del negozio di un barbiere, o meglio il mio barbiere.

Ci vado ogni tre settimane circa, staccando il cellulare. Il rito del taglio dei capelli può anche essere veloce, ma ha una sua precisa liturgia, la cui prima regola è che si parla solo con i clienti e, ovviamente, con il gestore: sempre che si abbia voglia di parlare.

Il mio barbiere è sui trentanni, avanzati: ha preso il mestiere e il negozio dal padre e, a dimostrazione della sua perizia, sfoggia una chioma fluente ed una barbetta curata: quando non taglia i capelli, allena squadre di pallavolo femminile.

Qualche giorno fa mi sono seduto sulla poltrona, ho tolto gli occhiali e l’immagine del barbiere, riflessa nello specchio che mi stava di fronte, mi ha sorriso radiosamente, apostrofandomi con un allegro: “Sarai contento!”.

“Certo” ho risposto in modalità pilota automatico “tra qualche settimana si va in vacanza”.

Il barbiere mi guarda dallo specchio con aria meravigliata: “ma quali vacanze! Sarai contento per la legge sul servizio civile, ora non avrai più da penare ed incazzarti, con tutti i soldi che arriveranno dallo Stato”.

Il mio professore di metodologia della ricerca sociologica aveva ragione: quando vuoi fare un’inchiesta come si deve, vai dal fornaio o dal barbiere, siediti in un angolo e rimani ad ascoltare quel che dice la gente…. l’osservazione è il miglior strumento di rilevazione dati.

Fenomenologia: senza scomodare Hegel o Heidegger, complesso di fenomeni, e quindi anche di fatti, in quanto rilevabili con l’osservazione.

Il mio barbiere mi ha improvvisamente fatto comprendere cosa ha capito il cittadino medio di un “fenomeno”, ovverosia l’annunciata legge sul servizio civile universale:

  1. c’erano dei problemi, ma sono stati risolti;

  2. ora c’è una nuova legge e tutto funzionerà al meglio;

  3. per realizzare ciò sono stati trovati un bel po’ di denari pubblici, grazie a cui 100.000 baldi giovani faranno il loro anno al servizio della collettività.

I ministri del governo in carica sono stati bravissimi, per ciò che riguarda la comunicazione: Berlusconi in confronto fa la figura del pivello.

Non è da tutti trasformare un elenco di buone intenzioni in una legge in corso, funzionante e finanziata.

Mi sono ritrovato lì, seduto su una poltrona da barbiere, avvolto in un lenzuolo bianco e guardandomi nello specchio, senza sapere bene come controbattere su un argomento che padroneggio con una certa disinvoltura.

Che gli dico, a questo simpatico barbiere?

Potrei dirgli che è stato annunciata non una legge, ma una proposta di legge (che chiamano disegno di legge se a presentarla è il Governo), e che ora dovranno approvarla in Parlamento.

Potrei inoltre aggiungere che si tratta di un disegno di legge delega, per cui anche se fosse approvata dal Parlamento, occorreranno altri “decreti legislativi” per renderla effettivamente funzionante.

Buonanotte, sono dal barbiere, non ad un corso di diritto parlamentare.

Provo un’altra strada, più comprensibile, ed azzardo “Hanno annunciato la legge, ma ancora non c’è un testo scritto”. Il mio barbiere è, a differenza del sottoscritto, di comprovata e robusta fede cristiana, per cui sa bene che è dai tempi di Mosè che le leggi “devono” essere scritte, al fine di evitare spiacevoli equivoci come quello del vitello d’oro.

Pertanto mi guarda con commiserazione e replica “come fai a dire che c’è una legge senza avere il testo scritto?” (frase sottintesa: non raccontare balle, ragazzo).

Replico speranzoso: “ci sono alcune linee guida, un elenco di obiettivi da raggiungere. Ma mancano alcune parti, come ad esempio dove prendere i soldi per fare quello che si vuole fare: per questo ancora il testo non c’è”.

Il barbiere è sempre più sconcertato, accenna una risposta tipo “io non faccio una spesa senza essere sicuro di avere i soldi in tasca, altrimenti fallisco”.

Come dargli torto?

Il taglio è terminato, rapida spazzolata sulle spalle e finalmente mi posso alzare da quello che è diventata una scomoda sedia da interrogatorio legislativo.

Inforco gli occhiali, estraggo il portafoglio e mi avvicino alla cassa.

Il mio barbiere stacca la ricevuta, prende i 16 euro dovuti e al momento dei saluti aggiunge la frase d’obbligo:”Alla fine raccontano tutti balle”.

Esco in strada. Tanto per cambiare qui a Bergamo c’è qualche raggio di sole misto a gocce di pioggia: nulla di cui meravigliarsi, siamo a luglio.

Il testo del disegno di legge prima o poi lo scrivono, magari arriva domani, che vuoi che siano un paio di settimane di attesa.

E qualche forma di copertura finanziaria ci sarà, e forse riusciranno a scrivere in modo più preciso cosa vogliono fare e come arrivarci, non è che possono limitarsi ad una forma aggiornata della famosa frase da stellina “voglio la pace nel mondo”.

Sono pensieri che mi frullano per la testa, insieme al giudizio finale di un solido artigiano bergamasco: ”Alla fine raccontano tutti balle”.

Mi dirigo a piedi verso casa, fischiettando “Give Peace A Chance”. Ce n’è bisogno.

Eccolo qua, il grande John: http://www.youtube.com/watch?v=RkZC7sqImaM


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