Cooperazione & Relazioni internazionali

Crescita e giustizia: binomio possibile

di Sergio Marelli

Lo scorso 12 ottobre il Presidente boliviano Evo Morales è stato rieletto al terzo mandato consecutivo con oltre il 67% dei voti. Pur non sottovalutando le critiche e le delazioni mosse dalle opposizioni e da certa opinione internazionale circa il rischio di “caudillizzazione” del Paese, risulta alquanto provocante riflettere sui dati economici e sociali che, fuor di dubbio, stanno alla base di questa riconferma.

Grazie anche della nazionalizzazione dell’industria degli idrocarburi, il Pil del Paese è triplicato, passando da 9.500 a 30.381 milioni di dollari e il Pil pro capite è passato da 1.010 a 2.757 dollari; con l’aumento delle tasse sul gas naturale dal 18 per cento al 50 per cento, gli introiti derivanti dal petrolio sono passati da 673 milioni di dollari nel 2005 a 5.855 milioni nel 2013. Dati questi che hanno consentito l’applicazione di politiche sociali efficaci e di grande portata come dimostra l’abbattimento del 25% della povertà e del 43% di quella “estrema”; il salario minimo è passato da 72 a 206 dollari; gli stanziamenti per la salute pubblica sono passati dai 195 milioni di dollari del 2005 ai 600 milioni del 2012 con conseguente diminuzione drastica della mortalità infantile e materna.

Il ruolo assunto nei consessi internazionali dal Presidente Morales e la posizioni da questi sostenute nelle principali assise globali, sembrano per una volta rifuggire la retorica delle belle parole senza fatti consequenziali che caratterizzano la maggior parte degli interventi dei leader di altri Paesi. Alla luce dei risultati ottenuti dal Governo di La Paz, chi ancora accusa il Presidente “indio” di populismo dovrebbe riconsiderare i propri giudizi e, al contrario, porsi seri interrogativi sull’efficacia di politiche sempre più improntate alle teorie neoliberiste per le quali le privatizzazioni e il libero mercato sono l’unica via di uscita dalle crisi e dalle ingiustizie diffuse. Nel suo ruolo pro tempore di presidente del Gruppo dei G77, Evo Morales ha assunto un ruolo di vero leader internazionale capace di smarcarsi dai presunti dogmi dell’economia e della politica internazionali e coerente portavoce degli interessi dei poveri, siano essi persone o interi Stati, sino ad oggi succubi delle dottrine imperanti secondo le quali rimarrebbe crescita e giustizia sociale resterebbero termini in perenne conflitto. Il “buen vivir”, concetto proposto dalla Bolivia come nuovo paradigma dello sviluppo, ha trovato un paladino credibile, autorevole e popolare. 


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