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Cultura

Human, l’amore che salva il mondo

di Cristina Barbetta

Il grande fotografo e regista francese Yann Arthus-Bertrand ha presentato a Milano il suo ultimo film, “Human”, uno straordinario ritratto dell'umanità, un documentario che si interroga sul senso della vita e dell'essere uomini. Attraverso la voce di gente comune di tutto il mondo. 2020 interviste, 2 anni e mezzo di riprese realizzate in 60 Paesi diversi nel mondo e in 63 lingue diverse. Parole, immagini che mostrano la bellezza del mondo e musiche, che ci toccano e ci interrogano” per fare emergere l'empatia necessaria per vivere in quest'epoca difficile”.

"Tutti gli esseri umani sono importanti e hanno qualcosa da dire”. Lo mostra Yann Arthus-Bertrand, fotografo, ambientalista e regista francese di fama internazionale, nel suo ultimo film, Human, uno straordinario ritratto dell'umanità, un documentario che si interroga sul senso della vita e dell'essere uomini.
Attraverso la voce di gente comune di tutto il pianeta. 2020 interviste, 2 anni e mezzo di riprese in 60 Paesi diversi nel mondo e in 63 lingue diverse per realizzare un film (191 minuti), che ci tocca profondamente perché ci riguarda tutti da vicino, perché “siamo tutti strumenti che suonano nella gigantesca orchestra della vita” e queste persone che parlano sono il nostro specchio. Oltre alle persone, immagini della bellezza del mondo e musica, per riflettere e lasciare sedimentare.

5 anni dopo il film Home, prodotto da Luc Besson, che è stato visto da 600 milioni di persone in tutto il mondo, Yann Arthus -Bertrand lancia una nuova sfida con Human, presentato all'Assemblea Generale dell'ONU e al Festival del Cinema di Venezia del 2015.
Human è stato proiettato già in 50 Paesi nel mondo, ed è destinato a raggiungere il maggior numero di persone grazie a un piano di distribuzione a molti livelli, dal cinema, alla televisione, a internet, dove si può guardare su youtube.
Abbiamo incontrato Yann Arthus-Bertand in occasione della presentazione di Human a Milano, al cinema Anteo, dove il film, che in Italia è distribuito da Academy two, sarà proiettato per tre settimane tutti i giorni, alle ore 13.

Com’è nata l’idea del film?
Mentre realizzavo “La terre vue du ciel” (“La terra vista dal cielo”), un progetto fotografico e un libro che ha venduto più di 3 milioni di copie, sono stato in Mali con i contadini che praticano l'agricoltura di sussistenza, che in tutto il mondo sono un miliardo. Mi hanno parlato delle loro paure: la paura della morte, della malattia, la paura di non sentirsi parte del mondo. E quello che mi hanno detto, guardandomi dritto negli occhi, è stato molto più potente di quello che avrebbero potuto dirmi dei giornalisti o degli scienziati.

Ho iniziato nel 2003 a realizzare il progetto: “7 milliards d'Autres”, sulla gente del mondo. 6000 interviste filmate in 84 Paesi da circa 20 reporter per cercare l'"Altro". Human è ispirato a questo progetto.

Che cosa l'ha spinta a realizzare Human?
Volevo cercare di dare una risposta a tutte quelle domande essenziali che ci poniamo sul senso della vita : perché c’è la guerra, la povertà, la crisi dei rifugiati, l'omofobia… Human è un film politico, che ci fa riflettere sul significato della nostra esistenza attraverso il confronto con l'altro. Ed è un saggio di un regista che vuole parlare d'amore. Nel film le persone parlano anche di felicità, di valori come la famiglia, di amore. Come dice un ragazzino disabile nel film “è solo l'amore che ci salverà”. Human è un film utopistico, ma forse l'utopia è una verità prematura.

Che film è Human?
È un film che parla al cuore della gente. Mostra chi siamo, attraverso le parole di tutte quelle persone che parlano e ti guardano dritto negli occhi, e sono il nostro specchio. Sono tutte quelle persone intervistate che fanno la forza del film. Che deve essere guardato con molta umiltà perché è fatto da tutte quelle persone. È un film molto intimista e spirituale. Ed è sicuramente molto difficile, perché è lungo, è duro, e perché la vita è difficile. È un film che amo molto, che mi arricchisce e mi dà molta felicità. Quando ho fatto il montaggio ho realizzato che nessun attore avrebbe potuto essere più bravo di queste persone, nessuna storia inventata avrebbe potuto essere più forte.

Spero che questo film vi cambi, così come ha cambiato me

Come avete scelto le persone che hanno parlato nel film?
Le abbiamo selezionate a seconda dei temi che volevamo trattare. Siamo andati in giro per il mondo, nelle strade, nei campi, nelle scuole, nelle carceri… Abbiamo intervistato rifugiati in Marocco, in Sicilia e a Calais.
A ciascuna delle persone intervistate abbiamo fatto 40 domande, sempre le stesse, indipendentemente dalla provenienza, dalla cultura, dall'età, partendo da quelle più semplici fino ad arrivare a quelle più complicate, come “Qual è stato il momento più difficile nella tua vita?” “Che senso ha la vita?”. Abbiamo detto a queste persone che quello che avrebbero detto sarebbe stato ascoltato da milioni di persone nel mondo e che tutte le cose che avrebbero detto sarebbero state importanti. È stato come fare delle sedute psicanalitiche perché le domande venivano fatte con molta empatia e gentilezza e alla fine le persone si lasciavano andare e moltissime piangevano e abbiamo pianto, riso assieme a loro, siamo diventati amici, è stato bello e difficile.

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Cosa vuole fare emergere il film?
Viviamo in un’era molto difficile. E’ la prima volta nella storia della umanità in cui il futuro appare cosi incerto: il riscaldamento globale, la crisi dei rifugiati, il divario crescente tra ricchi e poveri, la crisi economica… L'unica cosa che possiamo fare per affrontare i periodi difficili che stanno arrivando è vivere assieme, accettando il mondo per quello che è e cercando di fare il meglio che possiamo. Perché tutti abbiamo una missione. Come dice un bambino africano nel film” tutti abbiamo una missione che ci ha dato Dio”, il nostro compito è capire qual è la nostra missione. Questo film e il mio lavoro vuole fare emergere l’empatia necessaria per vivere tutti assieme in questo mondo dal futuro così incerto.

Come si è strutturato il documentario?
Si è sviluppato senza una sceneggiatura. Abbiamo fatto due anni e mezzo di riprese e un anno di montaggio, che è stata la parte più impegnativa dal momento che non c'era una storia. Abbiamo creato il film con 2020 interviste di cui abbiamo utilizzato una parte, e molte ore di riprese aeree. La difficoltà è stata nell'armonizzare le parole, la bellezza del mondo e la musica.

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Human è il primo lungometraggio realizzato grazie alla collaborazione di due fondazioni non profit..
Il documentario è stato finanziato dalla Fondazione Bettencourt Schueller, grazie alla quale la visione del film è gratuita in tutte le scuole e in tutte le associazioni del mondo. E' un progetto della Fondation GoodPlanet, che ho fondato nel 2005 e sensibilzza su tematiche di sviluppo sostenibile globale.

Qual è il suo prossimo progetto?
Si chiama WOMAN ed è un progetto dedicato alle donne, perché dopo avere girato questo film è stato chiaro che dovessimo parlare di donne.

Il copyright di tutte le immagini pubblicate è: HUMANKIND Production.
Photo of Yann Arthus-Bertrand: ©A. Miquel.
Aerial iamges

Photo 1
Raccolto nella regione del Tigrè, Etiopia
Foto 2
Campi di rifugiati Somali a Dadaab: Il campo Kambioos, Kenya
Foto 3
Lisola di Manhattan e One World Trade Center, New York, Stati Uniti
Foto 4
Fabbrica di tintura vicino a Karachi, provincia di Sindh, Pakistan

Foto 5
Cantiere di demolizione navale, gadani, Balochistan, Pakistan
Foto 6
Lago di Attabad Lake (conosciuto ancche come Gojal Lake), sul fiume Hunza, Gilgit–Baltistan, nord del Pakistan
Foto 7

Caravan di yak sulle dune vicino a Skardu, valle dell’Indo,Gilgit–Baltistan, Pakistan
Foto 8
Cascate di Agua Azul sul fiume Yax-Há, Stato del Chiapas, Messico
Foto 9
Anse del fiume Tull, Töv, Mongolia
Foto 10:
Tempio di Angkor Wat, Siem Reap, Cambogia
Foto 11
Jalousie, una bidonville snel distretto di Pétionville, un sobborgo di Port-au-Prince, Haiti
Foto 12
La chiesa di Abuna Yemata Guh nel massiccio del Gheralta, Hawzen del sud, regione del Tigrè, Etiopia
Foto 13
Salar de Uyuni sull’altopiano boliviano, Provincia di Daniel Campos , Potosí, Bolivia.
Foto 14
Mercato “coperto”, Cité Soleil, Port au Prince, Haiti
Foto 15
Discarica all’aperto, Santo Domingo, Repubblica Dominicana


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