Valeria Carella

Azzardo: il modello-Bergamo alla prova dei fatti e dei dati

di Marco Dotti

Più "stasi" nella giornata e inclusione delle Lotterie istantanee: quando la regolamentazione dell’azzardo diventa un sistema di trattamento. Un dialogo con la ricercatrice che ha lavorato sul caso-Bergamo

«Più "stasi" nella giornata e inclusione delle Lotterie istantanee», così ci spiega Valeria Carella, la ricercatrice che ha lavorato sul caso-Bergamo, «la regolamentazione dell'azzardo può diventare un sistema di trattamento».

Il senso di un lavoro di ricerca-azione

Ci racconta il lavoro di ricerca compiuto? Perché è stato importante?
Si è trattato in realtà di un intervento programmatico di ricerca-azione. Il gioco d’azzardo, come epifenomeno della crisi, comporta costi, diseconomie e ricadute di non poco momento per i cittadini e sui territori municipali. La ricerca si è sviluppata attraverso l’analisi del territorio, del risparmio familiare e della salute dei cittadini bergamaschi; l’azione si è invece dipanata attraverso la formazione ai Corpi intermedi dell’Amministrazione, la redazione del Report per l’Ordinanza sindacale; il Regolamento comunale, che ho curato.

Questo percorso è promanato dall’aver vinto un bando nel novembre 2015 e mi ha messo in contatto con le risorse di una città sorprendente almeno quanto la sua Amministrazione. Christophe Sanchez, il Capo di Gabinetto del comune di Bergamo, ci ha messo la visione e la capacità di entrare nel merito in maniera sempre molto mirata. Una delle persone più antiretoriche che mi sia capitato di conoscere, ha proceduto diretto allo scopo di allentare le spire del gioco d’azzardo sulla città. E che la situazione fosse già sotto la linea di galleggiamento l’ho capito durante le giornate dei focus group (che ho condotto insieme a Maurizio Fiasco, con me estensore della Ricerca alla base dell’Ordinanza sindacale), dove il racconto delle manifestazioni del fenomeno sul territorio è stato fatto da chi conosce bene le vittime dell’azzardo, anche passivo: i Servizi sociali del Comune – dalla Porta di Accesso “PASS” all’Amministrazione di sostegno, l’arco di rappresentanza è stato completo -; la Polizia municipale; gli operatori dei Centri d’Ascolto della Caritas diocesana (fondamentale è stata la presenza, anche per il seguito del percorso, di Cristina Suardi, che ne è la coordinatrice); il Comando provinciale della Guardia di finanza (in audizione informale). Lo spaccato che ne è venuto fuori è stato quello di un’umanità esangue: impoverita e sovraindebitata, per un verso, quanto feroce e irriconoscibile, per un altro. Senza più sangue né calore appunto, proprio a causa del gioco d’azzardo.

Non si spiegherebbero, diversamente, i casi riferiti di minori negletti in auto o, peggio, portati da nonni o genitori a stazionare in bar o tabaccherie nell’attesa di veder compiere l’ordalia del sorteggio, di anziani scoperti a vendersi i pacchi alimentari della Caritas, a cui avevano diritto per le esigue risorse economiche, pur di comprare qualche biglietto di una qualche lotteria; i casi di muratori rimasti disoccupati (indifferentemente, italiani e immigrati) per avere indugiato troppo, durante l’orario di lavoro, in una tabaccheria o in una sala slot, o per via di piccoli furti accertati a scapito di colleghi; o i casi di famiglie assistite dal Comune con locazioni e utenze agevolate, poi indebitatesi con i parenti ma anche con gli usurai per prestiti di “gioco”. C’è un fil rouge che le accomuna tutte, queste situazioni: il pensiero di poter fare quadrare un bilancio, di rifarsi del poco denaro a disposizione almanaccando di rientrare di quello perso e di guadagnare, contestualmente, il bottino decisivo per “vivere alla grande” (per citare il nome di una lotteria istantanea, ma anche il titolo di un film decisamente ben fatto).

Il senso del lavoro compiuto è partito da qui: dalla testimonianza di un’assistente sociale del Comune che dopo essere più volte intervenuta in qualità di professionista esperta in conflitti intrafamiliari, non senza qualche pudore iniziale e con grande commozione, ci ha poi raccontato dell’impatto rovinoso procurato alla sua famiglia dalla malattia del fratello, per molti anni e a più riprese affetto da gioco d’azzardo patologico. Lì ho capito che a Bergamo, una città di grande contegno, il numero reale delle persone affette da questa malattia doveva essere molto più elevato di quanto i dati ufficiali – già allarmanti – del Sert raccontassero. Ho compulsato e interrogato documenti, dati e fonti, li ho fatti parlare tra loro per ricostruire esattamente il perimetro e l’intensità di questo fenomeno e delle sue proteiformi declinazioni nell’Ambito. Così, dopo il Report per l’Ordinanza, insieme agli uffici del Comune, ho fatto il Regolamento comunale.

Il sistema-Bergamo ha saputo impostare un trattamento tanto inedito quanto necessario: gli archi temporali di interdizione dell’offerta di gioco anziché due, come disposto da tutte le altre Amministrazioni, qui – grazie alla felice intuizione del Capo di Gabinetto del Comune, Christophe Sanchez, e della Responsabile delle attività produttive e del commercio, Lorella Vavassori – sono diventati tre. Non solo. Le lotterie istantanee, sia quelle su piattaforma digitale che quelle con il tagliando cartaceo, alla luce delle risultanze sulla densità dell’offerta, sulla spesa e sulla popolazione target – che è anche quella più vulnerabile: degli anziani e dei minori -, sono state inquadrate anch’esse tra i giochi d’azzardo e regolamentate alla stregua degli agli altri tipi di offerta. Le ore in cui non si può consumare d’azzardo a Bergamo sono solo sei nell’arco della giornata, tuttavia ciò che fa la differenza è l’aver compreso che è la dispercezione del tempo, la sua riduzione minima all’istante sempre ripetuto, l’ambiente perturbato che crea il disturbo da GAP. Agire su più intervalli di tempo in cui mettere in pausa l’offerta è una contromisura di primaria importanza per salvaguardare la salute neuropsicobiologica e il benessere dei cittadini.

Gli anziani e la città

Quali sono gli elementi e i dati che più l'hanno colpita?
Potrei racchiuderli in quattro parole: casa, anziani, donne, Parkinson. È stato un combinato disposto. Partendo proprio dalla casa, la persistenza di valori al metro quadro elevati riduce l’accessibilità alla città di Bergamo per molte famiglie, facendo dello spazio urbano appannaggio di nuclei familiari con capacità di reddito adeguate all’offerta selettiva del mercato residenziale. Questa evidenza è alla base di un fenomeno che si è venuto a creare anche nella bergamasca, così detto della “gentrification”, per cui i Comuni dell’hinterland sono stati ripopolati da coloro – tanti, soprattutto tra i cittadini meno anziani – che, diversamente, non avrebbero potuto permettersi un alloggio. Le cosiddette nuove famiglie. Anche per via di questo dato, l’Ambito di Bergamo risulta quello con l’indice d’invecchiamento più alto in tutta la provincia (22,61 vs. 17,75), superiore anche alla media regionale (20,10) e nazionale (20,30), proprio per via dell’alta concentrazione di anziani nel Comune capofila, pari a quasi un quarto dei residenti (23,4%).

Gli anziani che all’inizio del 2010 vivevano soli erano il 33% degli ultrasettantenni; il 46% degli ultraottantenni; ben il 53% degli ultranovantenni. È evidente, dunque, che a Bergamo con l’innalzarsi dell’età aumenta anche la probabilità di vivere soli, e ciò determina la necessità di realizzare progetti di intervento che tengano conto dell’assenza di caregivers conviventi. Ebbene, quando siamo andati a documentare la spesa dei pensionati bergamaschi in azzardo, l’esito non ha lasciato adito a dubbi: l’anno è il 2012 e il valore convenzionale “pro-pensionato” è stato pari a 5.907,52 euro l’anno, dilapidati prevalentemente nelle lotterie istantanee. Una spesa fuori misura, a maggior ragione ove si consideri che è stata molto superiore a quella pro-capite e che, tra le donne pensionate, quelle rientranti nelle fasce reddituali più basse hanno consumato risorse economiche nel gioco più degli uomini.

Le donne giocatrici

Anche il gioco ha un genere? Credo sia una questione quanto meno da dibattere…
Le donne giocatrici con un reddito da pensione inferiore a 15.000 euro lordi annui sono state addirittura il 44,5%, più del doppio degli uomini (il 20,4%). Questo dato fa rabbrividire, perché ci dice che se ancora non è esplosa una “questione femminile” drammaticamente legata all’azzardo è solo perché c’è una sottovalutazione marchiana degli effetti deflagranti che essa produrrà. Dalla Ricerca dell’Osservatorio per le dipendenze di Bergamo, compiuta sugli anziani tra i 65 e gli 84 anni, un altro dato che tiene le vene dei polsi in tensione è che le donne hanno sviluppato un’abitudine di frequenza al gioco che è diventata maggiore di quella degli uomini. Per il 2015, il 3% di loro ha dichiarato di aver puntato denaro in giochi d’alea tutti i giorni o quasi: più del doppio degli uomini, che, con quella frequenza, si attestano sull’1,3%.

In bilico tra dipendenza da azzardo e progressivo impoverimento ci sono soprattutto le donne dunque, perché consumatrici più accanite delle lotterie e perché detentrici di risorse economiche proprie già di per sé più esigue del resto della popolazione (sia di quella attiva che pensionata). Un fenomeno, questo, che sempre di più attenterà alla capacità di far fronte in autonomia alla propria autosussistenza, ponendole in una situazione di minorità anche psicologica.
Comunque, sotto schiaffo e ricattabili. Il 4 giugno 2015 la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea ha licenziato il Progetto di conclusioni sul tema: Pari opportunità retributive per donne e uomini: colmare il divario pensionistico di genere. Testualmente, alla pagina4 dell’edizione italiana, vi si può leggere: “In media il divario di genere nelle pensioni dell’UE è pari al 38,5%. Il divario pensionistico di genere ha finora ricevuto meno attenzione rispetto al divario retributivo di genere (media UE del 16,5% nel 2012). Tuttavia, il divario pensionistico di genere è uno degli ostacoli all’indipendenza delle donne nella vecchiaia, quando queste si trovano anche di fronte a un rischio di povertà più elevato rispetto agli uomini.”

Una popolazione anziana, quella bergamasca, che, da quanto fin qui ricostruito, sopporta una spesa molto sostenuta per consumo di azzardo, che non può tendenzialmente contare su figure accudenti o caregivers conviventi, e che, oltretutto, è interessata da un’epidemia di malattia di Parkinson, una malattia neurodegenerativa tipicamente legata all’invecchiamento...
Il dottor Marco Salvi, Coordinatore della sezione di Bergamo e vicepresidente nazionale dell’Associazione Italiana Parkinsoniani, ha divulgato le risultanze di un’indagine epidemiologica condotta dalla ASL sulla popolazione della Provincia. Già a fine 2014, i casi conclamati hanno riguardato 3500-3600 pazienti, ma il punto rimarcato è stato sulla progressione attesa di 400-500 pazienti in più in un anno. Un’epidemia, appunto, che ha imposto all’Amministrazione comunale di rafforzare la tutela dei propri cittadini più vulnerabili ricomprendendo nella regolamentazione dell’azzardo anche le lotterie istantanee.

La correlazione tra l’assunzione di farmaci per trattare il Parkinson e l’impulso a giocare d’azzardo è ormai comprovata, e si è persino riflessa in azioni legali che hanno avuto l’esito di obbligare le Case farmaceutiche a dare risalto nel foglio illustrativo, tra le controindicazioni, alla possibilità di diventare dipendente dal gioco d’azzardo (misura, del resto, che la Commissione europea aveva chiesto agli Stati membri di prendere già nel 2005, inascoltata). Nel 1999 arrivarono sul mercato farmaceutico gli “agonisti dopaminergici”, la nuova frontiera per il trattamento del Parkinson. Ebbene, come hanno riscontrato a proprie spese molti malati, l’associazione per scopo terapeutico tra agonisti dopaminergici e levodopa può far nascere l’impulso irrefrenabile a giocare d’azzardo. In pochi anni si sono moltiplicati a dismisura i casi di piccoli commercianti, pensionati o impiegati malati di Parkinson che hanno dilapidato i propri beni, accumulando debiti talmente elevati da compromettere persino la possibilità di continuare le cure. Si è trattato di persone che prima di allora non si erano mai avvicinate al gioco d’azzardo e che dopo, con la sospensione della terapia, hanno fatto registrare una remissione spontanea dell’impulso di giocare.

Dopo diverse denunce e un processo istruito a Torino dal già Procuratore Raffaele Guariniello, nel 2007 sono stati immessi i fogli illustrativi corretti per questi farmaci, che sono i più comuni per il trattamento del Parkinson. Ciò che conosciamo oggi, sulla base dei dati diffusi dall’Associazione Italiana Parkinsoniani, è che il trattamento farmacologico per la malattia induce all’azzardo compulsivo il 5-8% delle persone che ne sono affette. Forse non è solo un caso se un bergamasco doc (del quartiere Monterosso) come il dottor Maurizio Facheris, che lavora negli USA già da diversi anni e che è stato a capo della ricerca della Michael J. Fox Foundation, sia diventato un punto di riferimento internazionale per la ricerca sul Parkinson, di certo c’è che lo scorso 16 dicembre il sindaco Gori ha conferito la Benemerenza civica al dottor Marco Salvi “per la passione e la dedizione con cui dal 2007 coordina l’AIP, al fine di migliorare le condizioni di vita dei malati e raccogliere fondi per la ricerca scientifica”. Un buon segno.

A suo avviso, quali sono gli effetti sociali più rilevanti che si possono attribuire alla regolamentazione di Bergamo?
Il Regolamento fatto a Bergamo è stato l’intervento amministrativo più vicino a un modello di trattamento – orientato non solo alla salute, quanto al benessere dei cittadini – che si potesse realizzare per fare arretrare le conseguenze delle diseconomie di consumo procurate dal gioco d’azzardo sul territorio.

Partiamo da una premessa indispensabile: il GAP già nel 1995 fu ascritto dall’OMS tra i “disturbi delle abitudini e degli impulsi”; nel 2013, anno a cui risale l’ultima versione del DSM – a livello mondiale, la bibbia per la diagnosi nosografica dei disturbi mentali -, il Gambling disorder è stato inquadrato nell’ambito delle dipendenze, di quelle che non promanano da una base tossicologica, ma che sono fortemente condizionate dall’ambiente esterno. Tuttavia, nonostante che il GAP sia una malattia sine substantia, la ricerca neurobiologica e il neuroimaging funzionale hanno (di)mostrato l’esistenza di aree di sovrapposizione con le dipendenze chimiche, dunque: il cervello di una persona dipendente dal gioco d’azzardo reagisce all’impulso di giocare proprio come farebbe se si trattasse di una persona dipendente da sostanza tossicologica. Ecco perché il fenomeno è particolarmente delicato e complesso, ed ecco perché il suo trattamento per via amministrativa dovrebbe incidere, da una parte, sul credo normativo dei cittadini, e dall’altra, sulla regolamentazione dell’offerta.

Le parole contenute nel Regolamento testimoniano proprio di questa consapevolezza e di questa tensione programmatica, fatte proprie dall’Amministrazione comunale “al fine di limitare le conseguenze sociali dell’offerta di gioco su fasce di consumatori psicologicamente più deboli e, non secondariamente, di creare un argine a forme di dequalificazione territoriale e di infiltrazione criminale nell’economia cittadina, quale ad esempio il prestito a usura per debiti contratti al gioco”. Vi si richiamano, così, concetti-cardine, quali: la salvaguardia della salute pubblica, del risparmio familiare, della continuità affettiva e della serenità domestica, dell’integrità del tempo di lavoro, per dare corpo e attuazione ai quali l’Amministrazione ha interdetto in tre archi della giornata l’offerta di gioco d’azzardo, lotterie istantanee comprese. La contrazione davvero consistente che il consumo di gioco d’azzardo ha conosciuto in questi mesi a Bergamo racconta di un’adesione ai provvedimenti amministrativi da parte dei cittadini che va ben al di là dell’accettazione formale, piuttosto, è il sintomo di una comprensione più profonda, probabilmente della consapevolezza che su questa questione non ci si salva affatto da soli.

Il rapporto fra consumo e offerta

Partendo dai dati e dal campo che hai studiato, l'offerta e la sua pervasività sui territori hanno un impatto diretto rispetto ai consumi? (Spesso è su questi ultimi che si interviene…)
Il rapporto tra offerta e consumi è direttamente proporzionale, non vi è dubio, ciò che però è controintuitivo è che per il particolare mercato dell’azzardo è stata l’offerta a determinare la domanda, e non viceversa. L’analisi dell’incidenza spaziale delle postazioni del gambling ha documentato che a Bergamo, in rapporto alla superficie di competenza del Comune, c’è un punto di gioco ogni trecento metri. Tra “pubblici esercizi” (115), sale VLT (6) e “altre sale” (10), complessivamente sono 131 il numero dei punti di gioco: un assedio, nel raffronto dei dati, soprattutto per la popolazione anziana. E infatti, mai così alto come nel 2015 è stato il consumo in azzardo per la popolazione bergamasca, che ha raggiunto, pro-capite, quota 2.536 euro.

Quando furono introdotte le lotterie istantanee, come ammise l’allora Ministro delle Finanze Visco nella Relazione sullo svolgimento delle Lotterie Nazionali (1996-1998) alle Camere, la missione che fu loro affidata dallo Stato fu di rilanciare tutto l’intero comparto dei giochi, all’epoca in contrazione. “V’è da notare – si legge in un passaggio particolarmente illuminante della Relazione – che più delle tradizionali, le Lotterie istantanee necessitano di un rilancio che parta da migliori ideazione e stampa, con ampia diversificazione commerciale, sempre considerando la specifica “nicchia” di mercato che richiede premi più diffusi anche se di minore entità. In effetti la migliore spinta all’acquisto è data dalla frequenza delle vincite e dall’osservazione che di tale frequenza hanno i giocatori. Nel panorama europeo, il monte premi delle “istantanee” italiane è tra i più bassi, così che, disponendo di una maggiore percentuale di premi, la frequenza delle vincite costituirebbe una maggiore attrazione per il recupero di un importante cespite di entrate erariali, fondamentale per importo e per modalità nel panorama dei giochi”.

Il vaticinio delle magnifiche sorti e progressive delle lotterie istantanee e dell’intero mercato dell’azzardo, a cui fanno da volano, si è purtroppo realizzato in pieno, cosicché – e proprio per via di quella precipua architettura –, da essere un fenomeno di “nicchia”, nell’arco di alcuni lustri esse sono divenute la tipologia più diffusa e popolare di gioco d’azzardo (uno studio comparato sul gioco d’azzardo in Europa, licenziato nel gennaio scorso dal Centro studi del Senato, dimostra come la sola spesa italiana in lotterie equivalga alla quasi totalità del consumo spagnolo per tutte le tipologie di gioco d’azzardo). Se Matilde Serao ne Il ventre di Napoli si riferiva al lotto come alla “ladra e laida tassa”, perché indebitava gli strati popolari della popolazione facendoli venire a contatto con il mondo degli usurai, quel ruolo oggi è stato assunto dalle lotterie istantanee che realizzano, tra l’altro, un’ipotesi di non virtuosa economia circolare, dato che le piccole e frequenti vincite – che stanno dentro a un congegno rapsodico fatto appunto, nel tempo ridotto a istante, per reiterare il più velocemente possibile un’ulteriore esperienza di gioco – vengono, il più delle volte, immediatamente reimpiegate nei circuiti dell’azzardo.

Analizzando il tipo di mercato che le lotterie istantanee hanno generato, il Capitolato d’oneri per la vendita di generi di monopolio è davvero sorprendente, stando almeno alla distanza siderale tra ciò che viene prescritto dalla norma e quanto avviene nella pratica. In un solo articolo si possono cogliere due distorsioni di eccezionale gravità, difatti nell’art. 15 è fatto obbligo al rivenditore di avere un “atteggiamento neutrale verso il pubblico (…) in funzione del mercato di riferimento (…) senza sovraesporre”. In primo luogo, il mercato di riferimento descritto è un mercato pubblico dove l’offerta – proprio perché legittimata da una concessione dello Stato – deve necessariamente regolarsi sulla domanda e offrire un servizio di vendita calibrato sulla base delle richieste della zona coperta. Nella realtà dei fatti, al contrario, il mercato dell’azzardo, e questo in particolare, si nutre di una domanda generata da un bisogno indotto, complici soprattutto offerta e marketing pubblicitario massivi (ma anche a causa di un’architettura della filiera produttiva sempre più spietata, a cui non sfuggono neppure i rivenditori: come l’obbligo, che essi hanno quando stipulano il contratto per una lotteria istantanea, di impegnarsi a comprare in futuro, senza cognizione alcuna sul prezzo di acquisto e di rivendita, uno stock di tagliandi della lotteria successiva. Un sistema che integra, così, una vera e propria vendita al venditore). In secondo luogo, nel prescrivere al rivenditore un atteggiamento neutrale verso il pubblico, senza segnalare in maniera particolare l’offerta di azzardo presente all’interno della rivendita, gli si richiede di non distorcere il volume della domanda e di non carpire la pubblica fede dei giocatori con comportamenti che poco si attagliano a chi deve rappresentare un Monopolio pubblico. Nonostante che la norma non lasci adito a dubbi, tuttavia, questo delle lotterie istantanee è diventato un mercato dove è la domanda a doversi adeguare ai sempre crescenti volumi dell’offerta, prova ne siano le irregolarità dei moltissimi “Qui vinti…” che fanno bella mostra di sé all’esterno come dentro le tabaccherie. E che hanno proliferato nell’inerzia, anche, dei controllori.

Modello e dati

Come si è arrivati a identificare le fasce orarie di divieto di vendita di azzardo legale?
Più che di gioco d’azzardo legale, bisognerebbe parlare di gioco d’azzardo legalizzato perché, di fatto, l’unica definizione codificata che ne abbiamo è quella rinvenibile nel Codice penale. Gli archi temporali di interdizione alla vendita di azzardo sono tre per sei ore complessive nella giornata: dalle 7,30 alle 9,30 del mattino, da mezzogiorno alle 14, dalle 19 alle 21 della sera.

La scelta degli orari è stata fatta in ottemperanza ai principi e alle finalità che permeano il Regolamento, testualmente, e nello stesso ordine con cui sono stati scritti: la tutela dei minori; la tutela degli utilizzatori; il contenimento dei costi sociali, umani ed economici, derivanti dall’assiduità al gioco d’azzardo, con particolare riferimento alle ricadute negative che detta assiduità comporta nel contesto familiare e per la popolazione anziana, sia in termini di sovra-indebitamento (con possibile ricorso al prestito a usura) che di autosegregazione dalla vita di relazione e affettiva; la necessità di ridurre il danno derivante dal disturbo da GAP e dalle ricadute negative che esso – oltre che in termini di ingente spesa sanitaria – determina nella dimensione privata, lavorativa e cittadina; la tutela della sicurezza urbana, del decoro urbano, della quiete della collettività.

L’interdizione dell’offerta nelle ore del mattino è stata orientata prevalentemente a tutelare i minori, rimuovendo una possibile interferenza al loro sereno ingresso a scuola, dopodiché preservare le ore del pranzo e del rientro serale a casa dall’adescamento dell’offerta di azzardo è stato funzionale a favorire una forma di nuovo umanesimo affettivo, di relazione, lavorativo e cittadino ai tempi dell’azzardo legalizzato.

Sui minori, dall’analisi di una Ricerca svolta su 2.827 ragazzi di 23 Istituti delle scuole medie bergamasche e su 11.494 studenti di 16 Istituti della scuola media superiore dalla Fondazione “Exodus” e dalla “Casa del Giovane” di Pavia sugli stili di vita giovanili, i cui esiti sono stati pubblicati nel marzo dello scorso anno, emerge che le lotterie istantanee sono l’esperienza di gioco d’azzardo che i ragazzi praticano più stabilmente, anzi: è proprio questa la feritoia attraverso cui esordiscono nel mondo dell’azzardo. Se gli intervistati di tutte e tre le fasce d’età (infanzia/pre/adolescenza) hanno rivelato di avere ben presente dove sono i punti di gioco, i ragazzi delle scuole medie, nonostante la giovanissima età, hanno dichiarato di sostenere una spesa mensile fissa in azzardo (il 13,7% degli intervistati), trovando agevole “ospitalità” soprattutto nei bar. Questo dato compone un quadro coerente con ciò che è emerso a proposito dell’offerta di gioco nella provincia di Bergamo, nel 2015 risultata più capillare e intensa persino di Milano. La bassa soglia d’accesso – dal punto di vista del costo del tagliando di gioco – poi, fa il resto. Difatti, la spesa in G&V risulta essere la prima per i ragazzi delle Superiori nel loro range di spesa minima: una “modica quantità” a elevata frequenza, dunque.

Il dato più sconcertante che emerge dalla Ricerca, tuttavia, è ancora un altro e sta in una frase contenuta nella elaborazione relativa alle scuole Superiori. Relativamente alla sezione sul “Ruolo dei genitori come veicolatori dell’azzardo”, vi si può leggere: “Vengono sovvertiti i dati invece (rispetto agli altri giochi, ndr) se si tratta di G&V, in questo caso infatti sono i genitori i principali iniziatori per il 54,8% dei giovani”. Un azzardo sicuramente ad alta vocazione intragenerazionale, quello delle lotterie istantanee, dunque ancora più insidioso.

La Società Italiana di Pediatria (SIP) ha riportato i dati di uno studio canadese pubblicato nel 2008 (condotto dal prof. Frank Vitaro, esperto di psicologia clinica dell’Universita’ di Montreal). Lo studio era volto a capire quale fosse l’habitus psichico e comportamentale dei bambini figli di giocatori d’azzardo rispetto ai figli di genitori non giocatori. In esso si dimostrava che i figli di genitori con problemi di gambling presentano tanto in un periodo come quello dell’adolescenza quanto in età giovanile-adulta una maggiore probabilità di depressione ma anche di sviluppare problemi comportamentali e antisociali (bullismo, violenza, non rispetto dei regolamenti del vivere sociale). Non va peraltro trascurato il dato, che emerge dalla letteratura specializzata – avverte sempre la SIP – che figli di genitori giocatori hanno un’aumentata probabilità di divenire giocatori a loro volta.

Uno sguardo sulle città

La sua valutazione complessiva sul modello-Bergamo?
Quello che va smontato è l’argomento – ipocrita e pretestuoso – che ciò che viene regolamentato, in termini di inasprimento dei tempi, del tipo e delle modalità dell’offerta, possa poi dirottare il bacino di utenza, dal mercato legalizzato, a quello clandestino e illegale. Va smontato radicalmente questo tipo di impostazione, in primo luogo, perché crea una mistificazione gravissima inducendo a pensare che chi voglia regolamentare sia colpevole di colludere con il mercato illegale e con la criminalità organizzata (che è, comunque, ben incuneata in questo mercato, essendo stata destinataria anche delle autorizzazioni statali per esercitarne l’attività, alla pari di tutti gli altri attori). È necessario ristabilire la giusta narrativa su questo fenomeno, che è quanto mai carsico e intricato, partendo da una premessa: è l’abitudinarietà, prima, che prosegue con l’affiliazione, poi, che radicalizza una popolazione all’azzardo. È questo tipo di offerta, per come è stata congegnata dai concessionari, a cui lo Stato ha ceduto il passo, che radicalizza la popolazione dei giocatori all’azzardo.

Potrebbe dunque accadere che tra quella messe di persone le più vulnerabili, non potendo soddisfare la propria bramosia nei tempi, nei luoghi e con le modalità autorizzate, possano ricorrere al gioco clandestino; tuttavia, non intervenendo su questi aspetti, l’arruolamento dei cittadini e delle popolazioni all’azzardo diverrà sempre più esponenziale e fuori controllo. Il concetto è: più si crea un’abitudinarietà al “gioco” – che è un aspetto consustanziale a questo tipo di offerta, per come è stata concepita e voluta dai concessionari -, più questa abitudinarietà, affatto naturale, nel momento in cui vi è una restrizione necessitata per limitarne gli aspetti deteriori, viene raccontata con parole come “libertà”, a cui, per descrivere le decisioni dei sindaci, fanno da contraltare altre parole, la più inflazionata delle quali è “proibizionismo”.

Quello che bisognerebbe seriamente fare è porre una responsabilità civile in capo ai concessionari per i danni causati alla salute dei cittadini e al decoro delle città. Invocare la responsabilità amministrativa del sindaco Gori presso la Corte dei Conti per mancati introiti erariali è stato, al contrario, un argomento utilizzato dal Gruppo Lottomatica e dalla Federazione Italiana Tabaccai – gli stessi attori che nel frattempo avevano fatto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dell’Ordinanza – con la motivazione che, dall’entrata in vigore dei provvedimenti comunali, i profitti registrati per spesa dei bergamaschi in azzardo erano diminuiti significativamente (non parlerei di minor gettito fiscale per lo Stato, non credo che l’interesse centrale di un mercato con sedi legali prevalentemente fissate nei paradisi fiscali sia quello).

I concessionari dovrebbero essere responsabili del modo in cui si snoda la filiera produttiva, non può essere che ciò sia vero solo per chi rappresenta il terminale ultimo dell’offerta. A questo proposito, la centralizzazione del controllo finanziario dei flussi di denaro immessi nelle macchine connesse da remoto – come previsto nella proposta all’esame della Conferenza Unificata – è un elemento certamente evolutivo rispetto all’esistente, così come l’aver previsto una rarefazione dell’offerta attraverso la concentrazione dei punti di gioco, oltre a un più stringente sistema di tutela dei cittadini attraverso l’utilizzo della Carta dei servizi. Tuttavia, il piano di riordino governativo è misterioso ancora per troppi aspetti, a partire dalle ore di interdizione quotidiana dell’offerta di gioco (singolarmente, previste nella sola soglia minima di otto), per un’indeterminatezza sui volumi dei locali di gioco, soprattutto se esercizi anche di somministrazione (ogni quanti metri quadri può starci una macchina?), come sulle distanze dai luoghi sensibili. Se questi dati fossero condivisi, agli Enti locali si potrebbe chiedere di predisporre dei veri e propri Piani regolatori dell’offerta già in questa fase, così da avere una rappresentazione reale dell’impatto dell’offerta di azzardo, soprattutto se realizzata da mini-casinò che trovano cittadinanza all’interno delle mura cittadine, nei luoghi a più alta densità di vita. Occorrerebbe prevedere, prima di arrivare al Tavolo tecnico, che l’offerta venga frazionata in più archi della giornata, una clausola, questa, di salvaguardia per cercare di preservare la sanità neurobiologica dei cittadini, così come sarebbe imprescindibile ricomprendere anche le Lotterie istantanee nell’offerta di azzardo, dato che producono dipendenza al pari delle macchine elettroniche.

Chiudo con la sentenza del Tar, attesa tra la seconda e la terza decade di questo mese, con cui la Giustizia amministrativa si esprimerà sui ricorsi che la Lottomatica e la FIT hanno mosso contro il Comune per l’annullamento dell’Ordinanza. Quello che posso dire è che i ricorrenti si sono avvalsi del Parere di un professore associato di Psicologia che lo ha redatto su carta intestata dell’Università, nello specifico: “La Sapienza”. Nel corpo del Parere egli faceva riferimento a un Ente, il CIRMPA (Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla Genesi e lo Sviluppo delle Motivazioni Prosociali e Antisociali), che riceve fondi dalla Lottomatica. Mi ha molto colpita questo scivolamento della funzione pubblica nell’attività privata, con spendita, però, del buon nome dell’Università (oltretutto) pubblica. Facendo una personale ricerca, allarmata da questo sinistro mecenatismo dei concessionari dell’azzardo per la produzione di una pubblicistica di alto profilo scientifico proprio sull’azzardo, ho appreso che il CIRMPA ha la sua sede amministrativa presso l’Università La Sapienza, ma che ne fanno parte molte e autorevoli altre: l’Università degli Studi di Firenze, l’Università di Napoli “Federico II”, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’Università degli Studi di Padova, l’Università degli Studi di Catania, l’Università degli Studi di Torino, l’Università degli Studi della Valle d’Aosta, l’Università degli Studi Roma Tre; che il professor Claudio Barbaranelli, ordinario dell’estensore del Parere, in un suo articolo tratto da Lex and Gaming, già nel 2010 dichiarava di svolgere attività di ricerca finanziata dalla Lottomatica; che, come risulta dai verbali delle sedute che riguardano il Dipartimento della Sapienza presso cui presta servizio il professor Michele Vecchione, che ha firmato il Parere pro Lottomatica, il Nostro è identificato in qualità di “afferente al CIRMPA”.

Ci sta descrivendo un sistema di conflitto di interessi che, però, al di là dei casi di specie tocca tutto il sistema…
Fondazioni culturali, Università, Centri d’arte e di cultura, riviste: è molto ampio il mecenatismo dei concessionari, al fine di produrre studi e ricerche che facciano adombrare l’esistenza di una responsabilità sociale dell’azzardo; il fatto, poi, che questo avvenga attraverso dei Centri interuniversitari dove le persone che vi fanno parte possano produrre dei propri Pareri per invalidare l’attività di un’Amministrazione comunale nelle contese giurisdizionali, com’è accaduto per Bergamo – non impegnando il proprio nome, ma la reputazione dell’Ente -, è deplorevole.

Non c’è coartazione della libertà dei cittadini laddove si regolamenta una dipendenza, c’è coartazione della libertà laddove si congegna un sistema di offerta al pubblico che crea dipendenza. Qualora il Tar dovesse annullare questa esperienza, che pure si è rivelata molto efficace in questi mesi già per la contrazione del consumo di gioco che ha generato – questa, sì, un’affermazione di libertà dei bergamaschi –, ciò provocherebbe, oltre che l’interruzione di un’esperienza così positiva, il ripiegamento verso soluzioni più conservative, che si propagherebbe sul territorio nazionale.

C’è stata molta attesa per l’esito giudiziario di questa vicenda, per conoscere cosa ne sarà dell’esperienza di Bergamo anche da parte dei tanti amministratori che vorrebbero trarre spunti e coraggio da essa; proprio perché la Lottomatica e la FIT sono entrate in campo potentemente, a gamba tesa e con un apparato difensivo arrembante (l’avvocato Torchia è colei che ha difeso RTI nel processo per la strage di Viareggio), si guarda adesso al Tar e alla decisione che prenderà per capire i giri con cui procederà la regolamentazione di questo fenomeno nel prossimo futuro. Un fenomeno per cui l’Italia è diventata un caso di studio a livello internazionale.

In copertina: Thomas Samson/Afp/Getty Images


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