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Daniele Rocchetti

A Bergamo l’integrazione è diventata un giornale

di Anna Spena

"Babel. Bergamo Città dei Mille Mondi" è un giornale semestrale «nato per fotografare una realtà in movimento che non racconta la Bergamo "che ci sarà" ma che esprime bene la "Bergamo che c'è già"» dice Daniele Rocchetti presidente delle Acli di Bergamo. «Babel racconta il cambiamento che sta avvenendo nella nostra città, grazie ai nuovi cittadini del mondo con storie di persone che prima erano immigrati e ora, a pieno titolo, sono cittadini con cui costruire insieme il pezzo di mondo che ci è affidato. Sono il nostro presente. Saranno il nostro futuro»

"Babel. Bergamo Città dei Mille Mondi" è un giornale pubblicato dalle Acli provinciali di Bergamo. E racconta il cambiamento che sta avvenendo nella città grazie ai nuovi cittadini del mondo.

«Le Mura della nostra città», scrive Daniele Rocchetti presidente delle Acli di Bergamo, «nel corso dei secoli sono state il segno evidente di un’apertura, non di una chiusura. Di un’accoglienza e di un’inclusione. Segno di una città capace di fare spazio, aprire le porte, offrire a uomini e donne spazi di condivisione e di dialogo, piazze dove incontrarsi e fare festa. Così sta accadendo alla Bergamo di oggi. Senza che ce ne rendessimo conto, il nostro territorio negli anni recenti è profondamente cambiato. Donne e uomini di origine straniera sono venuti ad abitare da noi, hanno preso casa, fatto figli, investito sull’educazione e sul lavoro, sulla cultura e sullo sport, aperto attività commerciali. Donne e uomini in carne ed ossa, volti con un nome, ciascuno con il suo carico di storia e di memoria, di fede e di tradizione. Donne e uomini che prima erano immigrati e ora, a pieno titolo, sono cittadini. I nuovi cittadini italiani con cui costruire insieme il pezzo di mondo che ci è affidato, tessere terre di mezzo e rifare il patto che ci lega e che dà senso alla nostra convivenza. Questa è, da sempre, la storia dell’uomo».

Come e quando è nata l’dea di Babel?
Babel è nata all'interno dell'esperienza di Molte Fedi sotto lo stesso cielo, il percorso iniziato undici anni fa dalle ACLI di Bergamo. Cento appuntamenti, da settembre a dicembre, a Bergamo e in dodici territori delle valli, per fare i conti con le trasformazioni epocali in atto anche nella comunità bergamasca sempre più segnata da donne e uomini di fedi e culture diverse. Trasformazioni che portano verso un cambio profondo di paradigma e che ci obbligano a decifrare e studiare i cambiamenti, a rifare il patto che lega insieme donne e uomini che abitano una città sempre più plurale. Volevamo dare una speranza alla nostra gente invitandola a guardare con coraggio a ciò che sta avvenendo. Dicendo loro che la strada obbligata, alla faccia dei ministri della paura, è quella della convivialità delle differenze. Nella sola città di Bergamo abitano 20.000 cittadini di origine straniera su una popolazione totale di 120.000. Ogni volta che si parla dell'immigrazione, ci si concentra sul dramma dei rifugiati. Spesso, volutamente, ci si dimentica di migliaia di persone, in carne e ossa, che da tempo vivono stabilmente, abitano i nostri quartieri, accompagnano i figli a scuola, frequentano i loro luoghi di culto, acquistano case, aprono attività commerciali, giocano a cricket o frequentano i centri sportivi. Volevamo "fotografare" questa realtà in movimento che non racconta la Bergamo "che ci sarà" ma che esprime bene la "Bergamo che c'è già".

Ogni quanto uscirà la rivista?
Babel avrà cadenza semestrale. Due volte l'anno per raccontare le buone prassi di integrazione presenti. Una proposta che vorrebbe essere raffinata negli intenti e popolare nella modalità. Un prodotto di qualità, con fotografie prese nei luoghi della città (il mercato, le scuole, i luoghi del tempo libero), con storie di persone che prima erano immigrati e ora, a pieno titolo, sono cittadini con cui costruire insieme il pezzo di mondo che ci è affidato. Sono il nostro presente. Saranno il nostro futuro.

Dove sarà distribuita?
Là dove uno non se lo aspetta. Dal barbiere e dalla parrucchiera, in stazione e nelle scuole, nei ristoranti e nei chioschi di kebab. Chi come noi lavora sui temi dell'inclusione, sa che gli tocca un compito importante: cambiare la narrazione dominante. Bisogna farlo in modo popolare e diffuso, fuori dai soliti circuiti. Occorre raccontare ciò che sta avvenendo alle persone comuni che rischiano di essere in preda alle paura, spesso presunte, del nostro tempo.

Quante copie avete stampato per il primo numero?
Lo sforzo è stato notevole. Così anche l'incoscienza. Abbiamo stampato 15.000 copie

Come lo avete costruito? Perché avete pensato di soffermarvi su cibo; lavoro; preghiera; scuola e tempo libero?
Il gruppo di redazione ha voluto concentrarsi sull'ordinario, sugli ambiti quotidiani dove i processi di integrazione sono da tempo consolidati da non costituire alcun problema. Abbiamo censito decine e decine di ristoranti etnici: dall'indiano al pachistano, dal cinese all'egiziano, dal greco al libanese. Ristoranti frequentati da moltissimi bergamaschi che hanno imparato sempre più a frequentarli e ad apprezzarli. Abbiamo incontrato i responsabili di CNA e di Confcommercio e presentato decine di attività commerciali: da piccoli negozi alimentari a centri di riparazione computer, da stirerie a parrucchieri, da autolavaggi e sartorie. Siamo andati a vedere come tiene (e tiene bene!) la scuola bergamasca, ad ascoltare gli studenti, a raccontare progetti virtuosi di dirigenti e insegnanti. Siamo andati nei centri islamici e nel tempio ravidassi, nelle molteplici chiese evangelicali e pentecostali che raccontano un mondo (in particolare africano) fatto di credenti non sempre presi in considerazione dai cattolici, nei centri buddisti e sikh. Infine, abbiamo mostrato i molti luoghi delle feste dell'incontro. Sono tutti luoghi dove le persone si incontrano nel volto, le storie vengono riconosciute.

Il prossimo numero seguirà lo stesso schema oppure approfondirete anche altri temi?
Siamo già alla ricerca dei luoghi di altre storie, di altre "terre di mezzo". Sono molto più di quante pensiamo. Non siamo ingenui. Ripetiamo spesso che sbagliano coloro che dicono che non ci sono problemi. Sbagliano anche coloro che pensano che l'immigrazione abbia a che fare solo problemi. Come ogni cambiamento, porta in se contraddizioni e possibilità. Però ciò che stiamo vedendo ci racconta che, in nome dei mille volti dell'umano, il futuro è già qui. Basta riconoscerlo.


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