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Pietro Sodano

«Con Brexit addio Erasmus? Una spinta a fare ancora di più»

di Cristina Barbetta

Il 31 gennaio il Regno Unito esce dall’Unione Europea. Tra le conseguenze della Brexit c’è anche la bocciatura del programma Erasmus da parte della Camera dei Comuni del Parlamento britannico. Ne abbiamo parlato con Pietro Sodano, responsabile pubbliche relazioni di Aiesec Italia, che è parte della più grande associazione di studenti al mondo

Manca poco più di un giorno a Brexit: venerdì 31 gennaio, alle 23 ora di Londra, il Regno Unito uscirà dall’Ue, in seguito alla ratifica dell’accordo sul divorzio da Bruxelles da parte del Parlamento europeo, avvenuta il 29 gennaio. L’accordo era già stato firmato dai presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Charles Michel, dal premier britannico Boris Johnson, e ha ricevuto il sigillo reale della regina Elisabetta.

La Brexit ha avuto ripercussioni anche su Erasmus, il programma per l’istruzione e la formazione dell’Unione europea che consente ai giovani di studiare all’estero: la Camera dei Comuni del Parlamento britannico ha bocciato un emendamento all’accordo sull’uscita dello Uk dall’Ue che avrebbe impegnato il governo britannico a continuare a mantenere il Paese all’interno del programma Erasmus.
Nonostante il voto negativo il governo sostiene che continuerà a fare in modo che la Gran Bretagna possa far parte del progetto.

Almeno per l’anno in corso, Erasmus continuerà a essere operativo nel Regno Unito. Infatti, dopo la ratifica dell’accordo sull’uscita dello Uk dall’ Ue, si apre un periodo di transizione (chiamato “transition period”) nel Paese, che va dal 1 febbraio al 31 dicembre 2020, durante il quale Londra continuerà a contribuire al budget dell’Ue, mentre i cittadini dello Uk saranno esclusi dai processi decisionali delle istituzioni europee.

Nel 2017 Erasmus ha coinvolto circa 16.561​ studenti del Regno Unito, che sono andati in più di 30 Paesi, inclusi quelli che non sono membri dell’Ue, come la Norvegia e la Serbia, e nello stesso anno 31.727 europei sono andati a studiare nello Uk. A livello globale nel solo 2018 il programma ha visto la partecipazione di 853 mila persone (dati della Commissione europea). Possono partecipare non solo studenti, ma anche adulti, formatori, scuole, volontari, insegnanti.

Di fronte alla bocciatura di Erasmus come ha risposto il mondo delle organizzazioni studentesche in Italia?
Ne abbiamo parlato con Pietro Sodano, responsabile pubbliche relazioni di Aiesec Italia. Presente in più di 125 Paesi e con oltre 86 mila membri, Aiesec è la più grande organizzazione di studenti al mondo, che realizza progetti di scambio per ragazzi dai 18 ai 30 anni. Nel 2017 Pietro Sodano ha partecipato al programma Erasmus a Cardiff, Galles, Regno Unito: uno scambio di 6 mesi, da settembre a dicembre 2017.

Qual è il tuo bilancio del semestre nello Uk?
È stata un’esperienza che mi ha arricchito molto dal punto di vista culturale e umano, e che mi ha consentito di accrescere le mie competenze. Avere un’esperienza in ambito internazionale sul curriculum fa la differenza nel mercato del lavoro. Gli studenti che prendono parte al programma trovano più facilmente lavoro dopo la laurea.

Com’era il clima in Gran Bretagna quando hai fatto l’Erasmus?
Poco più di un anno prima che andassi a Cardiff c’era stato il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, vinto da coloro che erano favorevoli all’uscita dall’Ue. Era il 23 giugno 2016. All’epoca non si temeva che potessero effettivamente terminare le relazioni tra il Regno Unito e gli altri Paesi dell’Unione europea, soprattutto per quanto riguarda il programma Erasmus.

Qual è stata la reazione di Aiesec Italia alla notizia della bocciatura?
Siamo rimasti scioccati, nessuno si aspettava che saremmo tornati indietro. Per noi è stato un ritorno al passato, al motivo per cui è nata Aiesec. La nostra organizzazione è stata fondata dopo la seconda guerra mondiale, grazie all’iniziativa di un gruppo di giovani studenti che volevano promuovere esperienze in ambito internazionale e facilitare scambi tra culture e idee diverse, per favorire una migliore comprensione interculturale e non tornare al clima buio del conflitto.

Che cosa hanno in comune Aiesec e Erasmus e cosa li differenzia?
Sono progetti diversi che offrono esperienze diverse: Aiesec propone tirocini in imprese e startup ed esperienze di volontariato, mentre Erasmus consente ai giovani di studiare all’estero. L’obiettivo però è lo stesso: favorire scambi internazionali che possano portare a una maggiore comprensione interculturale.

Che cosa significa per la vostra associazione la bocciatura a Erasmus?
Per Aiesec bloccare l’opportunità di avere scambi per i giovani significa porre fine allo sviluppo di una leadership responsabile, che consente di crescere persone consapevoli, in grado di portare un cambiamento nel mondo. Perdere quest’opportunità appiattisce il bagaglio di competenze che si portano nel mondo del lavoro. Pensiamo che questa bocciatura abbia respinto il valore della comprensione interculturale, per il quale Aiesec sta lottando da tanto tempo, e per cui è nato anche Erasmus.

Come organizzazione di studenti cosa pensate di fare per contrastare gli effetti negativi di questa decisione?
Questa bocciatura è una spinta a cercare di fare ancora di più, una spinta a realizzare ancora più scambi internazionali, e a sensibilizzare di più i ragazzi sull'importanza di queste esperienze. Oltre a Erasmus, ci sono altre opportunità internazionali per i giovani, da Aiesec a molte organizzazioni di scambio internazionale, come Youth Action for Peace, Cisv, e Egea.

Che impatto avrà questa decisione da parte del Regno Unito sulla relazione con l’Ue?
Un impatto molto negativo perché Erasmus è un modo per avvicinare non solo i Paesi europei, ma anche quelli che non fanno parte dell’Unione. Infatti partecipano al programma anche Paesi che non sono membri Ue, come Turchia, Islanda, Norvegia e Serbia.


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