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Giulia Barbucci

«Persone e lavoro al centro del processo decisionale in Europa»

di Cristina Barbetta

Intervista alla nuova vicepresidente con delega al bilancio del Comitato economico e sociale europeo. Sindacalista Cgil dal 1989, le priorità del suo mandato al Cese sono la difesa dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e la parità di genere

«Credo che l’Unione europea e il suo modello sociale, che è unico al mondo, sia il solo che possa contenere i costi umani e sociali della pandemia. Anche in questa crisi profonda l’Unione europea rimane un progetto politico, sociale ed economico positivo. È nostra responsabilità dimostrarlo ai cittadini europei». Così Giulia Barbucci, nuova vicepresidente con delega al bilancio del Comitato economico e sociale europeo (Cese). «L’Europa deve tornare a essere un posto in cui ognuno ha l’opportunità di migliorare la sua condizione sociale, attraverso la creazione di impieghi di qualità, aprendo il mercato del lavoro ai giovani e ai disoccupati ma soprattutto alle donne, perché l’uguaglianza di genere è uno dei fondamenti della sostenibilità sociale», spiega Giulia Barbucci.

I 329 membri del Cese, riuniti in assemblea plenaria, hanno eletto il 28 ottobre i tre membri della presidenza che guiderà il Comitato per due anni e mezzo, fino ad aprile 2023. La vicepresidente al bilancio affiancherà l'austriaca Christa Schweng, eletta presidente del Comitato economico e sociale europeo, e l'irlandese Cillian Lohan, vicepresidente con delega alla comunicazione.

Giulia Barbucci lavora dal 2001 come funzionaria presso il dipartimento Politiche europee e internazionali della Cgil, organizzazione sindacale in cui ha iniziato a lavorare nel 1989. Membro del comitato esecutivo della Confederazione europea dei sindacati (Ces), è consigliera del Cese dal 2015. A luglio 2020 è stata relatrice del parere sulla strategia per la parità di genere nell'Unione europea, presentata dalla Commissione. In questo parere il Cese dichiara che la Commissione deve assicurarsi che la strategia prenda in considerazione le ripercussioni negative della crisi per quanto riguarda l’uguaglianza di genere ed evidenzia come la prospettiva di genere debba essere integrata in tutte le misure di ripresa degli Stati membri. Abbiamo parlato con Giulia Barbucci il giorno della sua elezione a vicepresidente del Cese.

Vicepresidente, quali sono le priorità del suo mandato?
Sono una sindacalista, vengo da una storia di protezione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, quindi la mia sensibilità continua a essere orientata verso la loro difesa. Ci troviamo in una situazione molto grave a causa della pandemia e ovviamente le persone che ne fanno le spese sono i lavoratori. Purtroppo abbiamo di fronte una crisi a livello dell’Unione europea e a livello mondiale, e questo ha conseguenze sul lavoro. Le persone perdono il lavoro o vedono ridotto il loro orario di lavoro, e di conseguenza anche il loro reddito viene ridotto. Si continua a fare ricorso al lavoro precario, che è in aumento. Altra priorità del mio mandato è la parità di genere. Le donne stanno pagando un prezzo altissimo a causa delle pandemia. Molte lavorano nei servizi essenziali, nella sanità, oppure in casa, dove devono occuparsi anche di figli e genitori.

Quali tematiche dovrà affrontare il Cese?
Dobbiamo stare molto attenti perché durante la prima ondata della pandemia, quando quasi tutta l’Europa era in lockdown, prendevamo come esempio, come eroi le persone che lavoravano nei servizi essenziali. Dicevamo che la crisi portata dal Covid ci avrebbe insegnato a essere migliori, e che ci aveva offerto una grande opportunità di cambiare quello che non funziona nella nostra società, e le distorsioni di un sistema economico che aveva messo il profitto di pochi al primo posto e aveva lasciato indietro moltissime persone. Ora, di fronte a un secondo lockdown, ci domandiamo se sarà davvero così. Non ci dobbiamo dimenticare di queste persone, perchè ora che c’è una seconda ondata di pandemia ci ritroviamo a utilizzare le stesse modalità di prima. Quindi credo sia necessario un cambiamento. L’Unione europea da questo punto di vista potrebbe fare molto, sia con i suoi piani di investimento sia con alcune legislazioni e direttive.

A che cosa si riferisce in particolare?
Penso alla strategia europea sulla parità di genere, iniziativa lodevole dell’Ue. E vedo che rispetto alla direttiva sulla trasparenza salariale c'è un ritardo della Commissione, e questo non è accettabile. In tempi di pandemia sono le donne che stanno pagando un prezzo altissimo. Non è accettabile che le donne abbiano, a parità di lavoro, una differenza salariale così ampia come è attualmente. Questo divario deve essere colmato. Dobbiamo lavorare per l'attuazione dei principi del Pilastro europeo dei diritti sociali. Ieri (il 27 ottobre, ndr) è stata presentata dalla Commissione europea la bozza di direttiva sui salari minimi, ma bisogna stabilire delle soglie al di sotto delle quali non si possa andare. Credo che la Commissione avrebbe dovuto estendere la contrattazione collettiva a tutta l’Europa.

Quali sono ora le maggiori priorità dell’Ue?
C’è un ritardo sull’accordo sul Recovery Fund, e sul Quadro finanziario pluriennale dell’Ue, ma siamo in una situazione in cui non ci possiamo più permettere dei ritardi. È necessario approvare il prima possibile il quadro finanziario pluriennale e arrivare a un accordo sul Recovery Fund. Di fronte a una seconda ondata di pandemia, che sta colpendo tutta l’Europa, bisogna agire il prima possibile. I fondi servono subito,

Quale ruolo ha l'Unione europea in questo momento storico?
Siamo in un momento in cui la democrazia rappresentativa sta attraversando una crisi di credibilità; penso all’Unione europea, ai partiti politici, alle organizzazioni sindacali e a quelle imprenditoriali. Io invece sono convinta che l’Europa e l’Ue possano essere la risposta perchè l’Ue è ancora un progetto politico, sociale e culturale. Quello che manca a livello di Ue è la centralità delle persone e del loro lavoro, che devono essere messi al centro del processo decisionale. Penso che il Cese possa giocare un ruolo molto importante.

In che modo?
Le ragioni che hanno portato alla creazione del Cese nel 1957 sono più attuali che mai: fornire un forum istituzionale per la consultazione della società civile in modo che i suoi pareri potessero essere presi in considerazione nelle scelte politiche e legislative del futuro. In quanto comunità di Stati europei, anche il Cese è parte della partecipazione democratica, e dobbiamo prenderci questa responsabilità molto seriamente, soprattutto in una fase storica come quella presente in cui la democrazia rappresentativa sta soffrendo una crisi di credibilità.


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