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Rione Sanità

Qui esiste un modo di agire che commuove prima di convincere

di Anna Spena

A Napoli in questo rione difficile Antonio Loffredo, un parroco illuminato, si è messo alla guida dei giovani del quartiere. Insieme ne stanno cambiando le sorti: lo trascinano via dalla marginalità atavica che l'ha sempre caratterizzato. Educazione. Arte. Musica. Teatro. Alla Sanità nessuno viene lasciato solo. «Ragazzi insegnano agli altri ragazzi la parola», dice Loffredo. «Perché la povertà educativa esiste e la criminalità pure e non lo nascondiamo. Ma io ritengo che in certi posti dove c’è uno svantaggio maggiore si avverte prima il disagio ma prima arrivano anche le risposte»

Sul numero di Vita di marzo raccontiamo i “Distretti sociali Made in Sud”. Siamo stati travolti da un vortice di esperienze bellissime da Palermo a Lamezia Terme, da Matera a Foggia. Luoghi dove la produzione di servizi di welfare coincide con la riattivazione sociale ed economica del territorio. Uno di questi è il Rione Sanità, un quartiere che si estende per 3 chilometri quadrati con una densità abitativa altissima.

Accucciolato sotto la collina di capodimonte di Napoli ci vivono 30mila persone. Pensate che qui, in quello che è sempre stato un quartiere dentro il cuore della città ma allo stesso tempo emarginato da tutti, un gruppo di ragazzi guidati da padre Antonio Loffredo, un parroco ribelle e illuminato, ha messo in piedi quello che si chiama il “Miracolo del Rione Sanità”.

Nel 2006 padre Antonio e un gruppo di sei giovani volontari nati e cresciuti alla Sanità decidono di fondare insieme la cooperativa sociale La Paranza Onlus. Vincenzo Porzio, aveva 19 anni allora. Ed oggi che di anni ne ha 33 è diventato il responsabile di tutto l’ufficio comunicazione e marketing delle Catacombe di San Gennaro. «Nel Rione Sanità», racconta, «la tutela e la rivalutazione del patrimonio storico artistico non può prescindere dagli interventi di sviluppo occupazionale e sociale. Sono questi gli unici strumenti che possono stimolare nella comunità locale la volontà di uscire da un isolamento culturale che dura da generazioni».

Nessuno conosce un territorio meglio di chi lo vive. Nessuno lo sente così suo da volerlo riscattare agli occhi di tutti tanto quanto i ragazzi che, se dall’esterno li chiamano “scugnizzi”, visti da dentro, visti con gli occhi di padre Antonio, sono l’unica possibilità che ha il quartiere per rinascere. «Il disegno strategico che si intendeva seguire fin da quando ci siamo costituiti come cooperativa», spiega Vincenzo, «era quello di recuperare tutti i beni, valorizzarli per poi immettere in un circuito economico il patrimonio».

Prima che la cooperativa La Paranza prendesse in gestione il bene, i visitatori delle catacombe non raggiungevano 5mila l’anno. Il 2017 invece i ragazzi l’hanno chiuso con 105mila ingressi ed un fatturato di 600mila euro. Più ingressi significa più lavoro; più lavoro vuol dire nuove forze giovani da mettere in campo. Da sei volontari, sono diventati 27 assunti con regolare contratto. Dal 2008 ogni anno sono cresciuti del 30%. «I primi due mesi del 2018», ammette Vincenzo con un orgoglio genuino, «abbiamo registrato il 70% in più di ingressi degli stessi mesi dello scorso anno: e siamo in bassa stagione». Ma questo è stato possibile solo grazie ai ragazzi, all’attenzione e la cura che si ha per loro anche quando sono bambini. L’esperienza della cooperativa è stata possibile solo perché a realizzarla sono stati quegli stessi ragazzi che da bambini sono stati accolti dalla parrocchia. Ed i ragazzi che ci lavoreranno domani saranno quelli che oggi stanno crescendo con il teatro, o ancora con Sanitansamble, Il Grillo parlante, o ancora la casa dei Cristallini…

Tutto nasce con “l’educazione”…
In una casa canonica della chiesa di Santa Maria della Sanità la cooperativa il Grillo parlante autofinanzia un progetto per accogliere i ragazzi dai 6 ai 18 anni. Nella confusione tipica e goliardica del luogo Rosaria di Costanzo, che gestisce il progetto, ci racconta: «L’attività principale è quella dello “spazio studio”. Noi lavoriamo tantissimo con le scuole e le famiglie contro la dispersione scolastica». La presa in carico è globale: «Lavoriamo sulle famiglie, non solo sul singolo minore. La svolta è sul genitore ma è un lavoro duro. Le famiglie sono matriarcali madri perché i padri o sono agli arresti domiciliari o in galera o non ci sono mai per lavori quasi tutti illeciti. E poiché la madre si occupa dei figli, far entrare la figura di un educatore in quella relazione non è mai facile, affidarsi a lui è un lavoro complesso».
Con le madri la cooperativa organizza uscite e giornate insieme agli operatori. Dopo una fase inziale, che dura anche un paio di anni, le madri iniziano a fidarsi. «Ma i bambini ce li portano fin dall’inizio», continua Rosaria di Costanzo. «Loro non hanno gli strumenti per seguirli, e neanche il tempo. Anche loro fanno tanti lavoretti per arrotondare. E poi spesso hanno tanti figli». Attualmente nella casa ci sono 50 bambini. «Abbiamo una lista d’attesa lunghissima e 35 casi su 50 sono veramente complicati. La povertà estrema e la criminalità qui sono problemi all’ordine del giorno. E noi con ogni ragazzo portiamo avanti programmi individualizzati che ogni tre mesi rivediamo. Qui nessuno viene abbandonato a se stesso».

L’arte
Proprio in questo crogiuolo di strade contraddittorie, dove l’arte e la malavita si incrociano ad ogni angolo, incuranti l’una dell’altra, è nato due anni fa il Nuovo Teatro Sanità, un teatro di circa ottanta posti, ricavato all’interno di una chiesa settecentesca con una splendida pavimentazione dell’ottocento, rimasta abbandonata per decenni. Nel 2013, padre Antonio Loffredo, decide di affidare la gestione della struttura ad un gruppo di professionisti del settore teatrale, che capitanati dal direttore artistico Mario Gelardi, ha condotto sul palco di piazzetta San Vincenzo nomi rilevanti del panorama artistico locale e nazionale, tra i tanti Marina Confalone, Lalla Esposito, Enzo Moscato, Gea Martire, Diego De Silva, Giulio Cavalli, Renato Carpentieri, Nello Mascia, Cristina Donadio, Roberto Saviano, Toni Servillo.

Il teatro è gestito da un gruppo formato da giovani sotto i trent’anni coadiuvati da un gruppo di professionisti del settore teatrale. Sono tanti gli artisti che sono passati dal palcoscenico di piazzetta San Vincenzo alla Sanità e molti, innamoratisi del progetto, hanno voluto prestare la loro professionalità solo per passione e senza alcun guadagno, per far crescere questo luogo di cultura e dare nuova linfa ad un progetto ambizioso che è ormai avviato sulla strada della realizzazione effettiva. Tutto questo resistendo ad una mentalità che vede l’arte e la cultura come una nemica: prospettare una via di uscita, mostrare il bello e non solo il brutto del Rione Sanità è una gioia e un dovere! Attualmente più di 30 ragazzi e una sessantina di bambini, seguono i corsi del teatro, tutti assolutamente gratuiti. Laboratori non solo di recitazione, ma anche sui diversi mestieri del teatro. Questo vero e proprio “teatro di comunità”, è un luogo dove si studia, si cresce, si impara un lavoro. Un presidio sociale e culturale in un rione che ha una delle percentuali di abbandono scolastico più alte d’Europa, da 32 al 37% (dati Save the children”).

La Musica
Il progetto Sanitansamble nasce nel 2008 nel Rione Sanità di Napoli. Si ispira all’esperienza di “El Sistema” un modello didattico con accesso gratuito per bambini e ragazzi ideato in Venezuela dal Maestro José Antonio Abreu che promuove la pratica collettiva musicale come mezzo di organizzazione e sviluppo della comunità in aree e contesti sociali difficili. Sanitansamble conta oltre 80 giovani, tra bambini e adolescenti dai 7 ai 24 anni, musicisti di due formazioni orchestrali (Orchestra Junior e Orchestra Senior) che, sotto la guida di 14 maestri e del direttore, il maestro Paolo Acunzo, hanno portato avanti in questi anni un percorso di successo che li ha visti esibirsi per il Santo Padre Papa Francesco, per il Presidente Emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano e in molti prestigiosi eventi e concerti in teatri locali e nazionali. La grande avventura di Sanitansamble nasce grazie all’intuizione di Eusebio Brancatisano e Maurizio Baratta, alla volontà di Ernesto Albanese, presidente de L’Altra Napoli Onlus, e all’impegno di padre Antonio Loffredo, parroco della Basilica di Santa Maria della Sanità, che affidano al maestro Baratta il compito di costituire la squadra dei maestri per dare inizio alle attività laboratoriali e coinvolgendo bambini e ragazzi del Rione Sanità di Napoli, che in precedenza non avevano alcuna conoscenza musicale. Nel marzo 2014, dopo sei anni di esperienza e numerosi riconoscimenti, viene fondata l’Associazione Sanitansamble, un’associazione che raccoglie tra i suoi soci L’Altra Napoli Onlus la Parrocchia Santa Maria della Sanità e la Fondazione Pianoterra Onlus oltre che persone fisiche che danno un contributo fondamentale alla vita associativa sin dalle prime fasi di vita dell’orchestra. Anche Sanitansamble accoglie giovani e giovanissimi del Rione Sanità di Napoli, un quartiere spesso associato a storie di degrado e marginalità. Inizialmente, l’orchestra era costituita da 28 bambini fra gli 8 e i 14 anni, ma nel corso degli anni il gruppo orchestrale è cresciuto fino ad arrivare all’attuale composizione. Nel 2015 è nata la nuova Orchestra Junior (dai 5 ai 12 anni) che è andata affiancandosi al nucleo storico.

Le idee camminano con le persone
C’è un grande orgoglio in questi giovani che hanno fretta di fare e che in un quartiere duro per davvero hanno trasformato lo svantaggio in quel valore in più. «Le idee camminano con le persone», dice padre Antonio. «Questi ragazzi stanno spezzando l’atavica marginalità del quartiere. Sono loro che lasciano trionfare la bellezza. Portano quel valore nelle case, insegnano agli altri ragazzi la parola perché la povertà educativa qui esiste e noi non lo nascondiamo. E io li capisco, perché io sono come loro. Io ritengo che in certi posti dove c’è uno svantaggio maggiore si avverte prima il disagio ma prima arrivano anche le risposte. È una questione di cultura. Come si ragiona qua? Qua si ragiona la pancia. Quello di Rione Sanità è un progetto bellissimo. E la nostra gente più di utilizzare la via razionale utilizza è la via della pancia, degli occhi, delle orecchie. È la via delle emozioni che porta alla crescita. C’è un altro tipo di sentire».
​Passate per Rione Sanità. Lì esiste un modo di agire che commuove prima di convincere.


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