Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Calcio

L’Asd Rom Lamezia vince lo scudetto dell’integrazione

di Antonietta Nembri

Il goal più bello della squadra allenata da Massimo Bevilacqua è far giocare insieme bambini del campo nomadi e non del quartiere Ciampa di Lamezia Terme. Con una peculiarità: «Una scuola calcio è un luogo che deve educare, non cercare il campione a ogni costo», come dice l'allenatore Bevilacqua. Un’esperienza sostenuta dalla Comunità Progetto Sud e dalla Fondazione Con il Sud

Uno stadio che incita, che tifa per te mentre esulti per un goal fatto. È questo il sogno di tanti ragazzini che tirano calci a un pallone in un campetto. Un sogno certo, che diventa realtà per pochi. Tuttavia il gioco resta una passione che per alcuni continua per tutta la vita, magari evolvendosi e diventando qualcosa di più: un momento che oltre lo svago offra un’occasione di crescita, di integrazione e di riscatto. Ed è quello che è capitato a Massimo Bevilacqua, quarantenne di Lamezia Terme, oggi allenatore e tra i fondatori nel 2012 dell’Asd Rom Lamezia, una scuola calcio molto speciale del quartiere Ciampa.

Bevilacqua è un rom cresciuto a Lamezia. «Giocavo in promozione. Sfondare nel calcio era il mio sogno», ricorda: «Quando ero piccolo, grazie a Dio, con altri quattro ragazzi rom del campo ho potuto frequentare la scuola calcio dell’Interclub (ma io sono juventino – chiosa), all’inizio gli altri bambini ci guardavano per così dire con il binocolo, poi non solo siamo diventati compagni di squadra, ma crescendo eravamo sempre più uniti». Per Bevilacqua gli anni della scuola calcio sono stati importanti, giocava con il fratello più piccolo che, dice con orgoglio «ha avuto grosse possibilità. Io invece ho avuto la mia carriera nel calcio amatoriale, ma il mio desiderio è sempre stato quello di fare una scuola calcio, di allenare».

A dare forza al progetto un’idea: «Togliere i bambini dalla strada per dargli una spinta, farli uscire dal campo». Un sogno quello di Bevilacqua che nel 2012 vede la luce. «All’inizio facevo tutto io con un amico non rom, ma con l’inizio del campionato c’era il problema dell’iscrizione, dei tesserini, l’assicurazione e così ho chiesto aiuto alla Comunità Progetto Sud di don Giacomo Panizza e loro mi hanno aiutato. Hanno un cuore veramente aperto». Nel primo anno della scuola calcio i bambini iscritti erano 28, due le categorie: pulcini ed esordienti. «Ma non c’erano solo i rom», precisa Bevilacqua. «Alla scuola erano iscritti anche otto italiani (così chiama i non rom – ndr.) e due rumeni. Tra i bambini non c’erano differenze». L’integrazione si fa anche così dal basso, tirando calcio a un pallone, dove l’importante non è chi si è per etnia o nazionalità, ma quello che si fa e in una squadra di calcio, anche tra bambini, ciò che conta è fare goal.

Per permettere a tutti di frequentare la scuola calcio la soluzione trovata era quella di non far pagare ai bambini rom una quota, i genitori degli altri pagavano 10 euro mensili per i tre allenamenti settimanali «ma volevo che anche i bambini rom capissero il valore di partecipare, per questo chiedevo loro di portare 50 centesimi a ogni allenamento». In questi anni l’Asd Rom Lamezia è anche sulle figurine «era stato fatto un album, come per i calciatori importanti» (nella gallery alcune immagini).

Nel 2014 l’incontro con la Fondazione Con il Sud «anche loro ci hanno dato una grossa mano per i kit sportivi», continua Bevilacqua. Non è sempre facile far andare avanti la società sportiva. Servono fondi per le iscrizioni ai vari campionati, ma una cosa per l’allenatore lametino è imprescindibile: «Anche una scuola calcio deve educare», dice convinto. «Un bambino non va buttato in campo per fare goal a tutti i costi, o difendere la porta in qualsiasi modo. Ho fatto l’operatore sociale per una decina d’anni e so che cosa vuol dire», insiste. «Bisogna imparare a salutare l’avversario, anche quando ti fa un fallo. Spiegare le regole del fairplay». È anche per questo che quando fa troppo caldo o piove invece degli allenamenti si fanno altre attività «non siamo alla ricerca esasperata del campioncino» rimarca.

Adesso i ragazzini rom e non che frequentano la scuola calcio sono una ventina «ci stiamo allenando ma per il momento non abbiamo la possibilità a livello economico di iscriverci ai campionati», ammette Bevilacqua «spero che anche questa volta la Comunità di don Panizza o la Fondazione mi diano una mano. Ci potremmo iscrivere anche al campionato di calcio a 5».

1/3

La chiacchierata con Massimo Bevilacqua sta per concludersi, ma prima di chiudere la telefonata l’allenatore di questa scuola calcio che non insegna solo a fare goal vuole fare un appello: «Ci alleniamo sul campetto comunale che abbiamo in gestione, ma è in terra battuta ed è spelacchiato. Sarebbe bello che ci fosse uno sponsor o qualcuno che ci donasse un campo in erba sintetica. Ho visto che in altre periferie è successo».
Non perde la speranza che anche il campetto del quartiere Ciampa di cavallo di Lamezia Terme diventi più bello. Bello come una squadra di calcio che ha segnato il goal più importante quello dell’integrazione capace di abbattere i muri.


Nell'immagine l'Asd Rom Lamezia con l'allenatore Massimo Bevilacqua


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive