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“Tutte le ore del mondo”, un racconto che sa di futuro

di Antonietta Nembri

Nelle immagini del fotografo Gerald Bruneau i momenti salienti della vita quotidiana di dodici famiglie, italiane e straniere, che vivono in un piccolo comune alle porte di Milano sede del progetto “Kiriku – A scuola di inclusione”. Protagonisti delle fotografie i bambini, le loro famiglie e abitudini, dal risveglio all’ora della nanna nella mostra dedicata ai "Ritratti di accoglienza, relazione e cura nella Baranzate multietnica”

Quartiere Gorizia di Baranzate, comune alle porte di Milano, qui vivono persone provenienti da tutto il mondo. Il 33% dei residenti è rappresentato da migranti e proprio in questo territorio è attivo un progetto rivolto ai bambini da 0a 6 anni e ai loro genitori, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo nazionale per il contrasto alla povertà educativa minorile dal titolo “Kiriku – A scuola di inclusione”. E ai protagonisti di questo progetto e alla vita di un’intera comunità è dedicata una mostra fotografica ideata e curata da fondazione Bracco con l’Associazione La Rotonda.
Visitando la mostra “Tutte le ore del mondo – Ritratti di accoglienza, relazione e cura nella Baranzate multietnica”, infatti, si possono ammirare 26 fotografie di Gerald Bruneau che raccontano in un dialogo in parallelo le diverse ore della giornata, i momenti clou della vita dei bambini e delle loro famiglie, dodici nuclei familiari italiani e stranieri ripresi dal risveglio all’ora della nanna e poi in tutte le attività quotidiane dal gioco ai pasti, alle visite mediche.

Don Paolo Steffano, parroco di Sant’Arialdo (Baranzate) osserva che: «Alle 6 del mattino suona la sveglia in tante case del Quartiere Gorizia, il risveglio è lo stesso per tutti, eppure la sua declinazione sa di cultura, perché capace di disegnare contesti completamente diversi. Gli scenari in cui avvengono le azioni quotidiane sono spesso i medesimi: la casa, la scuola, la biblioteca, lo spazio mamma bambino, l’oratorio: i bambini, i genitori, i nonni sono diversi, ognuno di loro è portatore di un’unicità da valorizzare e scoprire. I luoghi senza relazioni non sono altro che scenari muti destinati a passare inosservati: le relazioni invece sono ciò che li anima e rende vivo il Quartiere. Gli spazi infatti possono essere allestiti e organizzati per favorire gli incontri. Anche le abitazioni, pur nella loro semplicità, fanno trasparire il desiderio di chi le abita di accogliere l’altro».

Il reportage di Bruneau – visitabile nella mostra, aperta fino al 30 giugno al Cdi (Centro Diagnostico Italiano) di via Saint Bon a Milano – conduce lo spettatore in un viaggio che senza spostarsi da Baranzate che tocca tutto il mondo: dall’Ecuador all’Italia, dal Marocco al Perù, dalla Romania al Salvador, dal Senegal alla Somalia e allo Sri Lanka. Colori, lingue, abitudini e costumi completamente diversi, uniti dalla voglia di mettere radici in un luogo globale attraverso i più piccoli e i loro legami.

Ogni azione della giornata è raccontata da una coppia di fotografie che unisce due famiglie di nazionalità differenti in un dialogo immaginario, da cui emerge il desiderio di conoscenza e inclusione. E si inizia con il risveglio, quello di Beatrice (3 anni), raccontata da suo padre Giorgio «qualche coccola e a volte con la musica» e quello della piccola Mamediarra (2 anni), nelle parole della mamma Mareme «La mia piccola è il sole di ogni mattina». E poi c’è la colazione (nella foto quella di Pierluigi e Giorgio, raccontata da mamma Claudia) con la maca, una polvere che deriva da una pianta seccata che Claudia si fa portare da un conoscente peruviano. «Si scioglie nel latte e dà energia. Ha il colore della polvere di cacao, ma un gusto più forte….».

Ci sono i giochi in casa e la scuola che a Baranzate, ricorda il catalogo “grazie alle tante etnie che vivono nel territorio, diventa anche occasione di confronto quotidiano tra genitori e istituzione scolastica. Per una comunità educante, riuscire a parlare la stessa lingua è fondamentale, ma qui non è sempre possibile. Per questo le insegnanti, oltre alle loro competenze didattiche, devono dotarsi di grande intuito e fantasia per poter comunicare anche con i gesti e le espressioni. Le pareti delle aule raccontano le attività che le maestre propongono ai piccoli alunni per stimolarne la creatività e allargare i loro orizzonti”. Il fotografo Bruneau confida: «È stato emozionante, all’uscita dalla scuola, vedere bimbi di ogni colore correre tra le braccia delle madri sfiorando i loro abiti, tra la variopinta fierezza africana e la schiva compostezza musulmana»


A sinistra Assane, sarto senegalese, e la figlia Lyssa quattro anni – a destra Alexandra con Carlos Andres (Ecuador) e un rimedio naturale a base di cipolla con miele

C’è il pranzo, il gioco (nell'immagine in apertura i bambini che giocano a calcio nel campo sintetico dell'oratorio parrocchiale) e la visita dal pediatra, ma anche la preghiera e la buona notte il tutto declinato in questo apparente giro del mondo senza spostarsi dalle porte di Milano.
«Da chimica non mi stancherò mai di stupirmi del potere delle reazioni, e del mistero di creare qualcosa di nuovo con ingredienti noti», afferma Diana Bracco, presidente di Fondazione Bracco. «I piccoli Kiriku, ritratti dal grande Bruneau, fanno proprio questo: attraverso linguaggi e gesti abituali, avvicinano ogni giorno i confini geografici senza per questo dimenticarli, potenziando una reazione che tocca grazie a loro anche i genitori, gli insegnanti, il mondo adulto, la comunità tutta» conclude Diana Bracco, raccontando l’impegno di Fondazione Bracco per i territori ai margini, di cui l’intervento a Baranzate, avviato nel 2016, costituisce una delle esperienze continuative.
La mostra offre l’opportunità di attraversare i confini attraverso i gesti che hanno come orizzonte un luogo in cui, sottolinea Gerald Bruneau «l’accoglienza non è più un’utopia, tutto si tinge di colori diversi». Per il fotografo: «È sempre una sfida testimoniare in immagini la vita in movimento e l’intimità delle persone. Grazie a questo progetto di mostra, ho potuto accostare empaticamente le vite di questi piccoli Kiriku e ho visto bambini immersi in un mondo multicolore vivere senza conflitti le diversità al loro interno, passando con naturalezza dalla dimensione multietnica a quella familiare, che custodisce nei gesti quotidiani identità e tradizioni».

Da parte sua don Paolo Steffano osserva come «In un quartiere di periferia come il nostro, la sfida quotidiana sta nell’allestire e nel far rivivere, attraverso progetti e azioni, spazi di socialità». Un luogo in cui il progetto Kiriku, continua il parroco «ha permesso a questo lavoro, iniziato quindici anni fa, di trovare nuovi luoghi da contaminare concentrando lo sguardo sulla primissima infanzia. Lo stile è il medesimo che contraddistingue il lavoro in quartiere: la relazione, lo scambio reciproco, la vicinanza spaziale, il sentirsi ascoltati fa nascere vere e proprie occasioni di cambiamento e ripartenza, interrompendo così il circolo vizioso della povertà educativa».

“Kiriku – a scuola di inclusione” è un progetto triennale partito nel 2018, rivolto ai bambini dagli 0 ai 6 anni e ai lori genitori, e promosso da una rete di partner pubblici e privati, tra cui: l’Associazione “La Rotonda, Fondazione Bracco, Centro Diagnostico Italiano (CDI), Comune di Baranzate, Istituto Comprensivo “Gianni Rodari” di Baranzate, Politecnico di Milano – Tiresia, Museo Poldi Pezzoli e Parrocchia “Sant’Arialdo” di Baranzate, con il sostegno dell’impresa sociale Con i Bambini. Le attività su cui i partner hanno scelto di agire sono: la salute, l’apprendimento e la cultura, l’autonomia e la partecipazione. Al momento sono stati coinvolti 371 bambini oltre ai loro genitori e insegnanti.

Andare a letto è un momento di gioia i bambini giocano tra loro fino all’ultimo nel lettone. La piccola Mamediarra si addormenta mentre le canto le canzoni del mio paese.

Mareme, Senegal

Tutte le immagini sono di @FondazioneBracco_GeraldBruneau


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