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Innovazione sociale

A Partinico, in Sicilia, la food forest nel fondo confiscato alla mafia

di Alessandro Puglia

Dalla sinergia di due cooperative in un’area di cinque ettari nascerà la foresta sostenibile dove oltre al recupero del patrimonio naturale già esistente verranno piantati 1500 tra alberi, piante erbe aromatiche. Per dare vita a un agrosistema in grado di essere autosufficiente. Un modello ideale replicabile per la gestione del suolo e per accrescere la biodiversità

La Sicilia riscopre le sue foreste. A Partinico, in provincia di Palermo, nascerà infatti la prima food forest strutturata dell’isola. Un agrosistema che si estenderà in circa cinque ettari di terreno e che oltre al recupero del patrimonio naturale già esistente prevede la piantumazione di oltre 1500 tra alberi, piante, arbusti ed erbe aromatiche.

La "food forest siciliana", nasce dall’unione di due realtà: la cooperativa agricola Valdibella e la cooperativa sociale NoE (No Emarginazione). Quest’ultima nel 1998 si è vista affidata dal comune di Partinico la vasta area di terreno, chiamata Fondo Parrini, confiscato al clan Madonia.

«Come spesso capita nel lungo iter dell’assegnazione dei beni confiscati, ci siamo trovati davanti la gestione di una vastissima area, ma senza alcun bene mobile, nel nostro caso senza una motozappa o un trattore. Era una situazione difficile, le banche non ci sostenevano, così ho pensato che l’unica soluzione per rigenerare quel fondo era fare rete con la cooperativa Valdibella che conoscevo già per la sua esperienza e per i principi etici comuni nella lotta alla mafia», spiega Carla Montelone, 57 anni, agronoma già presidente di NoE.

Le due cooperative hanno individuato nella food forest il modo migliore per utilizzare quel fondo attraverso anche l’intuizione dell’ecologo brasiliano Rafael da Silveria Bueno. Insieme dopo aver perlustrato il fondo decidono che lì dovrà nascere un sistema agroforestale per recuperare l’armonia della natura già ascritta e arricchendo la biodiversità.

Massimiliano Solano, presidente di Valdibella si è così subito attivato sul canale di crowfunding svizzero wemakeit dove in poco tempo è riuscito a raccogliere 60 mila euro. Oggi il progetto è sostenuto economicamente da FPT Industrial, marchio che fa parte del gruppo CNH Industrial attraverso l’iniziativa di Slow Food Italia che qui ha individuato la prima comunità del cambiamento, mentre l’associazione ZeroCo2 contribuirà all’adozione di circa trecento specie di piante e alberi.

«L’entusiasmo che ha scatenato la food forest ci ha veramente sorpreso e recuperare i fondi è stato molto meno difficile di quanto pensavamo inizialmente. Ci ha colpito come tante persone hanno manifestato il desiderio di avvicinarsi al cibo sano per il proprio connotato etico e sostenibile», spiega Solano.

Seguendo i ritmi scanditi dal calendario agricolo nella food forest dove all’interno si estenderà una vera e propria macchia mediterranea verranno piantate alcune delle varietà di alberi più antiche insieme a ulivi, frassini da manna, noci, agrumi dal pompelmo rosa all’arancia tarocco, corbezzoli, piantagioni di passiflora, fino all’impianto di 160 esemplari di avocado e 60 di annona. La coltivazione di frutti tropicali in alcune zone della Sicilia non è più una novità e ciò permette la riduzione degli sprechi energetici dovuti al trasporto in Europa.

«La Food Forest riuscirà a concentrare la produzione in un sistema pensato per la conservazione del suolo ed evitando lo spreco di risorse idriche. Sarà in grado di rigenerarsi da sola. Verranno applicate le più avanzate tecniche di permacultura e principi dell’agroecologia», spiega l’ecologo brasiliano che prima di trasferirsi a Palermo dove ha conseguito il dottorato di ricerca in scienza agrarie, forestali e ambientali aveva già lavorato con la Ong Pro-Muriqui, da coordinatore sul campo per la conservazione della scimmia Muriqui, specie endemica della foresta atlantica.

La Food Forest si propone come un prototipo che può essere replicato in una terra come la Sicilia dove più il 70 per cento del terreno è a rischio desertificazione «e questo si vede andando in giro con tanti terreni lasciati in abbandono», aggiunge l’ecologo.

Dalla piantumazione, alla raccolta, al processo di stoccaggio, i prodotti della food forest siciliana verranno successivamente commercializzati attraverso la vendita diretta, nel mercato siciliano, attraverso gruppi solidali d’acquisto sparsi in Italia e in Svizzera.

In questa fase, la food forest, inevitabilmente avrà una ricaduta economica e occupazionale sul territorio, ma anche sociale perché a farne parte saranno anche quei soggetti fragili di cui le due cooperative si sono sempre rivolti, ragazzi affidati dal tribunale o persone con disabilità fisiche o psichiche.

«Partinico è una zona difficile della Sicilia ed è attualmente commissariata per mafia. Un fiore all’occhiello in questo territorio significa un notevole impatto sociale soprattutto nei confronti dei giovani che credono in certi valori quali l’antimafia, la legalità, l’uso sostenibile della terra», aggiunge Alessia Rotolo, 41 anni, giornalista e rappresentate del gruppo solidale d’acquisto Arca di NoE a Palermo dove in futuro arriveranno anche i prodotti della foresta commestibile .

«Quando il progetto sarà realizzato il cambiamento sarà evidente» commenta Francesco Sottile, del Comitato Esecutivo di Slow Food Italia. «Un appezzamento di terra fertile sarà riconvertito alla produzione agricola, attraverso scelte basate su agroecologia e sostenibilità. Una food forest metterà insieme la biodiversità delle specie arboree con gli orti e i cereali, con le specie aromatiche e gli arbusti. I corridoi verdi permetteranno agli insetti di trovare spazio per nutrirsi, per riprodursi e per impollinare frutta e ortaggi. Saranno coinvolti giovani, saranno integrati alcuni portatori di fragilità che potranno toccare con mano il lavoro e la produzione. E nascerà una comunità di consumatori pronti a sostenere la produzione agricola creando sviluppo basato sulla responsabilità e la consapevolezza. È la Comunità del cambiamento a cui abbiamo pensato di rivolgere la nostra attenzione, una comunità che parte dai territori e ai territori destina strumenti di sviluppo creando un percorso virtuoso che sarà irreversibile» prosegue Sottile.

Ecco perché la Food Forest sarà autosufficiente e potrà proporsi come prototipo da replicare all’infinito. È l’agricoltura che torna al suo valore originario con il contadino che nella sua terra, senza alterarla, produce beni per la sua comunità.

Credit foto e video: Crowdcontainer


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