Verso Cop30

La lezione di Sylvia: oceani più acidi, minaccia per l’umanità

I mari assorbono circa un quarto dell'anidride carbonica in atmosfera. Ma questa capacità di regolare il clima è a rischio. Dall'era preindustriale, l'acidificazione è aumentata del 30-40%. Ne risentono gli organismi marini, dai fitoplancton responsabili della fotosintesi, alle ostriche e ai coralli, fino a noi. A lanciare l'allarme è l'oceanografa Sylvia Earle, ultima testimone di un oceano ormai scomparso. Tutto questo ha una causa chiara: l'uso dei combustibili fossili. Se ne parlerà alla Conferenza Onu sul clima in Brasile, ma l'impegno degli Stati, per ora, non è sufficiente.

di Elisa Cozzarini

Nel tempo della sua vita, il 90% degli squali si è estinto, la metà delle barriere coralline è morta e i tonni rossi sono una piccola percentuale di quanti erano. L’oceano, come l’ha conosciuto lei, non esiste più. Sylvia Earle, novant’anni compiuti lo scorso agosto, è l’ultima testimone degli stravolgimenti che hanno compromesso gli ecosistemi marini e minacciano il futuro dell’umanità. Biologa marina e oceanografa statunitense, Earle detiene il record mondiale della più profonda camminata sul fondale oceanico: 381 metri, al largo delle Hawaii, nel 1979. Per questo la chiamano, con riverenza, Her Deepness, “Sua Profondità”. Dal 2009 si impegna per la difesa dei mari attraverso Mission blue: una rete mondiale di 140 Hope spot, luoghi di speranza, per dare voce alle comunità che desiderano proteggere alcune aree particolarmente ricche di biodiversità. Tra questi, c’è il canyon sottomarino di Caprera, nel nordest della Sardegna, il cui valore ecologico è stato riconosciuto grazie agli studi e all’impegno della fondazione One Ocean.

Acidificazione oltre la soglia

In un’intervista rilasciata in occasione dei suoi novant’anni, Earle ha evidenziato, tra le molte minacce per gli oceani, quella dell’acidificazione. Proprio quest’anno, infatti, in base al report del Potsdam Institute for Climate Impact Research, per la prima volta è stata superata la soglia oltre cui non è possibile evitare effetti irreversibili per il pianeta e l’umanità. L’oceano, che ricopre il 71% della Terra, è un importante regolatore climatico, grazie alla sua capacità di assorbire circa il 25-30% dell’anidride carbonica in atmosfera e, quindi, di contenere il riscaldamento globale. Ma il risvolto negativo è che la CO₂ nei mari fa aumentare l’acidificazione. Forma acido carbonico e riduce la disponibilità di carbonato di calcio per gli organismi marini, come i coralli e i molluschi. Non è solo un problema per vongole e ostriche. Indirettamente, vengono colpiti anche gli anelli più in alto nella catena alimentare, come salmoni, cetacei e altri animali. Sono così a rischio la disponibilità di cibo per gli esseri umani, le economie costiere e la stessa capacità di continuare ad assorbire CO₂. Dall’inizio dell’era industriale a oggi, il pH medio della superficie oceanica è diminuito di circa 0,1 unità, che corrisponde a un incremento dell’acidificazione del 30-40%.

Sylvia Earle spiega che, se cambia la composizione chimica, cambia tutto, a partire dai fitoplancton che assorbono anidride carbonica e producono ossigeno alimentando la catena trofica. La fotosintesi, negli oceani, esiste da due miliardi di anni ed è proprio questo che ha creato le condizioni favorevoli alla vita del nostro pianeta.

L’appello per il clima

L’acidificazione degli oceani ha una causa ben precisa: l’uso dei combustibili fossili. Se ne discuterà alla Conferenza Onu sul clima, la Cop30 di Belem, in Brasile dal 10 al 21 novembre. Ma le premesse non sono favorevoli, a dieci anni dall’Accordo di Parigi, che aveva fatto sperare in un vero cambiamento. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump considera il riscaldamento globale «una bufala» e non manderà nessuna delegazione alla Cop30. A lui, Sylvia Earle vorrebbe dire: «Tutti dobbiamo respirare per vivere. Abbiamo bisogno di un pianeta che funzioni in modo da rendere possibile la nostra esistenza. Le decisioni che prendiamo oggi influenzeranno le generazioni future». Il suo messaggio, per ciascun abitante della Terra è: «Ascoltiamo la natura. Prendiamocene cura come se la nostra vita dipendesse da lei. Perché è così».

Il segretario generale dell’Onu António Guterres ha ammesso che limitare il riscaldamento del pianeta a 1,5°C, come stabilito dall’accordo di Parigi non è più possibile.  I piani nazionali d’azione per la riduzione delle emissioni di gas serra (Nationally determined contributions – Ndc) non sono ambiziosi e porteranno a una riduzione delle emissioni solo del 10% al 2035 rispetto ai livelli del 2019, quando bisognerebbe tagliarle del 60%. Per Guterres, nonostante ciò, è ancora possibile evitare le peggiori conseguenze del riscaldamento globale, ma serve una svolta radicale.

In apertura, Sylvia Earle riceve il premio di Donna più famosa dell’anno 2014 – foto BEIMAGES/LaPresse.

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