Leggi e norme

La solitudine dei caregiver, spia di un sistema che non regge

L'onorevole Ilenia Malavasi scrive a VITA a seguito dell'articolo "Caregiver, la tragedia della solitudine", a margine della vicenda che in Emilia Romagna ha visto un uomo di 92 uccidere la moglie di 88, malata di Alzheimer, per poi suicidarsi. «Ci sono varie proposte di legge in merito, tra cui una a mia firma, per il riconoscimento del caregiver, non possiamo più attendere. Ma anche una legge non basta, serve un patto di comunità, affinché i caregiver sappiano dove trovare ascolto prima che il vaso trabocchi»

di Ilenia Malavasi

La notizia terribile che è arrivata nei giorni scorsi da Castelfranco Emilia mi ha colpita moltissimo, lasciandomi sgomenta: un uomo di 92 anni che ha ucciso la moglie 88enne, malata di Alzheimer, per poi togliersi la vita gettandosi dal secondo piano non è semplicemente una “tragedia familiare”. Non possiamo – e non dobbiamo – liquidarla così, perché quel gesto estremo è in realtà un grido disperato che, una volta in più, squarcia il velo su una realtà che non è possibile ignorare: il rischio di collasso emotivo, fisico ed economico cui vanno incontro milioni di caregiver familiari nel nostro Paese.

Il dato è pesantissimo: tra i circa 7 milioni di caregiver familiari in Italia, l’8,4% ha più di 75 anni. Si tratta di persone anziane, spesso fragili esse stesse, che si ritrovano a gestire un carico di cura 24 ore su 24, molte volte per anni, senza sosta e con un supporto da parte delle istituzioni spesso inesistente. Il peso dell’assistenza, soprattutto in caso di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, è spaventoso e può annientare chiunque.

ilenia malavasi
Ilenia Malavasi, onorevole Pd

La mia Regione Emilia-Romagna è stata la prima a riconoscere il ruolo del caregiver familiare, un passo fondamentale che occorre rivendicare. Ma l’eco di questa tragedia – che ci tocca così da vicino – ci dice chiaramente che le risposte del sistema non bastano, nemmeno dove l’attenzione è stata ed è all’avanguardia. I

l dramma di Castelfranco Emilia evidenzia, però, un fallimento nazionale: è inaccettabile che il riconoscimento giuridico e il sostegno concreto per i caregiver familiari siano ancora lettera morta a livello statale. La ministra Locatelli ha promesso una legge nazionale, ma tarda ad arrivare. Il Governo sta perdendo tempo prezioso, a fronte di quella che è una vera e propria emergenza sociale. Lo ha denunciato anche il Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità, condannando il nostro Paese per il mancato riconoscimento giuridico del caregiver. Eravamo nell’ottobre 2022 e avremmo avuto 180 giorni di tempo per regolarizzare la posizione italiana: ne sono trascorsi oltre mille. Non possiamo, dunque, permettere ancora che i nostri concittadini più fragili e chi si prende cura di loro siano trattati con questo disinteresse.

Ci sono varie proposte di legge in merito, tra cui una a mia firma, per il riconoscimento e il sostegno dell’attività del caregiver familiare. La mia proposta – equa, inclusiva, senza vincoli restrittivi, a partire da quello della convivenza che escluderebbe milioni di persone – ha come obiettivo fornire un inquadramento giuridico chiaro e universale a questa figura, essenziale per la tenuta del nostro welfare. Si prevedono inoltre misure di sostegno concreto (contributi previdenziali, detrazioni fiscali, permessi e congedi per la formazione), formazione e supporto psicologico e socio-assistenziale strutturale, che valuti non solo i bisogni della persona assistita, ma anche e soprattutto lo stress e l’esaurimento di chi li assiste.

Chiediamo alla maggioranza di calendarizzare l’esame di queste proposte di legge: non c’è più tempo per i ritardi e dobbiamo giungere a una legge, necessaria per superare le differenze territoriali fra le Regioni che una legge sul caregiver l’hanno e chi no – anche perché su certe competenze le Regioni non possono legiferare – e che rappresenterebbe un passo di civiltà.

Come detto, però, la cornice normativa è essenziale, ma non è sufficiente, perché ciò che serve è un profondo cambio culturale. I servizi, anche quelli eccellenti, spesso si limitano a intervenire in caso di emergenza o su richiesta. Il futuro, perciò, è nella sfida di costruire comunità che sappiano mettersi in relazione con i caregiver in modo proattivo e nei luoghi informali della quotidianità. Perché la solitudine è il nemico più grande per tutte queste persone.

Quegli 8,4% di caregiver ultra-settantacinquenni sono spesso persone isolate, prive di strumenti e magari, per dignità o timore, incapaci di chiedere aiuto e il sistema di welfare deve sapere intercettarli. Occorre allora moltiplicare gli spazi dove i caregiver possano sentirsi compresi e sostenuti, dove possano realmente trovare ascolto prima che il vaso trabocchi: si tratta di stabilire un patto di comunità, che coinvolga centri di aggregazione e luoghi di ritrovo, ambulatori, case di comunità e associazioni di volontariato, dove ognuno di noi può farsi antenna sociale sul territorio e intercetti un bisogno. Perché solo dentro una vera relazione umana è possibile chiedere aiuto e prevenire che una storia di cura e di amore si trasformi in una tragedia.

Il caso di Castelfranco Emilia impone dunque la necessità di rinnovare il nostro impegno, perché questo episodio – così come tanti altri, purtroppo simili – sia il monito che spinga il Paese a dare finalmente dignità, tutele e sostegno a chi dedica la propria vita alla cura degli altri. I caregiver costituiscono l’ossatura del nostro welfare e il nostro dovere, morale e civile, è stare dalla loro parte.

Ilenia Malavasi (Pd), Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati. In apertura, foto di Owen Wang su Unsplash

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