Le monografie dello Iarc

L’alcol uccide dal primo bicchiere. Bisogna ridurre i consumi. Ecco come

Un caso di cancro legato all'alcol su sette è dovuto a un consumo lieve. Non esiste dose sicura. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione ha presentato a Copenaghen due monografie sulla riduzione e cessazione dei consumi e le misure efficaci per farlo. Una guida per i singoli Paesi, per trasformare la scienza in azione ed evitare 740mila nuovi casi di cancro all'anno, quanti sono nel mondo ogni anno quelli causati dall'alcol

di Nicla Panciera

L’Europa ha il più alto tasso di consumo di alcol al mondo, dove sono stati 740mila i nuovi casi di cancro legati al consumo di alcol nel 2020 e un caso su sette, quindi circa 100mila nuove diagnosi, sono legate a un consumo che potremmo definire moderato, meno di due bicchieri al giorno. È giunto il momento di smetterla di normalizzare il consumo di una sostanza cancerogena e neurotossica, che causa malattie oncologiche, cardiovascolari e neurodegenerative, modificando le nostre abitudini alla luce delle evidenze scientifiche. Gli strumenti per ridurre e auspicabilmente eliminare il consumo di alcolici ci sono e riguardano principalmente la tassazione, che rifletta il vero peso del loro consumo, e misure di regolamentazione.  Questo emerge dai volumi appena pubblicato dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro Iarc, due Manuali Iarc per la prevenzione del cancro che esaminano l’alcol e il suo ruolo nel rischio di cancro e cosa si può fare per ridurlo.

Il Volume 20A sulla riduzione o cessazione del consumo di bevande alcoliche e il Volume 20B sulle politiche efficaci a livello di popolazione, in particolare quelle relative alla tassazione e ai prezzi, alla disponibilità fisica e alla commercializzazione, sono state presentati all’Ufficio Regionale di Copengahen dell’Oms in un incontro in cui si è anche riflettuto sulle difficoltà pratiche, dalla scarsa consapevolezza degli stessi medici alla fortissima azione di lobby dell’industria, che ancora impediscono alla lotta all’alcol di decollare come è accaduto con la lotta al fumo.

Il rischio è lì, fin dal primo bicchiere

«La prima monografia sugli effetti di salute dell’alcol effettuata dallo Iarc risale al 1988, cui hanno fatto seguito altri lavori 2010 e del 2012. Sappiamo che il rischio di ammalarsi riguarda tutti i tipi di alcol, che non c’è dose sicura, che il rischio c’è fin dal primo bicchiere. Che in alcune popolazioni di soggetti il rischio è maggiore e che il rischio di ammalarsi in chi beve e fuma è maggiore della somma del rischio dei singoli fattori perché l’effetto è sinergico» ha detto Elisabete Weiderpass, direttrice dello Iarc di Lione, che ha illustrato i dati sui casi di cancro evitabili agendo sui fattori di rischio.  «C’è un significativo potenziale di prevenzione dei tumori agendo su di essi: alcol, tabacco, obesità, infezioni ed esposizioni lavorative agli inquinanti. L’evidenza mostra l’efficacia di alcune misure come la tassazione dei prodotti alcolici, la regolazione della loro disponibilità e il controllo centrale governativo delle vendite».

Servono interventi nazionali

Misure che, secondo il team di esperti indipendenti che ha lavorato nella stesura dei manuali sulla base dell’analisi delle evidenze scientifiche, sono efficaci nel ridurre il consumo di alcol e, a sua volta, i tumori correlati all’alcol. E che, ha spiegato Weiderpass, «serviranno a guidare e rafforzare le misure di salute pubblica e gli interventi di controllo dell’alcol a livello nazionale e regionale, fornendo ai decisori politici le evidenze e il supporto per tradurre la scienza in azione, in una crescente collaborazione tra Oms, Iarc e stati nazionali per accelerare la messa in atto di queste misure».

Quali tumori

I tumori causati dall’alcol sono quello della cavità orale, della faringe, della laringe, dell’esofago, del seno, del fegato e del colon retto. «Dal lavoro è emerso che certe politiche sono efficaci nel ridurre il consumo di alcol che, a sua volta, ha un effetto sulla riduzione dei nuovi casi di cancro» ha spiegato la responsabile del programma Marie-Beatrice Lauby-Secretan dello Iarc. La cessazione dell’alcol riduce il rischio di cancro alla cavità orale e all’esofago, mentre le evidenze per gli altri tumori sono limitate o inadeguate. Questo significa soltanto che ancora mancano studi a riguardo e che altre ricerche andrebbero condotte al riguardo.

Quanto alle politiche di intervento, sono tutte efficaci nel ridurre il consumo. Politiche dei prezzi e tassazione, come un prezzo minimo, tasse sulla vendita e sui negozi; politiche relative alla disponibilità, come il controllo della densità dei negozi sul territorio i giorni e gli orari di vendita un’età minima o una quantità acquistabile o il divieto totale di vendita; o politiche sul marketing. L’unica misura per la quale mancano evidenze è il divieto di sconti, ma con le vendite online e il domicilio questo potrebbe non essere più vero.

Il tuo corpo con l’alcol

Sospendere il consumo di alcol consente la progressiva normalizzazione di meccanismi alterati, come emerge dall’analisi del livello di acetaldeide, metabolita cancerogeno dell’alcol la cui dannosità è locale e sistemica; la permeabilità intestinale, che si ripristina impedendo alle sostanze dannose di entrare in circolo, e il danno al dna, lo stress ossidativo e l’infiammazione cronica. «A livello di popolazione, le curve degli effetti di salute di una riduzione del consumo si possono apprezzare in 20-30 anni, questo i policy makers lo devono aver presente. A livello del singolo alcuni meccanismi richiedono più tempo perché sono cronicizzati» ha detto Jurgen Rhem, chair del team di esperti indipendenti che ha redatto i volumi e membro del Advisory Council on Innovation for Noncommunicable Diseases dell’Oms/Europa, che ricorda come «i migliori interventi in un’ottica di costo-efficacia, che sono sicuramente quelli a livello di popolazione, le strategie a livello del singolo sono più costose. Riduco di più il consumo tramite la tassazione che la persuasione del medico».

La lobby dell’industria, il Golia imbattuto

«Bisognerebbe amplificare la voce ai clinici che sono accanto ha problemi di salute dovuti all’alcol» ha detto Frank Murray gastroenterologo del Royal College of Surgeons in Irlanda. «È una battaglia tra Davide e Golia quella tra la voce delle evidenze scientifiche e della società civile e la voce dell’industria dell’alcol». A svelare le potenti tattiche delle industrie per influenzare la politica, la scienza e la salute pubblica, c’è un documentario «Unmasking Influence» che racconta anche quali azioni sono necessarie per contrastare la loro influenza. Il film è stato presentato in anteprima all’Irish Film Institute nell’ambito del Festival of Prevention nel giugno 2025. È prodotto da Wildfire Collective in collaborazione con la London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM).

È una battaglia tra Davide e Golia quella tra la voce delle evidenze scientifiche e della società civile e la voce dell’industria dell’alcol

Frank Murray

Scarsa consapevolezza

La conoscenza della popolazione rimane comunque un problema. «Abbiamo condotto una survey in 14 paesi europei: è sorprendente la carenza di consapevolezza della popolazione. Ogni volta sembra di dire cose nuove. » ha detto Carina Ferreira-Borges dell’Alcohol Illicit Drugs and Prison Health Who Regional office Europe. «Siamo talmente abituati ai messaggi subliminali che guidano il nostro comportamento – cosa vuol dire “Bevi responsabilmente”?! – che non ci accorgiamo di situazioni assurde come la totale mancanza di informazioni sulle etichette del vino, sostanza cancerogena, rispetto alle etichette sull’acqua minerale che ci informano del contenuto della bottiglia. Le aziende investono miliardi perché sanno che funziona». E noi beviamo.

«Salvaguardare le politiche dall’influenza dell’industria» è proprio la prima e più forte raccomandazione che arriva da Copenaghen, seguita dal rafforzare la capacità normativa nazionale e internazionale, implementare tasse efficaci, garantire l’applicazione e il monitoraggio e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla cancerogenicità delle bevande alcoliche.

Perché tanta resistenza? «Indubbiamente, la nostra specie ha un legame ancestrale con l’alcol, consumato perché presente nella frutta zuccherina fermentata così come fanno oggi i nostri cugini primati. Legata a questo, c’è una componente culturale» riflette Weiderpass. Ma, soprattutto, «non dimentichiamo che le bevande alcoliche sono un prodotto che genera molte entrate per le aziende e per i governi».

«Bisogna cambiare la narrazione e la percezione dell’alcol in società» ha concluso Dag Rekve, dell’Unità Alcohol, Drugs and Addictive Behaviours dell’Oms a Ginevra. «Guardare ai migliori interventi in un’ottica di costo-efficacia, che sono sicuramente quelli a livello di popolazione, ma anche ai singoli individui vittime della dipendenza dall’alcol che sono 400milioni del mondo, il 7% del totale, e solo in una minoranza di casi ricevono trattamenti adeguati. Bisogna unire le forze».

Photo by Quan Nguyen on Unsplash

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