S hawqui Armali, cattolico di rito latino, nativo di Haifa, è il rappresentante diplomatico dell’Autorità nazionale palestinese in Vaticano.
Come valuta la posizione del Papa sul conflitto a Gaza? «Nelle sue parole ho sentito solidarietà e compassione per le sorti del mio popolo. Il Papa non ha eserciti, non può fare di più. Ma i suoi sono stati sempre interventi saggi. Israele rivendica il diritto a difendersi dalle provocazioni di Hamas?. Il lancio di missili da parte di Hamas è inutile e controproducente. E va fermato. Il nostro presidente Abu Mazen è sempre stato chiaro su questo punto. Ma la reazione militare israeliana è stata immensamente sproporzionata».
Al termine dell’udienza al corpo diplomatico l’abbiamo vista scambiare alcune parole con il Papa… «Ho detto a Benedetto XVI che le sue parole sarebbero stato accolte con gratitudine dal nostro popolo».
E lui? «Mi ha ripetuto tre volte: “Peace, peace, peace.”».
Crede ancora possibile il pellegrinaggio del Papa in Terrasanta? «In Vaticano dicono che tutto dipenderà dall’evoluzione del conflitto».
PIÙ PAPISTI DEL PAPA
Più papista del papa sui temi della bioetica, al Foglio non è andata giù la posizione equilibrata del Vaticano sul conflitto nella Striscia di Gaza. Ferrara invocava l’imprimatur teologico del papa sull’offensiva militare israeliana: «La Chiesa cattolica non è palesemente in grado di rendere giustizia alle ragioni di Israele in guerra». Nella critica del presunto pacifismo della Santa Sede il Foglio ha trovato un alleato in Sandro Magister, vaticanista dell’ Espresso , curatore di un sito web cliccatissimo negli ambienti ecclesiastici: «Per la diplomazia vaticana lo Stato ebraico sbaglia a difendere con le armi la propria vita». Ratzinger in realtà non nega la liceità morale dell’uso della forza per legittima difesa. Nel Catechismo della Chiesa cattolica fece inserire un paragrafo sulla dottrina della guerra giusta. Che ammette una risposta armata contro l’aggressore ma pone come condizione la “proporzionalità” della risposta.
Ipse dixit
«Tutti i presidenti degli Stati Uniti, senza eccezioni, sono amici di Israele. Ora noi chiediamo al nuovo presidente Obama di usare questa amicizia per più pace: un vero amico deve avere il coraggio di dire all’amico quello che va bene e quello che va meno bene».
monsignor Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme
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