Insostenibilità
Le società di calcio ormai stanno in piedi grazie alle scommesse. Ma a pagare sono i giovani
I gestori delle scommesse sportive autorizzate in Europa sono diventati i principali sponsor delle squadre. Un pericoloso cortocircuito tra sport, azzardo e dipendenze. Lo scorso anno solo in Italia la raccolta ha toccato i 16 miliardi. E mentre tante giovani promesse rischiano di diventare giocatori patologici, si temono passi indietro sulle norme della pubblicità del “gioco” d’azzardo
Un tempo si chiamava allibratore. Oggi bookmaker. È un operatore autorizzato che gestisce le scommesse sportive, stabilisce le quote e paga le vincite, trattenendo un margine a proprio favore. In Italia agiscono autorizzati e regolamentati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm). Tutto legale, dunque. Eppure il problema c’è, ed è serio: i bookmaker sono diventati i principali sponsor del calcio europeo, creando un cortocircuito pericoloso tra sport, azzardo e salute pubblica. Scommetti sulla partita di calcio della tua squadra del cuore e poi ti dedichi a slot e live casinò, direttamente dalla stessa app.
Un fenomeno che vale 16 miliardi
I numeri fotografano una realtà inquietante. Secondo l’ultimo report della Federazione Italiana Giuoco Calcio – Figc, nel 2024 la raccolta delle scommesse sul calcio in Italia ha toccato quota 16,1 miliardi di euro: una crescita otto volte superiore rispetto al 2006.
Per dare un’idea della portata: 16,1 miliardi equivalgono a quasi cinque volte il fatturato annuo dell’intera Serie A (circa 2,8 miliardi).
Cinquanta eventi calcistici figurano nella classifica delle 50 partite con la maggior raccolta nella storia delle scommesse sportive italiane. La finale di Uefa Champions League 2022-2023 tra Inter e Manchester City ha generato da sola oltre 40 milioni di euro in giocate. Le quattro partite dell’Italia a Uefa Euro 2024 hanno raccolto 70,8 milioni di euro, mentre l’intera competizione ha superato i 790 milioni.
Il dato più significativo: circa il 20% dei tifosi italiani si relaziona con il calcio proprio attraverso le scommesse. Non è più solo tifo, è diventato azzardo normalizzato.
L’impatto sui giovani
Negli ultimi anni il rapporto tra calcio e bookmaker si è fatto sempre più evidente e controverso, tanto che recentemente Investigate Europe ha condotto un’ottima inchiesta sulla dipendenza del calcio europeo dall’azzardo, dimostrando come le sponsorizzazioni normalizzino il “gioco” e influenzino i tifosi più giovani.
Uno studio pubblicato nel 2024 su Pmc ha infatti rilevato che durante la Coppa del Mondo 2022 quasi il 96% dei giovani adulti (18-24 anni) intervistati ricordava aver visto pubblicità di scommesse sportive: in media 10-14 annunci/settimana sui social media. Un altro studio recente ha trovato poi una correlazione tra il marketing del betting e i comportamenti più a rischio di gioco problematico tra i giovani.

Le risposte europee
Altri Paesi europei hanno già preso contromisure. Il regolamento Uefa Equipment Regulations 2024-26 limita la pubblicità di bookmaker in competizioni giovanili e vieta il logo su merchandising destinato ai minori. In Inghilterra, il recente codice di condotta concordato tra Premier League, Football Association, English Football League e Women’s Super League vieta la presenza di pubblicità per il gioco d’azzardo nei settori dello stadio destinati alle famiglie. La Spagna dal 2021 applica il “Real Decreto Comunicaciones Comerciales” che vieta pubblicità di gioco sulle maglie. Germania e Francia hanno introdotto restrizioni parziali.
In Premier League, otto club su 20 hanno contratti con operatori di scommesse come sponsor principali sulle maglie, per un valore stimato di circa 60 milioni di sterline l’anno. Questi club si sono impegnati a rimuovere questi sponsor frontali dalla stagione 2026-27, anche se la pubblicità si sposterà su maniche e cartelloni a bordo campo.
Italia: un passo indietro?
L’Italia, che nel 2018 aveva introdotto con il Decreto Dignità il divieto di pubblicità sul gioco d’azzardo, rischia ora di fare marcia indietro. Il Governo infatti sta valutando l’abrogazione del divieto con la Commissione Cultura del Senato che ha approvato una risoluzione che invita a rivedere l’articolo 9 del Decreto Dignità, suggerendo la reintroduzione controllata della pubblicità per operatori autorizzati.
A spingere per questa liberalizzazione sono soprattutto i club di Serie A. Secondo la Figc, la Serie A avrebbe perso circa 600 milioni di euro in sponsorizzazioni da parte di aziende di scommesse dal 2018 al 2025. Il dato va però contestualizzato: 600 milioni in sette anni equivalgono a meno di 90 milioni all’anno, circa il 3% dei ricavi annui complessivi della Serie A. Il fatturato del sistema calcio professionistico italiano (Serie A, B e C) supera i 3,5 miliardi di euro annui e la sola Serie A genera circa 2,8 miliardi di ricavi all’anno.
La domanda è politica prima che economica: gli interessi di aziende private possono essere prioritari rispetto alla salute pubblica? E questo in un contesto in cui lo stesso mondo del calcio è danneggiato dalla diffusione dell’azzardo, con giovani promesse diventate giocatori patologici.
Le strategie invisibili
La presenza dei bookmaker nel calcio va ben oltre le sponsorizzazioni di maglia. I cartelloni led attorno al campo, i banner negli stadi e le attivazioni digitali su social media, app dei club e contenuti video creano un ecosistema pubblicitario pervasivo. I club collaborano con i bookmaker per produrre contenuti digitali, rubriche sulle quote e giochi a premi online che aggirano le regole della pubblicità tradizionale.
La zona grigia dell’infotainment
Alcuni marchi che appaiono come sponsor non sono dichiarati come bookmaker, ma come filiali o entità affiliate che svolgono attività editoriali, di “infotainment” o notizie sportive. Operare in zone grigie è possibile e redditizio. Alcune società calcistiche hanno integrato app di betting come partner tecnologici ufficiali, sfruttando la crescita del mobile per raggiungere i tifosi in tempo reale. Eventi promozionali, tornei e challenge per tifosi completano una strategia che mira a rendere i bookmaker parte integrante e normalizzata del mondo calcio.
Il calcio italiano si trova di fronte a una scelta. Da un lato la pressione economica dei club che rivendicano i mancati introiti pubblicitari. Dall’altro la tutela della salute pubblica, in particolare delle giovani generazioni sempre più esposte a un marketing dell’azzardo sofisticato e pervasivo.
Il Decreto Dignità in questo contesto rappresenta un argine a legittimare ulteriormente un modello in cui lo sport diventa veicolo di dipendenza. Perché quando il calcio smette di essere sport e diventa marketing dell’azzardo, a perdere siamo tutti.
In apertura una partita tra Manchester United e Sunderland all’Old Trafford stadium di Manchester, sulla maglia lo sponsor ww88 è una società di scommesse – foto AP Photo/Dave Thompson- LaPresse
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