Nuovo piano Commissione Ue

L’Europa non volti le spalle all’economia sociale

«I tagli annunciati rischiano di trasformarsi in una doccia fredda per oltre 13,8 milioni di lavoratori, di cui 4,7 milioni occupati nelle cooperative». L’ha dichiarato il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini al Festival nazionale dell’Economia Civile in corso a Firenze: «I fondi strutturali perdono non solo risorse ma anche identità e capacità di intervento»

di Redazione

«Un’Europa prigioniera di tecnocrazia e burocrazia che volta le spalle all’economia sociale». È la dichiarazione di Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, dal Festival nazionale dell’Economia Civile che dal 2 ottobre si sta svolgendo a Firenze sul nuovo piano finanziario presentato dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Un cambio di rotta rispetto al primo mandato che, secondo Gardini, rischia di trasformarsi in «una doccia fredda» per oltre 3 milioni di imprese europee del settore e per i loro 13,8 milioni di lavoratori, di cui 4,7 milioni occupati nelle cooperative (1,3 milioni soltanto in Italia).

«Quello che doveva essere un canto di speranza per la nuova Europa rischia di diventare il canto del cigno», ha aggiunto. «Le misure annunciate indeboliscono proprio quegli strumenti che potrebbero dare sostanza alla tanto evocata sostenibilità sociale e ambientale». È il commento di Maurizio Gardini sul focus di Confcooperative Cooperative motore dell’economia sociale in Europa.

L’entità dei tagli

In una nota di Confcooperative viene ricostruita l’entità dei tagli. Il piano riduce di oltre 80 miliardi di euro le risorse per l’agricoltura, un comparto in cui le cooperative italiane generano il 25% dell’agroalimentare made in Italy. La pesca vede i fondi scendere da sei a due miliardi, colpendo un settore in cui le cooperative rappresentano l’80% della produzione nazionale. Penalizzazioni annunciate anche per i fondi strutturali, sia sul piano finanziario sia su quello dell’autonomia gestionale. Sul fronte sociale, i tagli non sono ancora quantificati ma si preannunciano «sostanziali».

«Lo avevamo già paventato a gennaio, durante l’incontro con gli europarlamentari italiani a Bruxelles», ha ricordato Gardini, «i fondi strutturali perdono non solo risorse ma anche identità e capacità di intervento». Secondo Gardini è «un paradosso che rivela come l’economia sociale e altri settori produttivi non legati all’industria pesante vengano sacrificati. Il rischio concreto è che l’economia sociale, orgoglio di un continente che si voleva diverso, finisca vittima delle stesse logiche che hanno già fatto troppi danni».

Il movimento cooperativo in numeri

Il movimento cooperativo europeo conta 176mila imprese, 4,7 milioni di lavoratori e 141 milioni di soci. A livello mondiale le cooperative contano 3 milioni di imprese, 280 milioni di lavoratori e 1 miliardo di soci: le 300 cooperative più grandi fatturano 2.400 miliardi di dollari, equivalenti, se fossero uno stato, a una potenza economica.

Il peso della cooperazione italiana è tutt’altro che marginale: 60mila cooperative, 1,3 milioni di addetti, 12 milioni di soci e 160 miliardi di euro di fatturato complessivo, pari all’8% del Pil. «Confcooperative da sola riunisce 16mila imprese con 550mila lavoratori (il 61% donne) e 82 miliardi di euro di ricavi, contribuendo da sola al 4% del Pil», si legge nel comunicato.

La leadership si manifesta in comparti strategici: 25% dell’agroalimentare made in Italy, 80% della pesca, oltre il 20% degli sportelli bancari grazie a Bcc, Casse Rurali e Raiffeisen, 30% del consumo e della distribuzione al dettaglio e servizi di welfare per 7 milioni di persone, tra minori, anziani e soggetti fragili.

In apertura, l’intervento del presidente di Confcooperative Maurizio Gardini al Festival nazionale dell’Economia Civile (Fotografia di Confcooperative)

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