Diritti umani

L’operatore Msf: «Ci cacciano dalla Libia. Che ne sarà dei migranti che hanno bisogno di assistenza?»

Steve Purbrick, responsabile dei programmi di Medici senza frontiere in Libia: «Ci hanno espulso senza fornire spiegazioni. Siamo sorpresi e preoccupati. Ci sarà un aumento dei casi di tubercolosi e cresceranno le lacune del sistema sanitario»

di Francesco Crippa

L’ordine è arrivato il 29 ottobre:Medici senza frontiere ha tempo fino al 9 novembre per lasciare la Libia occidentale. A darne notizia è la stessa organizzazione umanitaria, che ha comunicato di aver ricevuto una lettera dal ministero degli Esteri di Tripoli in cui, però, non è stata fornita alcuna spiegazione della decisione. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno.

Già a fine marzo, infatti, Msf, insieme ad altre nove ong, aveva ricevuto l’ordine di sospendere le proprie attività e il suo staff era stato sottoposto a interrogatori. In quel caso, l’accusa era di star attuando un piano per far insediare in Libia dei migranti di origine africana, un atto descritto dal governo libico come «ostile, volto ad alterare la composizione demografica del Paese e che minaccia la società libica». Le indagini, però, sembravano essersi concluse positivamente per le ong e il dialogo con le istituzioni per riprendere le attività stava procedendo: è per questo che ora, oltre al rammarico, c’è anche molta sorpresa.

«È stato davvero inaspettato», spiega a VITA Steve Purbrick, responsabile dei programmi di Msf in Libia. «Dopo le accuse di questa primavera ci sono stati alcuni cambiamenti a Tripoli che ci avevano fatto sperare e, soprattutto, a luglio avevamo ricevuto un parere formale da parte del procuratore generale che seguiva il caso in cui diceva che non c’erano più indagini in corso». La speranza, ora, è quella di riuscire a intavolare una nuova discussione con il governo di unità nazionale guidato da Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh e spingere la Libia a un passo indietro e quindi a un rientro di Msf nel Paese.

In Libia occidentale – dove già i migranti, stimati dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni in oltre 850 mila unità, vivono senza tutele e sono esposti al rischio di finire in carcere, venire torturati o essere venduti come schiavi – la pressione migratoria è in aumento, anche e soprattutto a causa degli sfollati provenienti dal Sudan, stimati in circa mezzo milione. Di conseguenza, aumenta anche il bisogno di intervento umanitario, ma attualmente «non vi sono ong che forniscono assistenza medica ai rifugiati e ai migranti», spiega Purbrick. «Noi eravamo l’unica, ma già a marzo siamo stati costretti ad abbandonare i pazienti che avevamo in cura». Le conseguenze si sono fatte sentire: «Prima della sospensione della nostra attività, ci occupavamo soprattutto delle conseguenze mediche, sia fisiche che mentali, per i migranti, vittime della tratta e di torture. Un altro intervento significativo era nel contrasto alla tubercolosi, anche perché il sistema sanitario nazionale ha grandi carenze in questo campo, e nell’assistenza legata all’attività riproduttiva».

Nel 2024, Medici senza frontiere, presente in Libia dalla rivoluzione del 2011, ha effettuato oltre 15 mila visite mediche, tremila sessioni di salute mentale individuali e duemila visite per la tubercolosi, ma nel corso del 2025 la situazione è peggiorata a causa dello stop imposto in primavera all’attività di Msf. «Siamo preoccupati», dice Purbrick. «Alcuni nostri ex partner ci hanno informato di un aumento della mortalità. Per esempio, nell’ospedale per la tubercolosi dove eravamo presenti, a Misurata, il tasso di mortalità è quasi raddoppiato. Altre segnalazioni ci hanno detto che gli ospedali e i pronto soccorso sono sempre meno in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, soprattutto a causa delle difficoltà strutturali e dell’assenza delle ong».

A meno di un ripensamento da parte del governo libico, questo quadro non potrà che peggiorare ulteriormente. In particolare, Purbrick denuncia il rischio di un’impennata di casi di tubercolosi. «In questo campo abbiamo collaborato a lungo con il sistema sanitario locale, ma senza il nostro supporto tecnico si creeranno lacune e di conseguenza aumenterà il rischio di trasmissione e quindi il numero dei decessi».

Agli aspetti prettamente sanitari bisogna aggiungere quelli legati alla tutela generale della popolazione e, soprattutto, dei migranti. In Libia il rispetto dei diritti umani è pressoché assente e la crociata del governo contro le ong non fa che aggravare questa situazione. «La Libia non è un Paese sicuro per i migranti e i rifugiati, come quello che abbiamo visto in anni di lavoro ci conferma. L’Italia e l’Unione europea lo sanno, ma continuano a interagire, con un calcolo deliberato, con gli attori responsabili di violenze e torture immotivate».

In apertura: Un’operatrice di Msf in Libia fornisce assistenza a un paziente (via Medici senza frontiere)

Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?

Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it