Diritti
Mille segnalazioni per l’Autorità Garante dei diritti delle persone con disabilità
I cittadini lamentano una presa in carico non omogenea dal punto di vista socio-sanitario, problemi con l'inclusione scolastica, mancanza di accomodamenti ragionevoli. «Obiettivo è rendere concreta la piena partecipazione di tutti», dice il presidente della Autorità Garante, Maurizio Borgo. E al Terzo settore: «Il nostro arrivo non toglie spazio a nessuno: arricchisce la squadra, giochiamo tutti la stessa partita, quella di dare concretezza alla piena partecipazione di tutti»
Sono quasi un migliaio le segnalazioni giunte in nove mesi all’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità. Maurizio Borgo è presidente dell’Autorità Garante, prima persona a ricoprire tale ruolo, visto che tale organo è stato introdotto nel nostro ordinamento solo con la legge 227/2021, poi concretizzata dal decreto legislativo 20/2024 ed è operativo dal 1° gennaio 2025.
Nato a Genova nel 1971, padre di tre figli, è entrato in Avvocatura dello Stato a 26 anni. È stato capo legislativo e capo di gabinetto in diversi ministeri, è passato per due esperienze regionali delicate – una come segretario generale della Regione Calabria durante la presidenza di Jole Santelli e una come capo di gabinetto di Vincenzo De Luca in Campania – e ha per così dire “incontrato la disabilità” con la ministra Alessandra Locatelli, che lo ha chiamato come capo di gabinetto sia nel Conte I, quando lei era ministra per la Famiglia e la Disabilità, sia nell’attuale governo Meloni.
A gennaio 2025, il passaggio all’Autorità Garante: un ruolo nuovo per una figura nuova, tutta da costruire. «A differenza di altre Autorità Garanti, per esempio quella dell’Infanzia e dell’adolescenza, questa è collegiale per volontà del Parlamento, quindi è composta dal Presidente e da altri due componenti, il professor Francesco Vaia e l’ingegnere Antonio Pelagatti. Questa della collegialità è una scelta molto opportuna, perché il tema della disabilità è trasversale e intercetta moltissime materie», dice subito Borgo.
Partiamo da questa collegialità, presidente.
La mia è una professionalità più tecnica, amministrativa e giuridica, che è importante soprattutto in un’Autorità che si avvia, partendo dal nulla: quando siamo stati istituiti, abbiamo avuto una sede e un contingente di personale molto limitato, composto da un dirigente di seconda fascia, cinque funzionari e tre assistenti. La presenza di un giurista sarà comunque importante, perché parliamo di diritti, di provvedimenti amministrativi, adottiamo deliberazioni e pareri motivati: in questi primi mesi siamo già intervenuti in giudizio due volte. Ma altrettanto significative sono le presenze del professor Vaia, con la sua enorme esperienza sanitaria e dell’ingegnere Pelagatti, sia per la sua competenza sui temi dell’accessibilità sia per il fatto che è una persona con disabilità: la Convenzione Onu fissa il principio “nulla su di noi senza di noi”, sarebbe un grave errore non avere all’interno del Collegio una persona con disabilità.
Quali sono, in sintesi, i compiti dell’Autorità Garante e per cosa i cittadini possono rivolgersi a voi?
I compiti che il legislatore ha affidato all’Autorità possono essere ricondotti a due: la tutela e garanzia dei diritti delle persone con disabilità da un lato, la promozione dall’altro. Ci tengo ad evidenziarli entrambi, perché è fondamentale diffondere la cultura del rispetto dei diritti delle persone con disabilità, la cultura dell’inclusione o per meglio dire della piena partecipazione di tutti, senza distinzione. Lo faremo con un focus particolare sulle scuole, tant’è che la prima iniziativa promozionale che abbiamo avviato è un concorso di idee tra gli studenti delle scuole secondarie di II grado per disegnare il logo istituzionale dell’Autorità: non si tratta solo di proporre un logo, ma di accompagnarlo con una riflessione su questi temi, partendo dalla Convenzione Onu e dalla Carta di Solfagnano, sottoscritta un anno fa nell’ambito del primo G7 sulla Disabilità, che ribadisce questa nuova concezione per cui le persone con disabilità non sono persone che vanno assistite, ma che vanno valorizzate, come tutti.
La prima iniziativa promozionale che abbiamo avviato è un concorso di idee tra gli studenti delle scuole secondarie di II grado per disegnare il logo istituzionale dell’Autorità
Rispetto al compito di tutela e garanzia dei diritti, invece, si parte dalle segnalazioni di diritti violati fatte dai cittadini?
Il nostro compito è innanzitutto quello di accogliere le segnalazioni da parte delle persone con disabilità, dei loro familiari e caregiver o da parte delle associazioni degli innumerevoli casi che purtroppo ancora ci sono di discriminazione o di mancato esercizio da parte delle persone con disabilità dei loro diritti. Le segnalazioni possono essere inviate attraverso posta elettronica, sia certificata sia ordinaria, o attraverso la sezione dedicata del nostro sito, online dal 9 settembre, che già utilizza lo Spid e la carta d’identità elettronica per una maggiore facilità del processo. Le segnalazioni vengono istruite dal nostro ufficio e quindi sottoposte al Collegio, che può adottare diversi provvedimenti.
In questi primi mesi, per esempio, che provvedimenti avete preso?
Proprio nei primi mesi di attività c’è stato segnalato che un Comune italiano stava procedendo ad affidare il servizio di assistenza all’autonomia e alla comunicazione per gli studenti con disabilità in pieno anno scolastico, con il rischio di creare una soluzione di continuità all’interno del servizio, con un pregiudizio per gli studenti che avrebbero visto cambiare in corso d’anno gli educatori che li assistevano. Siamo intervenuti con una nota, invitando il Comune a differire l’affidamento del servizio all’avvio del successivo anno scolastico o, se questo non fosse stato possibile, a prevedere misure di affiancamento tra gli educatori uscenti e quelli entranti o l’assorbimento dei vecchi educatori da parte della nuova cooperativa. In altri casi l’intervento è stato più strutturato, perché il legislatore attribuisce all’Autorità anche il compito di rendere un parere motivato. Anche qui abbiamo già un esempio, con un parere che abbiamo adottato in ordine ad una richiesta che ci era giunta da parte di una persona con una disabilità molto importante di vedersi riconosciuto uno stallo riservato per il parcheggio da parte del Comune di residenza, cosa che il Comune aveva negato. Siamo intervenuti con un parere motivato che in prima istanza il Comune non ha accolto, ribadendo il diniego.

L’intervento dell’Autorità quindi non è vincolante?
Ecco, questo è importante precisarlo. Noi abbiamo un compito di moral suasion: a volte il nostro parere viene accolto, a volte no. È anche questione di imparare a conoscerci, perché siamo agli esordi. Comunque, in quel caso, dopo il diniego del Comune la persona con disabilità ha fatto ricorso al Tar, che ha rigettato l’istanza cautelare. A questo punto la persona ha fatto appello e anche noi abbiamo ritenuto di intervenire davanti al Consiglio di Stato. Questo nostro intervento è stato decisivo perché il Consiglio di Stato, con un’ordinanza particolarmente motivata, ha ribaltato completamente la decisione del Tar e ha accolto il ricorso cautelare della persona con disabilità, con l’obbligo – adesso – per l’amministrazione di provvedere in tal senso.
Come si esercita la mediazione, se si esercita?
Un compito molto importante attribuito all’Autorità è quello di individuare i cosiddetti “accomodamenti ragionevoli”: una soluzione pratica che riesce a contemperare due opposte esigenze. Si tratta di un istituto molto utilizzato all’estero ma relativamente nuovo per l’ordinamento italiano: il decreto legislativo 62 lo ha finalmente codificato introducendo nella legge 104/1992 l’articolo 5bis. Anche qui faccio un esempio concreto di questi primi mesi di attività: abbiamo ricevuto una segnalazione da parte di una persona con disabilità, che lamentava il fatto per la sua condizione di disabilità – cui era sopraggiunta anche una problematica sanitaria – non riuscisse a svolgere le nuove funzioni che gli erano state assegnate. Una situazione tale per cui questa persona rischiava di essere costretta ad abbandonare il lavoro. Dialogando con le parti, siamo riusciti a individuare una soluzione. Tra l’altro per gli accomodamenti ragionevoli, l’articolo 5bis della 104 ci impone di occuparci anche di soggetti privati e così abbiamo già avuto diversi casi di persone con disabilità che lamentavano il fatto che il condominio non facesse realizzare l’ascensore per la persona con disabilità. Noi abbiamo espresso il nostro parere, lo abbiamo mandato, le persone con disabilità l’hanno potuto produrre all’amministratore del condominio e in diversi casi le cose sono cambiate. Anche in alloggi di edilizia popolare, che spessissimo hanno questo gravissimo problema di non essere accessibili alle persone con disabilità, alcuni risultati li abbiamo ottenuti. Il che non significa che in nove mesi abbiamo risolto tutti i problemi…
Un compito importante attribuito all’Autorità è quello di individuare i cosiddetti “accomodamenti ragionevoli”: una soluzione pratica che riesce a contemperare due opposte esigenze. In questo caso ci occupiamo anche di soggetti privati
L’Autorità Garante ha la facoltà di visitare le strutture semiresidenziali e residenziali, senza necessità di autorizzazione o di preavviso e con accesso illimitato ai luoghi. Avete già esercitato anche questa funzione ispettiva?
Io preferisco chiamarle visite, non ispezioni, perché il compito che il legislatore ha affidato all’Autorità è sempre un compito di tutela delle persone con disabilità. Quando noi entriamo nelle strutture il focus è sempre la persona con disabilità, noi ci dobbiamo occupare di questo. Non entriamo nelle strutture per cogliere in difetto qualcuno, ma per correggere quello che non va. Ci auguriamo anzi di entrare in una struttura e trovare delle soluzioni che possano essere estese come buone pratiche ad altri. Poi è ovvio che se dovessero emergere criticità sotto vari profili – per esempio stiamo chiudendo dei protocolli con i Nas – noi dovremmo comunicarli alle autorità competenti, però, ripeto, la nostra ottica è collaborativa. Quando entriamo in una struttura guardiamo tutto, perché tutto incide sul benessere della persona con disabilità: l’aspetto della struttura, la presenza o meno di barriere, l’aspetto sanitario, quello socio-sanitario, quello sociale, se il personale è formato, se è in numero sufficiente. A proposito di strutture però vorrei aprire una parentesi a cui tengo molto.
Quale?
Parliamo da tanto tempo di progetto di vita, che è anche l’istituto principe della riforma della disabilità. Ma il progetto di vita non vale solo per le persone con disabilità che vivono a casa propria, con la propria famiglia: vale anche, forse anzi soprattutto, per le persone che sono ospitate nelle strutture. Noi dobbiamo garantire anche a loro un progetto di vita, cioè il fatto che – lo dico molto chiaramente – in quella struttura non siano “parcheggiate”.
Il progetto di vita non vale solo per le persone con disabilità che vivono a casa propria, con la propria famiglia: vale anche, forse anzi soprattutto, per le persone che sono ospitate nelle strutture
Quante visite pensate di fare?
Il legislatore ci abilita a fare visite sia su segnalazione sia d’ufficio, ovviamente non concordate. Daremo la precedenza alle strutture che sono state oggetto di segnalazione. Per stendere un programma di visite d’ufficio abbiamo prima bisogno di capire quante sono le strutture, che dimensioni hanno, quanti sono gli ospiti… Recentemente abbiamo incontrato il presidente della Conferenza delle Regioni per chiedere che ci aiutino a fare questo monitoraggio. In materia di disabilità – lo denuncia spesso anche il ministro Locatelli – troppo spesso mancano dati aggiornati che consentano una piena conoscenza del fenomeno. Sulla base di questo monitoraggio, faremo un programma di visite. Cominceremo già quest’anno.
Quali priorità avete individuato per il vostro mandato?
Per il 2025 non abbiamo steso un programma d’azione: abbiamo considerato il 2025 come un anno di sperimentazione dell’attività della Autorità Garante e su questa interpretazione siamo stati confortati anche da un parere dell’Avvocatura dello Stato. Dal prossimo anno potremmo pensare di fare un programma di azione, visto che abbiamo una nomina quadriennale, però è chiaro che le priorità seguono anche le emergenze che man mano arrivano.
Quale tipo di relazione e collaborazione immagina con le realtà del Terzo settore?
Il decreto legislativo 20 dice chiaramente, in più di un passaggio, che l’Autorità Garante deve coordinarsi con gli enti del Terzo settore. Ha un obbligo di consultazione periodica delle due più grandi federazioni, Fish e Fand: almeno ogni sei mesi noi dobbiamo consultarle e lo abbiamo già fatto più volte. Ovviamente incontriamo anche altre associazioni, anche su loro richiesta, perché sappiamo benissimo che in questo mondo c’è un tema di rappresentanza. In questi nove mesi abbiamo incontrato grandi associazioni come realtà piccolissime, perché riteniamo che il confronto sia fondamentale. Per esempio le attività di promozione dei diritti delle persone con disabilità le dobbiamo concertare con il Terzo settore ed è giusto che sia così, perché è il Terzo settore che fa quotidianamente queste attività di promozione sul territorio. Non dimentichiamo che l’Autorità Garante è un tassello di un mosaico più ampio, dove c’è il ministro per le Disabilità, l’Osservatorio, il Terzo settore: ciascuno ha il proprio ruolo, però giochiamo tutti la stessa partita, fare in modo che quella piena partecipazione delle persone con disabilità ad ogni aspetto della vita, di cui spesso parliamo, diventi effettivamente realtà. Serve una costante sinergia, altrimenti questo risultato non si ottiene. Poi è comprensibile che quando nasce un nuovo soggetto e questo nuovo attore entra in un sistema pre-esistente, da parte degli altri ci sia la paura di vedersi tolto spazio: lo capisco e lo comprendo. Ma io penso che l’istituzione dell’Autorità Garante non tolga spazio a nessuno: arricchisce la squadra, soprattutto se fa sinergia.
È comprensibile che quando un nuovo attore entra in un sistema pre-esistente, da parte degli altri ci sia la paura di vedersi tolto spazio: lo capisco e lo comprendo. Io penso che l’istituzione dell’Autorità Garante non tolga spazio a nessuno: arricchisce la squadra, soprattutto se fa sinergia. Giochiamo tutti la stessa partita
Questa cosa la dice perché ha percepito da parte del Terzo settore una paura in questo senso?
Inizialmente sì, ma non me ne dispiaccio, è una reazione umana e, come ho detto, più che comprensibile. Tra l’altro è successo a tutte le Autorità, anche negli altri settori. Da parte nostra, l’abbiamo ribadito in maniera molto chiara ai Presidenti delle due federazioni: noi intendiamo collaborare, lo abbiamo dimostrato fin dai primissimi giorni con un colloquio costante con loro, così come con l’autorità politica, perché solo confrontandosi e facendo sinergia realizziamo l’obiettivo. Il Garante della Privacy, per esempio, c’è da 25 anni: la privacy preesisteva al Garante, però quasi nessuno ci faceva caso. Oggi è normale pensare “hai violato la mia privacy, faccio denuncia al Garante”. Succederà la stessa cosa con noi: pian pianino tutti prenderanno contezza della nostra esistenza.
È molto chiaro il tipo di intervento che potete fare in risposta ad una segnalazione di singoli casi di discriminazione o di violazione dei diritti, ma l’Autorità come potrà intervenire su problemi sistemici? Voglio dire, in questo momento le regioni stanno restituendo al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali i fondi non spesi per il dopo di noi per il triennio 2016/18. Anche qui c’è una violazione dei diritti, perché le regioni non sono state in grado di spendere quelle risorse…
Sono contento di questa domanda, perché è un piano su cui stiamo già lavorando. Abbiamo incontrato il presidente Fedriga e questi temi – che sono soprattutto il tema della uniformità della presa in carico – li abbiamo affrontati. Lei dice che alcune regioni stanno restituendo risorse non spese per il Dopo di Noi ma purtroppo, con riferimento ad altri Fondi, ci sono anche risorse spese non sempre in maniera edificante. Noi abbiamo evidenziato al presidente Fedriga che visto che siamo un’Autorità nazionale, a noi sta a cuore l’uniformità della presa in carico: come non è accettabile che esistano tante sanità quante sono le regioni italiane, non è possibile che esistano tante prese in carico delle persone con disabilità quante sono le regioni italiane, i Comuni, gli ambiti territoriali. Lo abbiamo detto anche al sindaco di Perugia, che in Anci ha la delega per i temi della disabilità.
A noi sta a cuore l’uniformità della presa in carico: non è possibile che esistano tante prese in carico delle persone con disabilità quante sono le regioni italiane, i Comuni, gli ambiti territoriali
Il Garante può avere poteri sostitutivi?
No, però qui la moral situation nostra è molto forte. Noi ogni anno dovremo fare la relazione al Parlamento e al Governo sull’attività svolta – la prima relazione la presenteremo il 15 aprile 2026, relativa al 2025 – e se l’Autorità Garante in quella Relazione dovesse, come probabilmente capiterà, segnalare queste criticità sistemiche ecco, è una voce autorevole. Anche qui i risultati si ottengono collaborando: per esempio siamo presenti al Tavolo istituito dai ministri Schillaci e Locatelli sui Dama, così come ci è stato chiesto di partecipare ai tavoli sul co-housing, sulla riforma degli anziani che ci interessa perché la non autosufficienza è una condizione di disabilità. Partecipiamo volentieri, ascoltando e anche proponendo soluzioni, sapendo però che le scelte, come è giusto che sia, sono del decisore politico. La stessa cosa stiamo facendo con la riforma della disabilità, che stiamo seguendo con attenzione.
Che valutazione possiamo dare di questi primi nove mesi di sperimentazione della riforma?
Ci esprimiamo positivamente sulla sperimentazione, che tra l’altro da poco si è allargata ad altre 11 province. A breve il ministro Locatelli dovrebbe dare un primo ritorno su come sta andando la sperimentazione. Ascolteremo con attenzione tutti gli attori, e in particolare le persone con disabilità e i loro rappresentanti per capire se poi ci sarà da correggere qualche cosa.
Torniamo a quella dimensione per così dire sistemica dei diritti violati delle persone con disabilità. Cosa la preoccupa in particolare?
Facendo una statistica delle segnalazioni, due sono i problemi più ricorrenti. Uno è quello della presa in carico da un punto di vista sanitario e sociosanitario, con una difformità veramente rilevantissima sui territori: abbiamo scritto ad alcuni presidenti delle Regioni, evidenziando specificamente la particolare criticità che emergeva dalle segnalazioni. L’altro nostro problema è quello dell’inclusione scolastica. Da questo punto di vista noi siamo un’eccellenza sul piano internazionale, però dobbiamo ammettere che ci sono tante criticità, perché le scuole sono tante, c’è l’autonomia scolastica, i dirigenti scolastici non sono tutti uguali e soprattutto non sono tutti adeguatamente formati gli insegnanti di sostengo. Quindi purtroppo continuano a esserci delle criticità. Alcuni passi avanti rispetto al passato sono stati fatti: per esempio il provvedimento relativo alla continuità didattica dei supplenti è stato un importante e non a caso noi siamo intervenuti in giudizio sia al Tar sia al Consiglio di Stato, per supportare la posizione del ministero. Quindi riconosco al ministro Valditara di aver imboccato una strada positiva, però rimangono ancora tante criticità. Ovviamente bisogna migliorare la formazione non soltanto degli insegnanti di sostegno ma anche degli insegnanti curriculari, perché il problema è anche questo: la disabilità non deve essere considerato un tema di esclusiva spettanza dell’insegnante di sostegno. Poi c’è il tema dell’assistenza all’autonomia e comunicazione, che fa i conti con il fatto che i Comuni lamentano la scarsità di risorse: queste risorse sono state incrementate nell’ultimo riparto dal ministro Locatelli, che si è presa anche l’impegno di incrementarle ulteriormente per un motivo molto semplice: il numero degli studenti con disabilità aumenta ogni anno.
Ha accennato alla relazione al Parlamento. Rispetto alla accountability, che cos’altro ci permetterà di valutare l’efficacia del vostro intervento?
Come strumento formale c’è la relazione al Parlamento. Poi l’efficacia del nostro intervento ce la diranno le persone con disabilità, le loro famiglie, i caregiver, le associazioni. Devo dire che abbiamo già ricevuto diversi messaggi dalle persone con disabilità che ci hanno ringraziato e questo è merito del personale dell’ufficio, che in questi mesi pur in numero veramente limitato, ha dimostrato una grande disponibilità e dedizione.
Quando l’Ufficio avrà l’intera dotazione di persona prevista e quindi sarà pienamente operativo?
Per primo anno, il 2025, noi ci avvaliamo di un contingente provvisorio di personale che è in posizione di comando presso l’Autorità. È quello che normalmente avviene quando si avvia una nuova struttura: viene messa a disposizione una sede e un primo piccolo contingente di personale. Dal 1° gennaio 2026 sono previsti un direttore generale, un dirigente in seconda fascia, 10 funzionari, 10 assistenti. Il personale del contingente provvisorio, alla fine di quest’anno potrà presentare domanda di confluire nel ruolo – e ci auguriamo che faranno domanda, visto che si tratta di persone che hanno acquisito una bella esperienza in questi mesi – ma visto che il ruolo è più ampio andremo a reclutare le figure mancanti, sia bandendo dei concorsi sia ricorrendo ancora allo strumento del comando. Quindi il primo anno è stato un anno di startup, ma dal prossimo entriamo nella piena operatività.
Quante segnalazioni sono arrivate?
Circa un migliaio ma ci aspettiamo un aumento notevole in conseguenza dell’apertura del sito internet. A proposito del sito, c’è stata anche qualche polemica perché ci abbiamo messo tanto a realizzarlo. Innanzitutto devo dire che abbiamo chiesto che venisse progettato dall’Agid e dal Dipartimento per la transizione digitale della Presidenza del Consiglio, ossia dalle amministrazioni pubbliche che si occupano di questi temi e che ringrazio per la fattiva collaborazione. Poi la realizzazione è stata affidata a un soggetto privato, con in testa l’idea che volevamo un sito ineccepibile dal punto di vista dell’accessibilità, che poi infatti abbiamo fatto verificare alle persone con disabilità e ci hanno fatto diverse osservazioni, così abbiamo dovuto correggerlo. Non ci siamo accontentati della mera dichiarazione di accessibilità che, come lei sa, deve corredare qualunque sito: perché poi sappiamo che purtroppo anche molti siti delle pubbliche amministrazioni non sono, in realtà, accessibili pienamente alle persone con disabilità. Il nostro è semplice ma accessibile, come lo volevamo: senza fronzoli o effetti speciali, perché le persone con disabilità non hanno bisogno di effetti speciali, hanno bisogno di concretezza e di accessibilità. E noi abbiamo cercato di garantirla il più possibile.
In apertura, il Collegio della Autorità Garante: da sinistra, Francesco Vaia, Maurizio Borgo e Antonio Pelagatti
Nessuno ti regala niente, noi sì
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