Benessere lavorativo

Parità e ascolto: Itaca è l’unica coop sociale tra i 100 “best employer” d’Italia

È friulana l’unica cooperativa sociale tra le cento migliori aziende italiane in cui lavorare. Si chiama Itaca e ha sede a Pordenone: 1.800 lavoratori, l’84% donne, una cultura organizzativa che mette al centro cura, ascolto e diritti. Dalla maternità retribuita al 100% alla carriera “alias”, fino ai servizi di conciliazione: un modello di cooperazione che dimostra come il benessere delle persone sia la chiave per la qualità dei servizi

di Veronica Rossi

Nella classifica delle cento migliori aziende in cui lavorare c’è una sola cooperativa sociale, che opera in Friuli Venezia Giulia (ed è anche l’unica realtà della Regione inclusa nell’elenco). Si chiama Itaca e ha sede a Pordenone. L’organizzazione friulana si è classificata al sessantaquattresimo posto tra i 450 migliori datori di lavoro d’Italia nella classifica “Italy’s best employers 2026”, di Statista e Corriere della Sera.

La missione delle coop sociali

«Le cooperative in generale e in particolar modo le cooperative sociali avrebbero statutariamente l’obbligo di impegnarsi per un ambiente di lavoro il più possibile accogliente e coerente con i valori che la cooperazione esprime», dice Paolo Castagna, il presidente. «Ma realizzarlo non è facilissimo per realtà grandi come la nostra: abbiamo 1.800 dipendenti. Per ottenere un certo benessere lavorativo ci deve essere un’attenzione costante».

Quando ci sono, come in questo caso, 55 milioni di fatturato e i costi sono circa 54 milioni – spiega Castagna, che prima era direttore amministrativo e preparava i bilanci della coop – vuol dire che bisogna per forza lavorare bene, in modo che nessuno dei committenti, al 95% pubblici, contesti la fattura e non ci siano problemi nei pagamenti. «La mutualità in una cooperativa sociale ha due aspetti fondamentali», sottolinea, «salvaguardare la dignità del lavoro e la qualità dei servizi. Essere in una classifica terza a cui hanno contribuito di più di 300mila lavoratori è un motivo d’orgoglio importante, perché significa che quello che stiamo facendo funziona».

Parità di genere e conciliazione: ecco i benefici per i dipendenti

Ma quali sono gli accorgimenti che la coop mette in atto? Innanzitutto c’è una grande attenzione al genere femminile. L’84% dei dipendenti, è donna; con questa percentuale, l’attenzione è sempre stata alta. Nel 2022, con la normativa, è arrivata anche la Certificazione della parità di genere. «Mettiamo a budget delle somme importanti che hanno l’obiettivo di favorire la conciliazione casa e lavoro per le nostre colleghe», afferma il presidente. «Per esempio integriamo la maternità al 100% dal primo giorno in cui si scopre la gravidanza, fino ai tre mesi del bambino. Vogliamo passare il messaggio che la maternità non sarà mai considerata un difetto per la nostra impresa. Abbiamo un centinaio di maternità all’anno, per cui la lavoratrice sta a casa un anno circa». Anche al rientro, ci sono delle agevolazioni: un servizio psicologico e forme di elasticità. Grazie al progetto “4mum”, le mamme nei primi mille giorni di vita dei loro figli possono avere un importante aiuto: dal servizi di babysitting alla stireria, per sollevare dalle incombenze quotidiane che diventano faticose con l’arrivo di un piccolo. Itaca non dimentica nemmeno i papà, che hanno diritto a 12 giorni di congedo contro i 10 della normativa nazionale. Tutela di genere, però, non significa solo sostegno alla maternità: la cooperativa ha anche avviato la possibilità di avere un’identità “alias”, un protocollo che permette di utilizzare alle persone transgender il proprio nome d’elezione all’interno dei documenti e delle attività aziendali.

All’interno di Itaca è stato avviato anche uno sportello contro le discriminazioni, a cui qualunque dipendente può rivolgersi per ottenere l’aiuto di una psicologa. «Il lavoratore così sa che può attivare un canale per tutelare i propri interessi e per confidare le proprie preoccupazioni», dice il presidente, «anche in situazioni particolari e molto delicate, di cui ha la possibilità di parlare con serenità, a qualcuno che saprà ascoltarlo e muovere le leve opportune nell’organizzazione, a seconda di quanto successo».

La voce delle dipendenti

Quando è arrivata la notizia dell’inclusione della coop all’interno della classifica, Fabiana Cappai, coordinatrice dei servizi di assistenza personale, si è sentita orgogliosa come se fosse un suo successo personale. Lavora in Itaca dal 2014, quando ha iniziato come Oss. Nel tempo, le sue responsabilità sono accresciute: i suoi superiori hanno creduto in lei e hanno ritenuto che potesse progredire. «C’è molto supporto», racconta. «Quando hai bisogno di aiuto dall’altra parte trovi sempre qualcuno che ti dice “Vediamoci e parliamone, chiamami e ne discutiamo, così cerchiamo una soluzione insieme”. Non c’è mai una chiusura». Cappai, quando ancora svolgeva il lavoro di Oss, è andata in maternità: dallo stesso istante in cui ha saputo di essere incinta è rimasta a casa, con una retribuzione al 100%, fino ai sette mesi del bambino. «Abbiamo anche dei servizi di conciliazione», continua la dipendente, «una volta all’anno possiamo fare richiesta, per la mensa del bimbo, per esempio, per i centri estivi o per un assistente domiciliare. Entro dicembre portiamo il giustificativo di quanto abbiamo speso e una parte ci viene tornata indietro».

Daniela Bortolin è coordinatrice dell’équipe educativa della cooperativa e lavora a Itaca dal 2003: attualmente dirige una cinquantina di educatori che entrano nelle scuole e seguono i bambini e i ragazzi. «Nonostante i grandi numeri si è creata proprio una bella squadra educativa», dice. «La cooperativa ha agevolato per noi educatori la possibilità di lavorare in maniera molto aperta e flessibile, realizzando insieme ai committenti e ai lavoratori dei progetti su misura». Itaca, negli ultimi consigli di amministrazione, ha anche dato uno spazio per l’ascolto delle difficoltà di chi coordina, accogliendone i bisogni, come lo smart working. E per quanto riguarda il problema che affligge di solito gli educatori che lavorano a scuola, cioè la perdita dell’ora di lavoro – e quindi di una parte dello stipendio – nel caso in cui il bambino che seguono sia assente? «Abbiamo ideato un sistema per far sì che la paga rimanga costante e non abbia delle oscillazioni», spiega Bortolin. «Gli educatori vengono assunti con un contratto che ha qualche ora in meno rispetto a quelle che effettivamente vengono fatte nel mese. La persona, quindi, mette da parte una quota-ore che risultano buone nel momento in cui l’utente è assente. Se poi si vede che gli educatori aumentano il tempo accantonato in banca-ore, c’è anche la possibilità di aumentare il contratto. In più, vengono incentivati gli “scambi”. Abbiamo un gruppo Whatsapp: se la mattina un collega ha bisogno di una sostituzione e un altro segue un bimbo assente, ci si può mettere d’accordo».

Foto nell’articolo fornite dall’ufficio stampa

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