L'Alzheimer sul grande schermo

“Per te”, il mistero della tenerezza che sfida l’oblio della memoria

Arriva nelle sale il film con Edoardo Leo ispirato alla vera storia di Mattia Piccoli, giovane alfiere della Repubblica, e di suo padre Paolo che, poco più che quarantenne, inizia a perdere pezzi di memoria. L'intervista al regista Alessandro Aronadio: «È una storia che ci riguarda tutti. Non c’è bisogno di una diagnosi per aver paura di dimenticare»

di Daria Capitani

Che cosa insegneresti a tuo figlio, se ti dicessero che tra nove mesi dimenticherai tutto? E dove custodiresti le informazioni più preziose, quelle di cui tenere traccia per poterci ritornare? Per te, al cinema dal 17 ottobre, è un film che prova a rispondere con delicatezza e sincerità a queste domande. Racconta la storia vera di Mattia, 11 anni, e di suo padre Paolo, che a poco più di 40 ha ricevuto una diagnosi di Alzheimer precoce.

La storia è quella di Mattia Piccoli, giovanissimo alfiere della Repubblica nominato dal presidente Sergio Mattarella quattro anni fa (ad oggi sono 322 gli “Alfieri della Repubblica” nominati come “modello di buon cittadino”). Originario di Concordia Sagittario (Venezia), è stato insignito dell’onorificenza in quanto “custode del suo papà” insieme al fratellino minore Andrea. Presentato in anteprima al Festival del Cinema di Roma e ad Alice nella città, il Festival dedicato ai ragazzi che si svolge in parallelo, il film entra nella casa di una famiglia nello stesso istante in cui la malattia neurodegenerativa sconvolge gli equilibri e ribalta i rapporti. E così Paolo (interpretato da Edoardo Leo) si ritrova a chiedersi quante cose abbia dimenticato nella sua vita: «Otto anniversari su 11» dice, «ma non il mio matrimonio, perché quel giorno nevicava». Scrive al sè “smemorato del futuro” un quaderno di appunti per stare al mondo, ma soprattutto insegna, in modo goffo e prematuro, le nozioni che nel suo immaginario un padre dovrebbe trasmettere a un figlio (Javier Francesco Leoni): guidare, farsi la barba e il nodo alla cravatta, la ricetta dei ravioli della nonna e i film da non perdere per diventare adulti.

Mattia (Javier Francesco Leoni) e Paolo (Edoardo Leo) in una scena del film

«Quando i produttori mi hanno chiesto di mettere in scena questa storia con leggerezza, ho risposto di sì, ma per settimane credo di aver maledetto quel momento», confida il regista Alessandro Aronadio. «Ogni sceneggiatura è una montagna da scalare, ma questa è la più alta che abbia mai affrontato».

Perché è stato così difficile?

Riuscire a trovare una chiave per infondere leggerezza non è stato semplice. Ho accettato la sfida convinto di voler fare un film non sulla malattia ma sulla memoria. È una storia che parla del prendersi cura, che in questo momento mi sembra uno dei temi più importanti da mettere in luce. Non riguarda soltanto un padre e un figlio, riguarda la famiglia, gli amici, gli esseri umani in generale. È un film sull’umanità, sulla condivisione e sui ricordi.

Il regista Alessandro Aronadio.

Ha dedicato il film a suo padre e a suo figlio. Perché?

Per te è una finestra sull’Alzheimer e sulla vita, ma racconta anche quanto sia complicato oggi essere maschi. Spesso ci viene culturalmente richiesto di anestetizzare la nostra emotività, di somigliare allo stereotipo che ci vorrebbe tutti uomini senza macchia e senza paura. Non volevamo dipingere un eroe buono colpito dalla malattia, volevamo restituire un Paolo in carne e ossa, un uomo come tanti, con le sue assenze e i suoi errori, che in una diagnosi dolorosa trova un’occasione per costruire nuovi ricordi ed essere un padre e un marito migliore. Il vero Paolo è il ritratto della salute, un uomo forte che faceva il buttafuori in discoteca, l’ultima persona che avremmo pensato potesse ammalarsi o ammettere di avere paura, addirittura di fronte a un figlio. Un gigante d’argilla, che ho conosciuto attraverso il libro scritto da sua moglie Michela Morutto, Un tempo piccolo. Continuare a essere famiglia con l’Alzheimer precoce. Il film reinventa la realtà, rispettandone la verità. Il risultato è una storia universale che ci riguarda tutti: riguarda la memoria, il contatto, il prendersi cura e anche il non perdere di vista i ricordi in un momento storico in cui il mondo sembra aver perso traccia degli errori compiuti.

Per te è un film sulla malattia, ma prima ancora è un film sul nostro essere genitori. Ci dice che la distrazione fa più danni di una memoria fragile.

Volevo che fosse infinitamente intimo e piccolo. Mi sono confrontato con una famiglia, con un uomo e un padre, cercando di mettermi nei suoi panni: i suoi ricordi si sono fusi con i miei.

In che cosa si è sentito più vicino al Paolo del film?

Sono distratto dal futuro, dai progetti, da quello che voglio fare. Spesso dimentico di guardare indietro, di fermarmi a osservare la strada che ho compiuto. Quando ti distrai, non lasci indietro soltanto i ricordi, lasci indietro anche gli affetti.

Il trailer del film.

Accanto a Paolo e a Mattia, c’è Michela (interpretata da Teresa Saponangelo), una moglie e una mamma molto consapevole. È una caregiver sincera e a tratti dura, sa tener salda la sua famiglia anche a ruoli invertiti. «Sei ancora tu», dice al marito. «Tu dimenticherai tutto ma io sarò qui e ricorderò ogni cosa».

Michela è il motore della storia. Nella mia interpretazione, Paolo prova ad affrontare questa diagnosi nascondendosi nella superficialità, abbracciando la commedia e sorvolando sul dolore. Michela invece è il principio di realtà, è lei che ricorda a un certo punto a Paolo che di fronte al dolore non può esistere un’eterna via di fuga, soprattutto se accanto ci sono persone che ti vogliono bene. Alla fine del film, ognuno prenderà qualcosa dall’altro: Michela accoglierà un po’ di leggerezza, Paolo acquisirà concretezza. Michela è una caregiver, ma è soprattutto una donna che vive accanto a un uomo che non è perfetto ma è l’uomo che ama.

«Le storie fanno bene a chi le ascolta, ma anche a chi le racconta», dice Mattia in piedi accanto al padre, di fronte a una parete tappezzata di fotografie. Le ha fatto bene raccontare questa storia?

È una delle lezioni che Mattia dice di aver imparato da questo viaggio. Le storie a tratti inventate che racconta a Paolo di fronte a una lavagna di ricordi creano una connessione tra padre e figlio. In fondo, la connessione è ciò che tutti noi cerchiamo quando proviamo a inventare e a raccontare.

Mattia (Javier Francesco Leoni) e Paolo (Edoardo Leo). Al centro, Teresa Saponangelo nel ruolo di Michela

Che cosa ha capito sulla memoria?

La memoria è qualcosa che mi angoscia e mi affascina al tempo stesso perché è caotica e in qualche modo irresponsabile. Ricordo una poesia imparata in quarta elementare, ma non quelle che mi hanno segnato al liceo. Di eventi importantissimi della mia vita, ho scolpito in mente i dettagli ma non il nucleo centrale. La memoria è un enorme mistero: per raccontarla, sono partito da un quaderno in cui ho scritto l’elenco delle cose che dimentico. È diventato l’inizio di Per te: un film che non ritrae soltanto quella famiglia ma racconta tutti noi, quello che ricordiamo e quello che rischiamo di dimenticare. Un inno al desiderio di costruire ricordi insieme alle persone che abbiamo intorno.

Le immagini sono state fornite dall’ufficio stampa del film. La fotografia in apertura è di Lucia Iuorio

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