Inverno demografico
Più asili nido uguale più figli: dove crescono i servizi all’infanzia, le nascite salgono dell’8,6%
L’espansione dei servizi educativi per la prima infanzia ha un effetto statisticamente significativo sulla natalità. A dirlo è uno studio dell'Istat. Si stima un incremento medio dell’8,6% delle nascite che non sarebbe stato osservato in assenza dell'incremento dei servizi
Più asili nido uguale più figli? Che effetto ha l’espansione dei servizi educativi per la prima infanzia sulla natalità in Italia? Positivo e statisticamente significativo. Di certo, contribuisce a contrastare il calo delle nascite.
La condizione sine qua non
A una condizione, però. Che l’incremento della disponibilità di nidi, compresi quelli in contesto domiciliare, ma anche ad esempio degli spazi gioco per i più piccoli, sia sostanziale.
Sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni a cui giunge il recente studio a cura Giulia Milan, Viviana Celli, Emmanuele Pavolini, Stefani Scherer, Pietro Bracaglia, Pierina De Salvo, Valeria Qualiano, Roberta Crialesi pubblicato nella serie Istat working paper. Un’indagine importante non solo per il metodo innovativo di analisi adottato ma anche perché prova a far luce su un ambito di ricerca caratterizzato finora da esiti non univoci degli studi internazionali.
L’effetto di un aumento consistente nei servizi
I risultati evidenziano che i comuni che nel periodo tra il 2015 e il 2018 hanno sperimentato il passaggio da livelli di scarsa diffusione dei servizi (copertura inferiore al 20%) a livelli considerati medi o medio-alti nel contesto internazionale (copertura maggiore o uguale al 30%) hanno registrato in media un maggiore numero di nascite nei quattro anni successivi.
A parità di altre condizioni, tra cui il numero medio annuo di donne residenti di 15-49 anni, l’aumento nella diffusione dei servizi educativi risulta pertanto aver dato luogo a una discontinuità nelle serie storiche delle nascite. L’effetto, spiegano i ricercatori, pur non fortissimo, risulta «statisticamente significativo e di segno positivo in tutto l’arco di osservazione». Nei Comuni presi in esame, tendenzialmente di piccole dimensioni, si stima un incremento medio dell’8,6% delle nascite che non sarebbe stato osservato in assenza dell’ampliamento dei servizi. Una crescita che non si verifica invece nei Comuni con nulla o bassa copertura dei servizi educativi fino a tre anni di età.
Come spiegare l’andamento dei dati? Secondo la ricerca in questi casi manca «una cultura minima di accesso ai servizi educativi per poter avere effetti sulla natalità». In altri termini, si precisa, è possibile che nei Comuni in cui non sono mai stati attivati nidi d’infanzia o dove l’offerta è stata così limitata da essere principalmente riservata alle famiglie con particolari problematicità sociali (ad esempio, segnalate dai servizi sociali comunali), le famiglie non siano abituate «a considerare tali servizi come una opportunità sia di conciliazione sia di educazione per i propri figli, almeno nel breve periodo».
L’ipotesi più promettente è che l’assenza di servizi o un livello molto basso di disponibilità degli stessi «corrisponda a livelli molto bassi anche per la domanda e per le aspettative sul nido».
Quali suggerimenti per il decisore politico
Da tempo, come è noto, l’Italia è alla ricerca di strumenti per fermare o almeno decelerare la tendenza al declino demografico e all’invecchiamento accelerato. Questo non significa, sottolinea l’indagine, che i servizi educativi all’infanzia abbiano solo questo scopo e nemmeno che il rilancio della natalità sia necessariamente il fine principale.
È vero anche, però, che l’investimento nei servizi educativi offre ulteriori benefici in termini di inclusione lavorativa delle donne e, in prospettiva, di maggiore uguaglianza di genere, soprattutto per le donne con più bassa istruzione. La ricerca presentata, in particolare, mostra che un aumento sostanziale della copertura dei servizi educativi può comportare un numero maggiore di nascite rispetto a Comuni identici.
È quindi importante che questi Comuni, è il monito dei ricercatori, sviluppino prima possibile «un’offerta e con essa una cultura di fiducia nel nido, in modo tale da sollecitare la domanda e creare la consapevolezza che sia possibile fare affidamento sul supporto di un sistema socio-educativo valido e positivo per lo sviluppo dei bambini». I Comuni italiani che sperimentano livelli di copertura dei posti al di sotto del 20% dei bambini residenti sono ancora tanti, circa il 60%.

Peraltro, una parte di questi non ha un’offerta educativa per bambini sotto i 3 anni o ha tassi di copertura inferiori al 10%. Il salto da un livello di offerta carente in relazione alla domanda a un livello decisamente superiore consente di colmare il gap tra domanda e offerta e «di determinare una condizione di fiducia sulla disponibilità di un sistema educativo accogliente» modificando le aspettative dei futuri genitori sulle difficoltà percepite. Difficoltà che si presentano soprattutto nei primi anni di vita dei bambini.
In apertura photo by Kat van der Linden on Unsplash
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