Inclusione sociale
Quale abitare per la longevità? A Bolzano il condominio solidale fa l’upgrade
La cooperativa Sole inaugura a Bolzano un progetto di abitare collaborativo che coinvolge tutto il quartiere di Oltrisarco. Anziani, donne e studenti si aiutano a vicenda e fanno comunità, attraverso un modello abitativo che mette al centro la partecipazione attiva. Una storia cominciata dieci anni fa da un condominio solidale di Cervia...
Una sfida che ha dentro di sé un paradosso: un progetto innovativo che ci riporta al passato. A quel Novecento fatto di famiglie allargate, ottimi rapporti di vicinato, scambi di premure e cortesie. Nell’iniziativa “Un modello abitativo per la longevità”, presentata a Bolzano dalla cooperativa Sole, c’è però molto di più. Perché, come riconosce la presidente Roberta Massi, «è vero che c’è questo paradosso, ma in fondo siamo partiti da un modello che in passato è risultato vincente. Noi ci abbiamo aggiunto una serie di elementi innovativi».
Il progetto della cooperativa Sole, realizzato in collaborazione con Agci Alto Adige Südtirol, è stato inaugurato ufficialmente nella mattinata del 18 settembre in via Aslago, nel quartiere di Oltrisarco a Bolzano: il modello però è replicabile in tutta l’Italia. A rendere ancora più significativo il momento sono state le testimonianze dirette delle donne residenti e degli studenti che hanno raccontato la loro esperienza di questi primi mesi e il valore di vivere all’interno di un contesto che mette al centro la comunità.

Il primo step a Cervia: inventare qualcosa di diverso dalle strutture per anziani
Quello trentino infatti è il secondo step di un progetto avviato una decina d’anni fa a Cervia (Ravenna) attraverso un condominio solidale. Questa volta l’ambito di intervento è più esteso, poiché coinvolge un intero quartiere, ma la filosofia non cambia: si punta sempre all’invecchiamento attivo, portando i servizi a casa delle persone. Il modello di abitare si ispira a un modello di economia civile che vede le persone passare da un logica abitativa assistenziale a una di partecipazione attiva, in cui le persone siano coinvolte nella generazione del proprio futuro di benessere e autonomia. Un elemento unico ha permesso il consolidare un senso di essere una comunità: la solidarietà.
«Riteniamo che, in un momento storico segnato da una profonda crisi abitativa, il progetto di abitare collaborativo rappresenti una risposta concreta e innovativa perché mettiamo al centro la partecipazione attiva, l’inclusione sociale e l’accessibilità, favorendo la nascita di reti intergenerazionali e comunità solidali», sottolinea la presidente Massi. «La cooperativa Sole è stata costituita nel 2013. Durante il primo anno abbiamo cercato di capire come potessimo migliorare l’esperienza maturata nelle strutture per anziani che abbiamo gestito in precedenza. Occorrevano modelli alternativi, quanto meno per le persone autosufficienti. Tenendo pure conto che la famiglia oggi si pone in una modalità diversa rispetto ad alcuni decenni fa: le persone che abitano da sole sono aumentate, i figli spesso lavorano all’estero o comunque lontano. Abbiamo studiato i modelli nordeuropei, e quello del cohousing ci è piaciuto moltissimo».
Nel 2014 la cooperativa vince un appalto per gestire un condominio solidale. Un lavoro fatto in piena collaborazione con i Servizi sociali del Comune di Cervia. «Si sono ritrovate persone e famiglie con origini ed etnie diverse, con problemi sociali e sanitari che si intersecano quasi sempre. Così abbiamo lavorato sull’idea di comunità, cioè del fare insieme, uscendo dalla logica dell’assistenzialismo individuale che nel nostro Paese è molto presente. Siamo passati alla logica di partecipazione. Che cosa significa? Il Comune mi aiuta, mi mette a disposizione una casa per avere una dignità di persona, ma in cambio mi chiede un ritorno a favore della collettività. Nascono così le azioni solidali, piccoli aiuti reciproci in base alle competenze, alla capacità di ciascuno di noi».

La cooperativa, in quegli anni, entra in contatto con l’Ibm, il colosso informatico: da quella relazione nacque una sperimentazione di sensoristica all’interno di una struttura per anziani. «Accettammo un po’ alla cieca, non ci intendevamo di nuove tecnologie», ricorda la presidente Massi. «E lo facemmo non tanto per monitorare i nostri anziani, bensì per verificare se quel modello fosse effettivamente efficace. In effetti l’uitlizzo della tecnologia ci ha permesso di limitare le contenzioni, tra l’altro. Così abbiamo traghettato l’esperienza all’interno del condominio solidale, dove le persone sono supportate ma risiedono in appartamenti individuali. Col tempo, nella struttura per anziani, sono stati coinvolti anche i familiari, e i risultati non si sono fatti attendere. Non solo: abbiamo misurato i benefici, attraverso il coinvolgimento degli esperti dell’Università, e abbiamo dimostrato al Comune che i soldi investiti erano stati spesi bene. Per ogni euro speso ce ne sono stati 2,02 di ritorno. Questo significa, nel lungo periodo, avere un risparmio di risorse pubbliche. Tra i vari obiettivi raggiunti, una riduzione imponente del turn over degli operatori, una riduzione drastica delle assenze per malattia o infortunio, un calo del 25% della somministrazione di alcuni farmaci, soprattutto nelle persone con diabete, demenza o Alzheimer. C’è stato, inoltre, un aumento importante delle richieste di posti letto. La tecnologia ci ha permesso di monitorare la qualità dell’aria nelle singole stanze, ma anche la qualità del cibo e del sonno, persino le attitudini di ogni paziente».

Dalla struttura al condominio, il passo non è stato breve ma comunque si è rivelato azzeccato. Il progetto è stato un po’ precursore anche nel creare la figura dell’infermiere di comunità. Messa da parte la logica assistenziale, è stato creato un team di figure professionali. Il resto lo fanno le persone che sposano l’iniziativa. E non mancano le storie di inclusione sociale, come quella di una donna ghanese che è diventata nel tempo la community manager del condominio e ora è del tutto indipendente.
Il progetto di Bolzano: sei appartamenti per giovani, anziani e donne in condizioni di fragilità
Al quartiere Oltrisarco il nuovo progetto è decollato grazie a una proficua collaborazione tra la cooperativa Sole, l’Agci Alto Adige Südtirol, l’Istituto per l’edilizia sociale – Ipes (che ha formalmente assegnato gli appartamenti di proprietà dell’ente pubblico), l’Azienda servizi sociali del Comune di Bolzano – Assb per la selezione e il monitoraggio dei beneficiari, e l’Ufficio Politiche sociali della Provincia autonoma di Bolzano.
Si è partiti con sei appartamenti a Oltrisarco, destinati a famiglie e singoli in condizioni di difficoltà economica, attraverso un percorso di inclusione sociale che coinvolgerà giovani, anziani e, in particolare, donne in situazioni di fragilità. L’intera iniziativa sarà monitorata attraverso il progetto europeo “Horizon 2020 – Assets”, in collaborazione con il Competence Center in Management delle Cooperative della Libera Università di Bolzano e altri partner internazionali di cui l’iniziativa è diventata un caso studio.
Insieme stanno realizzando un living lab che include la collaborazione con l’unione delle associazioni del distretto di Oltrisarco-Aslago di Bolzano, in cui si vorrebbero realizzare uno spazio e un incontro mensile che unisca tutti gli attori locali, associazioni, parti politiche, imprese, attività commerciali e cittadini per dare visibilità, unire competenze, co-design di servizi, eventi, laboratori dedicati a bambini adulti e anziani per persone che ogni giorno lavorano per rendere vivo e accogliente questo quartiere. «Fondamentale anche la sinergia sviluppata con numerose realtà del Terzo settore del territorio», precisa la presidente Massi.

La visita guidata degli spazi e delle aree comuni ha visto protagonisti anche Massimo Mota, presidente Agci nazionale, Nicola Grosso, vicedirettore Agci Alto Adige, e i residenti che hanno offerto un buffet solidale a tutti i partecipanti. Di pomeriggio, il Centro di competenza per il management delle cooperative ha organizzato al Noi Techpark di Bolzano un evento dedicato ai modelli di abitare collaborativo in Europa.
Per far partire la coprogettazione, ci si è dovuti sedere attorno a un tavolo con tutti gli attori locali. «Lo confesso, all’inizio non immaginavo che dovessimo interloquire con tanti enti», ammette Samuele Verucchi, project manager della cooperativa Sole. «Tutto è cominciato dalla disponibilità dell’Ipes, che possiede numerosi appartamenti sfitti e li mette a disposizione delle realtà del Terzo settore che li può utilizzare a fini sociali. Abbiamo presentato una proposta, che è stata approvata, e abbiamo preso alcuni appartamenti vuoti da anni che erano da ristrutturare. Con gli assistenti sociali abbiamo individuato le persone più idonee al progetto. Inizialmente doveva essere dedicato soltanto ai “senior”, ma in un secondo momento ci siamo resi conto che in tutta la provincia di Bolzano c’erano numerose donne con difficoltà socioeconomiche, single e con figli a carico, che avevano bisogno di una casa. E poi abbiamo ritenuto che fosse meglio per tutti allargare l’iniziativa a giovani studenti, per non occuparci solo di disagio sociale: non volevamo creare un ghetto. Così abbiamo creato un pool multigenerazionale, multiculturale e multietnico che si basa sul generare una comunità solidale. Gli studenti beneficiano di un affitto calmierato, in cambio di azioni solidali: c’è chi tiene corsi di italiano per stranieri, c’è chi segue le persone che hanno difficoltà con le pratiche digitali e le nuove tecnologie, qualcuno garantisce il trasporto di persone, babysitting e visite a musei e mostre. Questa restituzione, attraverso la disponibilità di 10 ore mensili, consente di trovare un corretto equilibrio. Così diventano attori del cambiamento. Non escludo che, in futuro, qualcuno di loro raggiunga le competenze necessarie per introdursi nel progetto come professionista partner».

I servizi si estendono alle persone che abitano in altri edifici del quartiere, in prevalenza anziani con difficoltà economiche. Ma, proprio nell’ottica dell’aiuto reciproco, in soccorso sono intervenuti tantissimi privati, cooperative sociali e associazioni di volontariato, che hanno regalato arredi ed elettrodomestici. «Uno degli aspetti più innovativi è la condivisione delle competenze», sottolinea Verucchi. «Prima di partire, abbiamo fatto la mappatura dei bisogni e delle competenze delle persone, per capire quali servizi possono offrire agli utenti che seguiamo e anche ad altri residenti del quartiere. Prima erano abituati a rivolgersi per qualunque cosa agli assistenti sociali, ora li incoraggiamo a diventare autonomi: nell’utilizzo dello Spid, nel disbrigo delle pratiche, nella gestione della pensione o dello stipendio. Tra di loro si sta creando un sistema di scambio che alleggerisce anche il carico della pubblica amministrazione. La quale, a sua volta, risparmia su tanti servizi. E queste azioni sono tutte misurabili da un economista sociale della nostra cooperativa, ricercatrici e Università nazionali e internazionali».
E si ritorna al paradosso cui si faceva riferimento nell’introduzione. «Sì, questa è la parte meravigliosa», commenta la presidente Massi. «Abbiamo rispolverato il portierato, ma anche altre dinamiche che creano rapporti veri tra le persone. Come accadeva in passato, soprattutto nelle piccole città e nei paesi, quando il mutuo aiuto era una pratica usuale».
La logica d’impresa
«Abbiamo una logica d’impresa: individuiamo un bisogno, cerchiamo una soluzione percorribile senza attendere necessariamente un finanziamento pubblico, e poi cerchiamo di farla diventare realtà. Se funziona, la replichiamo», puntualizza Verucchi. «Come detto, siamo dentro il progetto europeo Assets, che dimostra come si possa rendere più sostenibile l’economia sociale. Non si guarda soltanto alle risorse, ovviamente: al centro ci sono sempre le persone. A Bolzano abbiamo iniziato a organizzare una serie di eventi che dimostrano come il quartiere possa trasformarsi in un hub: un laboratorio a cielo aperto di design di nuovi servizi di quartiere e comunità. Stiamo stimolando le sinergie all’interno del quartiere, per poi allargarci alla città ricreando un senso di appartenenza. Penso agli studenti che possono far visitare Bolzano a coloro che non la conoscono: questa è una delle cose che maggiormente ci hanno richiesto gli stranieri che risiedono in città, provengono dall’Africa, dall’Asia e dal Sudamerica e vogliono integrarsi nel territorio».

Dal condominio al quartiere
Un modello esportabile ovunque? «Il modello del condominio è più facile da proporre. Bologna sta partendo ora», spiega Massi. «Ma si può partire da lì per poi arrivare al progetto di quartiere. La nostra è una sfida nella ricca Bolzano, una città che ha un problema serio: c’è un evidente gap tra chi ha molto e chi ha poco. Nel Mezzogiorno c’è una cultura legata ancora a certe tradizioni, ma la situazione sociale sta cambiando un po’ ovunque e bisogna trovare soluzioni al passo con i tempi. Ma noi imprese dobbiamo allargare maggiormente lo sguardo e farci contaminare da esperienze nuove e vincenti. E avere il coraggio di osare».
«Riteniamo che il vero successo di questa giornata sia stato l’aver creato un luogo di incontro e confronto tra istituzioni, cittadini e residenti, con l’intento che questa sia solo la prima tappa di un percorso più ampio, volto a ottenere nuovi appartamenti e nuovi spazi dedicati alle attività di comunità», sottolinea Verucchi.
Credits foto cooperativa Sole – Bolzano. In apertura, foto di Unsplash
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