Voci dal Forum mondiale
Xun, Simon, Igor: «Così stiamo riscrivendo la mappa del turismo accessibile»
Xun Ji vuole rivoluzionare il concetto di viaggio per le persone con disabilità in Cina, Simon April crede che il diritto al divertimento sia importante tanto quanto l’accessibilità in una scuola e Igor Stefanovich vorrebbe che chiunque potesse realizzare il desiderio di esplorare il mondo «perché la disabilità non determina chi sei». Dal World Summit for Accessible Tourism di Torino, le voci di chi rende il cambiamento possibile
Xun Ji ha 36 anni e viene dalla Cina. Ha degli occhiali trasparenti e un bel sorriso sul volto. Prima di farsi scattare una foto chiede alla sua accompagnatrice di aprirle il golfino: vuole che si veda la scritta verde sulla maglietta che indossa, Rare and Roll. «Rara perché convivo con una malattia rara, roll perché mi muovo su una sedia a rotelle. È il nome che ho voluto dare all’organizzazione che ho fondato». È arrivata al centro congressi del Lingotto a Torino per partecipare come relatrice al World Summit for Accessible Tourism, un appuntamento a cui tiene molto non soltanto per il forte valore simbolico che rappresenta ma anche perché è la prima volta che torna in Europa dopo la pandemia.
Il Summit che si è appena concluso in Piemonte ha messo in fila i numeri e illuminato i progetti (ne abbiamo scritto qui) che stanno modificando le regole del turismo nella direzione dell’accessibilità. Ma oltre i dati e le buone pratiche, ci sono i volti, le voci e le storie di chi, un viaggio dopo l’altro, aggiunge tasselli al cambiamento.
Xun Ji e il sogno di una vita in viaggio
«L’idea di questo progetto non è nata in Cina», racconta Xun Ji, «ma in Europa, a Parigi, dove ho studiato dal 2014 al 2018. Il mio obiettivo? Aiutare le persone con disabilità che vivono in Cina attraverso programmi che favoriscano l’occupazione, l’istruzione e il turismo. La sostenibilità, nel settore turistico, è tutto: soltanto rendendo le nostre città accessibili, potremo migliorare la qualità della vita di tutti».

Nella sua vita, Xun Ji ha viaggiato molto: «Mi piace incontrare persone, abbracciare nuove culture. Sono sempre rimasta molto colpita dalla comodità degli spostamenti in Europa. Essere qui in Italia oggi è per me un traguardo importante, sono onorata di presentare la mia organizzazione in un luogo in cui sono presenti grandi leader e pensatori che hanno scelto di mettere il proprio percorso professionale al servizio delle persone con disabilità».
Simon April: «Viaggiare mi ha insegnato a trovare soluzioni»
«Se è difficile, allora significa che dobbiamo farlo». Simon April, direttore di Kéroul, l’ente che in Québec rende la cultura e il turismo accessibili, e co-president del terzo Forum mondiale del Turismo accessibile, pensa spesso a questa frase. L’ha sentita dire per la prima volta a Parigi da sua madre: «Mi muovo su una sedia a rotelle fin dall’infanzia a causa di una malattia genetica chiamata osteogenesi imperfetta (malattia delle ossa fragili). Mio fratello ha la stessa patologia ma, nonostante la difficoltà di spostarsi con due bambini con disabilità, Parigi è stato il nostro primo viaggio. Arrivati in albergo, dissi a mia madre che mi sembrava tutto molto complicato, lei rispose che più è difficile, più ha senso provarci».
Nella mia esperienza, viaggiare mi ha insegnato a essere me stesso anche fuori dal mio Paese e a trovare soluzioni, perché quando sei un turista, se incontri un ostacolo, devi trovare in fretta un modo per superarlo. È qualcosa di molto stressante, ma ne vale la pena
Simon April, co-president World Summit on Accessible Tourism
April vive in Québec dal 2000. Originario di Témiscouata nella regione del Bas-Saint-Laurent, da sempre lotta per i diritti delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della sua vita. Ha una compagna e un figlio di otto anni e uno straordinario talento nel connettere le persone. «Voglio fare qualcosa per la società», dice. «L’accessibilità non è soltanto un progetto, può essere “il” progetto. Lo stesso vale per il turismo. Nella mia esperienza, viaggiare mi ha insegnato a essere me stesso anche fuori dal mio Paese e a trovare soluzioni, perché quando sei un turista, se incontri un ostacolo, devi trovare in fretta un modo per superarlo. È qualcosa di molto stressante, ma ne vale la pena. Ho scoperto che amo viaggiare perché amo trovare soluzioni che non servono soltanto a me, ma a tutte le persone come me».

«Questa è la mia piccola grande storia», conclude. Poi però aggiunge: «Come possiamo spiegare a chi ci legge perché oggi è così importante investire anche nel divertimento e nel tempo libero? Facciamo qualche esempio: non ho mai frequentato la scuola di mio figlio perché l’edificio non è accessibile, quindi la mia compagna va alle riunioni dei genitori e io no. Anche l’ospedale dove lei lavora non è totalmente accessibile, ma quasi tutti i suoi colleghi non se ne accorgono. Vivere con una persona che si sposta su una sedia a rotelle è un cantiere continuo, un insegnarsi a vicenda. Il divertimento è importante tanto quanto poter entrare in una scuola o in un ospedale perché fa parte della vita. Le persone con disabilità vogliono fare di più, e lo stesso vale per gli anziani: secondo le stime più recenti, in Canada entro il 2030 il 30% della popolazione avrà più di 65 anni, quindi il futuro è dei turisti. Investiamo ora o ci ritroveremo presto a spendere di più».
Igor Stefanovich: «Senza manutenzione, l’accessibilità si logora»
Igor Stefanovich è il coordinatore per l’accessibilità, il turismo culturale e le popolazioni indigene di UN Tourism, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di turismo. «Siamo l’equivalente dell’Unesco per la Cultura, quest’anno celebriamo mezzo secolo di storia. Il nostro compito è aiutare i nostri membri, 160 Paesi nel mondo, a sviluppare politiche e strategie turistiche che abbiano un approccio alla sostenibilità, alla competitività e anche all’accessibilità. È una missione che ha fatto un’evoluzione in 50 anni perché, quando una destinazione incomincia a svilupparsi, oggi cerca il marketing, i numeri, gli arrivi, e subito dopo l’inclusione sociale. È un valore aggiunto non soltanto per il settore turistico: l’intera comunità ne trae beneficio».

Quello che serve, secondo Stefanovich, è uno standard internazionale da applicare in tutto il mondo. «Ci abbiamo lavorato negli ultimi anni con Iso, l’International Organization for Standardization: ora tutti i Paesi possono parlare la stessa lingua, dall’Italia al Perù fino alle isole Hawaii e al Giappone. Una persona con disabilità prova la stessa spinta interiore di qualsiasi persona senza disabilità a esplorare il mondo. Spetta a noi professionisti del settore turistico renderlo possibile, perché la disabilità non determina chi sei, indica le condizioni del contenitore, non certo del contenuto. A questo Forum partecipano grandi attivisti che da anni si battono per un turismo accessibile, ma mi fa piacere vedere anche tanti giovani che portano innovazione, idee di marketing e nuove tecnologie».
Sefanovich lo dice con cognizione di causa: «La mia è una storia strana perché lavoro da molto tempo nel turismo accessibile poi, sette anni fa, in seguito a un’amputazione, mi sono trovato a convivere con una disabilità. Quello che è cambiato è il modo con cui guardo alle fragilità di chi mi cammina accanto, dalle famiglie con bambini in passeggino agli anziani con mobilità precaria. La sensibilità e l’empatia, insieme al rigore e alla costanza, devono guidare il mondo, perché senza manutenzione l’accessibilità finisce per sciogliersi come neve al sole».
In apertura, uno dei welcome tour accessibili organizzati nella prima giornata del Forum globale per il Turismo accessibile. (Fotografia World Summit on Accessible Tourism)
Le fotografie nel testo sono dell’autrice
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