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Roma dedica una via a Eglantyne Jebb, la donna che amò i figli dei nemici

Eglantyne Jebb è la fondatrice di Save the Children. Nel 1919 scandalizzò Londra con la sua idea di raccogliere fondi per i bambini austriaci e tedeschi, colpiti dalla fame a causa del blocco navale imposto dalle nazioni vincitrici. Roma ora le dedica una via. Dinanzi al "definisci bambino" che oggi riecheggia, si alza coraggioso il suo monito: «Non c’è nessuna insita impossibilità nel salvare i bambini del mondo. È impossibile solo se noi ci rifiutiamo di farlo».

di Sara De Carli

eglantyne jebb foto da Uff stampa stc

Il 19 maggio 1919, al “battesimo” di Save the Children, c’è la fila per entrare alla Royal Albert Hall. Fra tanti sostenitori c’è anche chi si presenta «armato di mele marce da tirare in faccia a quei “traditori che vogliono raccogliere fondi per i figli dei nemici”» (p. 78). «A Londra il primo pensiero è quello di aiutare gli orfani e le 200mila vedove inglesi che stanno piangendo i loro morti. Non è proprio il momento di preoccuparsi dei nemici e dei loro figli» (p. 9).

«What on Cornvall? Cosa fate per i bambini della Cornovaglia? Chiede polemicamente il “Daily Express. E sostiene che “charity begins at home”, la beneficenza inizia a casa propria. E dunque “prima gli inglesi”, come diremmo oggi» (p. 141).

Sono solo tre esempi, fra i tanti citati nel volume I figli dei nemici, scritto qualche anno fa da Raffaela Milano, allora direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children, oggi alla guida del nuovo Polo Ricerche dell’organizzazione. In occasione del centenario della nascita di Save the Children, tracciava la figura di Eglantyne Jebb, la sua fondatrice, che ebbe l’idea, scandalosa per l’epoca, di soccorrere i bambini austriaci e tedeschi colpiti dalla fame a causa del blocco navale imposto dalle nazioni vincitrici. Già allora, colpiva il fatto di ritrovare – cento anni dopo – quelle stesse parole, stessa paura, stessa tentazione: “prima noi, poi gli altri”. Il realismo utopico di Eglantyne Jebb, però, ci regalava una speranza.

Oggi, rispetto al 2019, tantissime cose sono cambiate. Siamo letteralmente in un altro mondo. La guerra è di nuovo una realtà. Riecheggia con spudorata sfrontatezza la domanda “Definisci bambino”. Leggiamo che in Russia sono state create 210 strutture per la “rieducazione” dei minori ucraini deportati censite dall’università americana di Yale, di veri e propri cataloghi in cui nuove famiglie di provata fede filo-Putin possono scegliere il bambino da adottare. A Gaza, intanto, inquasi due anni di conflitto almeno 20.000 bambini hanno perso la vita sotto i bombardamenti dalle forze israeliane. Altri – cento, si dice – sono letteralmente morti di fame.

In questo scenario, arriva la notizia che la Commissione Toponomastica di Roma Capitale ha approvato l’intitolazione di una via a Eglantyne Jebb, fondatrice di Save the Children e pioniera dell’attivismo per la difesa dei diritti dell’infanzia. Un riconoscimento importante per una figura che ha segnato la storia della solidarietà internazionale: fu lei, nel 1923, a scrivere la prima Carta dei Diritti del Fanciullo, adottata dalla Società delle Nazioni nel 1924, che ha costituito la base per la successiva Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.


«Siamo profondamente grati a Roma Capitale, agli esperti della Commissione Toponomastica per aver approvato questa intitolazione e all’Assessore alla Cultura Massimiliano Smeriglio per averla proposta. Intitolare uno spazio pubblico a Eglantyne Jebb significa dare visibilità a una donna straordinaria che ha dedicato la sua vita alla difesa delle bambine e dei bambini. È un gesto che assume un valore ancora più profondo oggi, in un momento storico in cui i diritti dell’infanzia sono messi a dura prova in molte parti del mondo, tra conflitti, povertà e crisi umanitarie. Riaffermare il suo impegno è un modo per ricordare che la protezione dei bambini deve essere una priorità assoluta per ogni societàı, ha commentato Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia.

Eglantyne Jebb (qui un video per approfondire la sua vita) riuscì ad «abbattere le barriere prodotte dai nazionalismi e da una malintesa cultura patriottica per recuperare, dopo l’orrore della guerra, il senso di una comune appartenenza umana», scrive nel libro Milano. Da lì comincia un impegno per ristabilire la collaborazione fra le società civili, dal momento che «il soccorso internazionale a favore dei bambini, che è nell’interesse generale, è anche una strada per permettere alla persone di partecipare a un’azione comune e quindi – su un piano accettabile per tutti – avere l’opportunità di imparare nuovamente a lavorar insieme».

Il messaggio di Eglantyne Jebb risuono con infinita potenza oggi: «Non c’è nessuna insita impossibilità nel salvare i bambini del mondo. È impossibile solo se noi ci rifiutiamo di farlo».

Foto da ufficio stampa di Save the Children Italia

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