La Relazione al Parlamento
Servizio civile, numeri record. Ma ci sono ancora troppi pochi posti e troppi abbandoni
Record di domande, ma i posti non bastano. Il Servizio civile piace ai giovani, ma attira meno chi ha tra i 18 e i 20 anni. La maggior parte ha un diploma di scuola superiore, tanti sono laureati. La Relazione al Parlamento racconta il successo di una possibilità che dovrebbe essere per tutti. Laura Milani, presidente Cnesc: «Migliorano gli investimenti, ma per l’universalità c’è ancora da fare»
Il 2024 è stato l’anno dei record, per il Servizio civile universale. Lo aveva certificato il Report del Dipartimento politiche giovanili, a fine aprile (con i dati relativi al bando ordinario chiuso a febbraio scorso), lo conferma ora la Relazione al Parlamento, che – va precisato – include i dati relativi anche al programma autofinanziato, al Servizio civile ambientale, ai programmi Giubileo e al Servizio civile digitale
Il 2024, dicevamo, è dunque l’anno del record, anzi dei record. Record di posti, innanzitutto, sempre pochi ma comunque in crescita: 69.136 nel 2024, contro i 54.875 del 2023. Record di domande: oltre 140 mila, a fronte delle 114 mila del 2023. Un picco che era stato raggiunto solo nel 2015. Non è però record di avvii: 48.457, a fronte degli oltre 50 mila avviati nel 2022 e nel 2023. Evidente dunque la sproporzione tra numero di domande e numero di posti disponibili e quindi di avvii. Considerando il numero di operatori volontari avviati (48.457), in proporzione al numero delle domande ricevute (146.305), si evidenzia come ad ogni avvio corrispondano mediamente circa 3 domande.

Lo squilibrio strutturale tra domanda e offerta di posti è particolarmente marcato nelle regioni del Sud e nelle isole, dove i progetti presentati sono decisamente pochi rispetto alle domande pervenute. Una carenza dovuta, in buona parte, alla diffusione ancora scarsa delle associazioni dei terzo settore nel meridione rispetto al resto del Paese.

Per quanto riguarda il servizio civile all’estero, gli operatori volontari assegnati sono stati in totale 916, distribuiti in 160 progetti. L’area geografica dove è stata inviata la maggioranza degli operatori volontari è stata l’Africa con 307 operatori volontari (33,52%), a seguire l’America con 294 (32,10%), l’Europa con 249 (27,18%), l’Asia con 65 unità (7,10%) e l’Oceania con una sola presenza.
Giovane (ma non troppo) e istruito: l’identikit del volontario
Fin dalla sua nascita, il Servizio civile ha riguardato principalmente giovani di sesso femminile, anche perché, fino alla sospensione della leva obbligatoria (2005), la partecipazione dei cittadini maschi era consentita solo a coloro che avevano lo status di riformato al servizio militare.
Ancora oggi, le ragazze sono molto più numerose dei ragazzi (nel 2024, sono 30.442, pari al 62,82% del totale), ma la presenza maschile piano piano va aumentando. Negli ultimi tredici anni infatti, l’incidenza dei volontari è passata dal 6,08% del 2004 (prima della sospensione della leva) all’attuale 37,18%, passando per il 24,24% del 2005 (anno successivo alla sospensione),il 32,39% del 2012 e fino ad arrivare, con un continuo crescendo negli anni, al 37,60% del 2017 e al 39,18% del 2018 (risultato più alto mai raggiunto).
Per quanto riguarda l’età, la fascia più rappresentata è quella tra i 21-23 anni, in cui rientra circa il 31% degli operatori volontari. Seguono i 24-26 enni, con il 27,16%, in crescita rispetto al 25,05% del 2023. Diminuisce invece la presenza dei più giovani: l’incidenza dei volontari tra i 18 e i 20 anni scende dal 30,29% del 2023 al 24,59% del 2024. Cresce invece la classe di età 27-29 anni che si attesta al 17,50%, a fronte di circa il 13,35% nel 2023.
Soprattutto il Servizio civile all’estero è scelto da giovani con età superiore: in questo caso, infatti, più del 43% degli operatori volontari avviati ha una età compresa tra i 26 e 29 anni e oltre il 41% appartiene alla classe di età tra 24 e i 26 anni.
Per quanto riguarda il livello di istruzione, la maggioranza degli operatori volontari ha conseguito un diploma di scuola secondaria di 2° grado (64,2%) o una laurea universitaria (22,91%). La percentuale di operatori volontari in possesso di diploma di scuola secondaria di 1° grado si attesta all’11,61%.
Gli abbandoni
Abbandonare il servizio è sempre possibile, per quanto fortemente sconsigliato e scoraggiato. I numeri, però, non sono bassi: nel 2024, 10.593 giovani hanno interrotto il servizio, ovvero il 21,86% circa degli avviati. Circa l’1% in meno rispetto al 2023, ma comunque un dato rilevante. La maggior parte (13,79%) riguarda idonei che non hanno preso servizio, mentre l’8% ha interrotto l’esperienza dopo averla avviata.Le motivazioni dell’abbandono, laddove espresse, riguardano perlopiù l’impossibilità di conciliare studio o lavoro e Servizio civile, motivi personali o familiari, l’inizio di un percorso lavorativo.
Servizio civile, luci e ombre
Ed è questo uno dei nodi da sciogliere, secondo Laura Milani, presidente di Cnes (Conferenza nazionale enti servizio civile): «I dati riportati nel Report sono buoni, per quanto riguarda il finanziamento dei programmi. Meno buoni, però, per quanto riguarda coperture e abbandoni: da una parte, da una parte gli avviati sono l’80% dei posti complessivi messo a bando. Dall’altra, gli abbandoni si aggirano ancora intorno al 20% e dipendono soprattutto dalla difficoltà di conciliare il servizio civile con un percorso formativo o lavorativo»; osserva Milani. «Nel 2024 sono cambiate alcune disposizioni relative ai diritti e ai doveri di enti e volontari, in direzione di una maggiore flessibilità: vedremo se queste modifiche riusciranno a ridurre il tasso di abbandono».

Positiva invece l’introduzione della riserva del 15% nei concorsi pubblici per chi ha svolto il servizio civile: «Un riconoscimento e una valorizzazione di questa esperienza, che la rende anche spendibile nei percorsi di vita dei giovani», osserva Milani.
Così come positivo, dicevamo, è l’impegno finanziario: «Dal 2021, con il Pnrr, l’investimento è buono. Anche ultimamente il governo ha stanziato fondi che ci assicurano un minimo di stabilità. Resta comunque l’obiettivo di stabilizzare il servizio civile nel lungo periodo, attraverso fondi strutturali».
Una delle priorità, secondo Milani, è «investire nella comunicazione e la promozione del servizio civile, attraverso accordi con scuole e università. I giovani oggi spesso ancora non sanno dell’esistenza del servizio civile, o hanno informazioni incomplete e confuse. Soprattutto le scuole rappresentano un bacino importante: bisogna parlarne in modo non sporadico, perché tutti sappiano e tutti possano davvero avere accesso a questa opportunità. Insieme ai finanziamenti, infatti, l’informazione è un elemento fondamentale per rendere il servizio civile davvero universale».
Così come è fondamentale accompagnare e orientare i ragazzi, soprattutto nella scelta del progetto: con la piattaforma Dol. in assenza di un contatto o una conoscenza diretta, i ragazzi rischiano di scegliere un progetto che non fa per loro. E di accorgersene solo al momento della selezione. Forse anche questo spiega il gran numero di rinunce. Dobbiamo lavorare bene su informazione e orientamento, per garantire ai ragazzi l’esperienza più adatta alle proprie esigenze, alle proprie capacità e ai propri interessi».
Foto apertura Fondazione McDonald, foto interna fornita dall’intervistata
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