Impatto mancato

Sostenibilità, l’Europa si accorda al ribasso

In vista delle votazioni al Parlamento della prossima settimana, per evitare un crollo della “maggioranza Ursula”, socialisti, liberali e popolari hanno trovato il modo di presentarsi uniti. Ne fa le spese l’impostazione innovativa delle direttive Csrd e Csdd. Almeno finisce l’incertezza. Ma è chiaro che sarà solo la consapevolezza delle singole aziende a determinare l'approccio verso uno sviluppo responsabile

di Nicola Varcasia

In tema di sostenibilità in Europa, le prossime tappe sono quelle più importanti: il prossimo 13 ottobre la commissione giuridica (Juri) voterà l’accordo raggiunto tra i partiti. La settimana successiva seguirà il voto in plenaria del Parlamento. Per poi arrivare, si spera entro fine anno, ad un testo definitivamente approvato sulle regole che riguardano il reporting (Csrd) e la filiera (Csddd).

Maggioranza traballante

Ma la notizia c’è già, annunciata da Politico.eu nella serata di ieri. Ed è appunto quella che i socialisti del gruppo S&d e i liberali di Renew hanno “ceduto” alle pressioni dei popolari del Ppe, che minacciava di spostarsi a destra, accordandosi su un pesante annacquamento delle norme. L’accordo, si spiega, apre la strada ai legislatori per ridurre gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità e di due diligence sulla catena di fornitura per le aziende, sulla scia dell’ormai famoso decreto Omnibus sulla semplificazione.

Minacce non troppo velate

La minaccia era quella di creare una nuova maggioranza, facendo vacillare l’intero assetto: «È bene avere un accordo in quanto riduce l’incertezza. Ma il messaggio è molto preoccupante: le minacce sembrano ormai essere il modo normale di gestire le cose all’interno della “maggioranza von der Leyen“». Questo è il caustico commento del professore danese Andreas Rasche, voce molto seguita in Europa in merito a questi temi e che VITA segue da vicino. Non certo per amor di giurisprudenza, ma per l’impatto reale che avranno nel mondo del lavoro e delle imprese.

L’esito

Il risultato finale, continua il professore in un post, sembra meno un consenso e più una capitolazione. Lara Wolters, leader del gruppo S&d sul dossier omnibus, si è dimessa da negoziatrice in segno di protesta. Dal canto suo, Jörgen Warborn, capo negoziatore del Ppe sul dossier, è stato netto: «È molto chiaro per tutti i gruppi politici che le maggioranze sono cambiate in Parlamento e tutti i gruppi politici devono adattarsi alla nuova realtà».

Decisioni (quasi) prese

Che cosa succederà ora? Le aziende con meno di 1.000 dipendenti saranno esentate dalla Csrd, visto l’allineamento di Commissione, Consiglio e Parlamento su questa soglia. Resta aperta una domanda sulla soglia del fatturato: se resteranno i 450 milioni di euro o aumenteranno anche quelli. Riguardo alla Csddd, sul tavolo attualmente c’è l’ipotesi di un taglio di 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato. Di fatto, queste soglie renderebbero la due diligence rilevante solo per un numero esiguo di grandissime aziende, ma con vincoli molto allentati in tema di responsabilità civile.

La palla passa alle aziende

Al di là di come andranno le votazioni, è però fondamentale considerare un’altro aspetto. Emergeva ieri al Salone della Csr – proprio mentre nelle stanze dei partiti europei si raggiungeva l’accordo al ribasso – nel dibattito dedicato a come le aziende concepiscono la sostenibilità di fronte a questi grandi cambiamenti in atto.

Cambiamenti di contesto internazionale e geopolitico, di mercato e finanziari nonché di obblighi sulla rendicontazione: per molte di queste aziende – ha spiegato il professor Matteo Pedrini dell’Università Cattolica – grandi e piccole, indipendentemente cioè dalle soglie regolamentari e dalle dimensioni, concepire se stesse e la propria attività in base a principi di sostenibilità significa migliorare il proprio posizionamento sul mercato, attirare i giovani ed essere più attrattivi per chi già lavora per loro.

Il confronto è aperto

Questa impostazione tende a migliorare dunque anche la competitività. Non è una ricetta pronta, né una garanzia assoluta di successo, è però una visione strategica e al contempo una strada specifica che ciascuna organizzazione ha la possibilità di sperimentare, tenendo conto che la sostenibilità non è l’unico fattore che entra in gioco nelle decisioni di un’azienda. È questa la leva su cui esperti, professionisti e manager, anche del sociale, possono continuare a lavorare in Italia e in Europa.

Foto in apertura di Ben White su Unsplash.

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