A pochi passi dal Ponte di Rialto, uno dei punti turistici nevralgici del sestiere di San Marco, un display mostra il numero di residenti del centro storico di Venezia. Si trova nella vetrina della farmacia Morelli di Campo San Bortolo, che nel marzo 2008 sposa l’idea dell’associazione Venessia.com. I promotori dell’iniziativa annunciano che si celebrerà il funerale di Venezia se il numero dei residenti del centro storico scenderà al di sotto di 60mila. Così nel novembre 2009 un corteo acqueo scorta un simbolico feretro lungo il Canal Grande chiedendo interventi urgenti contro lo spopolamento. Da allora il numero su quel display continua a decrescere inesorabilmente.
Attraversando il Ponte di Rialto, in 15 minuti a piedi si arriva in campo Santa Margherita, nel sestiere di Dorsoduro, luogo cardine della vita universitaria. Nella vetrina della libreria Marco Polo dall’aprile 2023 un display conta il numero di posti letto per turisti. L’associazione Venessia.com e l’Osservatorio civico sulla casa e la residenza Ocio intendono creare così «un dialogo virtuale tra spopolamento e crescita del turismo». Nel settembre 2023 il numero di posti letto per turisti supera il numero di residenti della città antica: 60.638 contro 56.165.
In poche fermate di vaporetto da campo Santa Margherita si raggiunge l’isola della Giudecca. Vicino alla chiesa di Sant’Eufemia, in uno spazio pubblico curato e arredato dall’Assemblea sociale per la casa, su cartelli e bandiere si legge “Bella ma ci viviamo”, “Salviamo Venezia. Case per tutte. Questa città non è un albergo”. Intorno ci sono case pubbliche solo in parte assegnate, alcune in condizioni fatiscenti, altre occupate e rigenerate. Tornando in vaporetto dalla Giudecca verso il sestiere di Castello, in via Garibaldi si vedono delle lenzuola bianche appese a una inferriata (in foto). “Svuotano Venezia, ci svendono la salute”, “Più servizi territoriali”, “Vogliamo i medici di base”, scrivono sulle lenzuola i residenti.

Siamo a giugno 2025, c’è appena stata un’assemblea convocata dal Movimento per la difesa della sanità pubblica veneziana. A pochi passi c’è l’ingresso della Biennale. Nelle altre isole abitate della laguna non troviamo display, cartelli o scritte sui muri che rendono visibile ciò che di solito è lasciato nel buio. Saltano all’occhio però edifici che sino a non molto tempo fa erano scuole e ora non lo sono più. Alcuni dei plessi scolastici ancora attivi sono ben noti alla stampa locale, che racconta le battaglie di dirigenti e genitori perché rimangano in funzione.
Se i turisti lasciano senza casa i veneziani
A Venezia la tensione problematica tra flussi turistici, accesso alla casa e spopolamento è tangibile. Se ne vedono i segni nello spazio fisico, se ne parla nel dibattito pubblico e scientifico. Negli ultimi dieci anni nella Venezia insulare (che comprende il centro storico più le isole della laguna tranne Lido e Pellestrina che formano la Venezia litorale) gli arrivi turistici (persone pernottanti) sono aumentati del 46,87%, il numero di strutture extralberghiere ha visto un incremento del 224,46%, il numero di posti letto extralberghieri del 226,3%. L’offerta alberghiera, con la cosiddetta delibera comunale “blocca alberghi”, vede un numero di strutture stabile in centro storico, anche se i posti letto aumentano del 12,49%, mentre il numero delle strutture aumenta dove la delibera può non essere applicata, come le isole di Tronchetto e Giudecca.

L’accesso alla casa è problematico sia nel mercato privato sia nell’edilizia residenziale pubblica e sociale. Secondo l’osservatorio Ocio, sulla base del censimento Istat 2021, nella Venezia Insulare quattro abitazioni private su 10 non sono occupate da residenti. Il valore è aumentato del 15% rispetto al 2011, ponendo il centro storico di Venezia davanti a quello di Firenze, Roma e Milano. Negli ultimi quattro anni sono state assegnate 353 abitazioni pubbliche, un numero crescente rispetto al passato, ma non sufficiente a coprire la domanda. Nel 2023 solo il 12% degli aventi diritto a un alloggio di edilizia residenziale sociale ha ottenuto l’assegnazione, tra il 2021 e il 2022 solo il 9% della domanda di edilizia residenziale pubblica è stata soddisfatta, tra il 2023 e il 2024 la percentuale si abbassa al 3,4%.
Nel settembre 2024 il Prefetto, sollecitato dai sindacati, ha aperto un tavolo sul problema della disponibilità e dell’accessibilità economica degli alloggi per le lavoratrici e i lavoratori della Pubblica amministrazione, per quanto non siano gli unici a patirlo. Secondo dati della Fondazione Nordest, i settori che assumono di più sono quelli alberghiero e della ristorazione, seguiti dal settore delle industrie culturali e creative ma con un notevole scarto nel numero di addetti. Le opportunità di lavoro sono dunque limitate e per la maggior parte rivolte a personale non qualificato con contratti stagionali e compensi ridotti.

Il sindaco Luigi Brugnaro, in un’intervista al Corriere della Sera nel giugno 2025, ha affermato che la decrescita demografica è dovuta al saldo negativo tra nascite e morti. I dati dimostrano che l’inverno demografico pesa come in tutto il resto del Paese, ma nella città d’acqua pesa ancora di più l’emigrazione, dovuta soprattutto alla carenza di case e opportunità di lavoro in settori diversi dall’economia turistica e culturale, ma non solo. Un’altra relazione problematica inizia a incidere sulla residenzialità, anche se ancora poco vista e indagata: quella tra la decrescita demografica e il depauperamento dei servizi scolastici e sanitari. Si tratta di quel circolo vizioso tra riduzione della popolazione e contrazione dei servizi essenziali che nell’immaginario collettivo riguarda le aree interne, i piccoli comuni in via di spopolamento lontani dai centri urbani. Sembra impossibile immaginare lo stesso circolo vizioso in aree urbane, ancor più se della portata simbolica di Venezia. Eppure basta osservare i dati demografici perché risulti meno incredibile.

Uno spopolamento senza pari
Il Comune di Venezia, con le sue sei municipalità, di cui due “d’acqua” e quattro “di terraferma”, ha perso il 13,13% di residenti negli ultimi trent’anni. Nelle due municipalità della città d’acqua però la sofferenza demografica è nettamente diversa dalla terraferma: tra il 1994 e il 2024 Venezia insulare ha perso il 32,78% di popolazione residente, Venezia litorale il 21,16%.
La differenza marcata delle dinamiche demografiche tra città d’acqua e terraferma è rilevabile già dagli inizi degli anni Duemila, ma si acuisce dal 2011. Venezia insulare tra il 2011 e il 2020 perde più popolazione (-13,21%) della media nazionale (-0,33%), regionale (+0,29%), delle aree interne nazionali (+3,74%) e regionali (-3,76%). La città d’acqua si spopola di più delle altre aree urbane e delle aree interne dell’Italia e del Veneto. Di conseguenza diminuisce il numero totale di famiglie residenti, ma aumentano le famiglie monocomponente. La percentuale di queste ultime è elevata in tutta la città d’acqua, ma raggiunge i picchi del 65% in centro storico e nell’isola di Torcello, mentre nelle altre isole si attesta tra il 35% e il 55%. Molte famiglie con un solo componente sono formate da anziani soli, come riportano i Piani sociali di zona.
In linea con le tendenze nazionali, anche Venezia ha una popolazione anziana che cresce e una popolazione giovanile sempre più ridotta, ma i dati sono particolarmente allarmanti. Già dal 2011 si registra una percentuale di popolazione over 65 superiore alle medie nazionali, regionali e delle aree interne. Nel 2020, il 31,83% della popolazione della Venezia insulare ha più di 65 anni e il 32,36% nella Venezia litorale, a fronte di una media nazionale del 23,24%, una media regionale del 23,32% e una media delle aree interne del 23,95%. La percentuale continua a crescere, arrivando nel 2024 al 32,78% nella Venezia insulare e al 33% in quella litorale. L’esatto opposto avviene per la popolazione giovanile. Dal 2011 la percentuale di popolazione 0-14 anni della Venezia insulare e litorale è inferiore alla media nazionale e a quella delle aree interne. Nel 2020 solo il 9,81% della popolazione della Venezia insulare ha meno di 15 anni e il 9,64% nella Venezia litorale, rispetto a una media nazionale del 12,96%, una media regionale del 13,10% e una media delle aree interne del 12,48%. Nel 2024 la percentuale si è ulteriormente ridotta all’8,63% nella Venezia insulare e all’8,42% nella Venezia litorale.

Sempre meno scuole e sempre meno alunni
Una tale sofferenza demografica non può che incidere sul mondo della scuola. Nell’anno scolastico 2012-2013 gli otto istituti comprensivi della città d’acqua diventano cinque. Il numero di plessi rimane invariato, dopo aver già subito ridimensionamenti nel 2010. La popolazione scolastica però continua a diminuire e così i plessi e le classi si rimpiccioliscono, assumendo dimensioni ridotte rispetto alla media. Nell’anno scolastico 2024-2025 i plessi di scuola primaria hanno un numero medio di alunni e alunne che, sia nella Venezia insulare (86) sia nella Venezia litorale (103,2), è inferiore agli ultimi dati disponibili sulle medie nazionali (152,3), regionali venete (146,6) e delle aree interne (106,9). Anche le cosiddette piccole classi, formate da un massimo di 15 alunni e alunne, sono molto diffuse nella città d’acqua (38,03% nella Venezia insulare, 32,36% nella Venezia litorale). I valori veneziani sono più elevati delle medie regionali (20,63%) e nazionali (26,15%). La percentuale di piccole classi nelle isole di Murano, Burano, Giudecca e Sant’Erasmo (50%) supera anche la media delle aree interne (42,50%).
Da qualche anno, diverse dirigenti scolastiche e genitori delle isole chiedono all’Ufficio scolastico regionale di andare in deroga sui numeri minimi per formare le classi, sino ad arrivare alle pluriclassi. L’intenzione è quella di mantenere aperte le scuole come presidi civici fondamentali e argini a un ulteriore spopolamento, insieme al desiderio di non far cambiare scuola a bimbi e bimbe che dovrebbero affrontare insieme ai genitori spostamenti non brevi in vaporetti spesso colmi di turisti.
La difficoltà di formare le classi si fa sentire anche in centro storico, al punto che di recente non si sono formate classi nei sestieri di Cannaregio e Castello.

La maggior parte di dirigenti e genitori punta all’attuazione delle deroghe previste per le aree considerate disagiate dal dpr 81/2009, come comuni montani e piccole isole. Venezia però non è considerata un’area disagiata e non lo sono ritenute nemmeno le isole della sua laguna perché non riconosciute dallo Stato come isole minori, al contrario di quel che avviene per le isole marine. Molte voci si levano dunque affinché venga riconosciuta l’insularità di Venezia.
Di frequente poi, anche quando le classi si formano, non è così facile reperire insegnanti. Il turn over, secondo le dirigenti scolastiche, è elevato a causa dell’alto costo della vita e della difficoltà di accesso alla casa.
Dirigenti scolastiche e gruppi di genitori si attivano per tenere vive le scuole e attrarre iscrizioni anche dalla terraferma. La sperimentazione di nuovi metodi didattici, come l’indirizzo montessoriano dell’Istituto comprensivo Dante Alighieri in Giudecca, sembra funzionare, ma occorrono soluzioni per il trasporto tra porzioni di città mal collegate.

In lotta per il mantenimento dei presidi sanitari
L’attivazione civica in difesa della scuola è sorta in tempi più recenti rispetto alle mobilitazioni per i servizi sanitari che hanno invece ormai una lunga storia. La cittadinanza si è mobilitata circa trent’anni fa contro la chiusura dell’ospedale dell’isola di Pellestrina, poco più di vent’anni fa per opporsi alla chiusura dell’ospedale del Lido e dieci anni fa circa per contestare la chiusura del consultorio della Giudecca. È tornata a mobilitarsi nel 2019 in difesa dell’ospedale San Giovanni e Paolo, l’unico rimasto nella città d’acqua, per il quale la Regione aveva previsto un declassamento. Solo in quest’ultimo caso si è ottenuta un’inversione di marcia: l’ospedale è stato salvato da un’importante riduzione dei servizi e anche il punto nascite rimane aperto nonostante da almeno tre anni non si raggiungano i 500 parti annui, ovvero la soglia richiesta per il mantenimento del servizio. I due consultori rimasti, uno al Lido e uno nel centro storico, servono una popolazione di circa 74mila abitanti. Si è dunque ben lungi dal rispettare il gold standard di un consultorio ogni 20mila.
Anche l’assistenza primaria desta preoccupazione e mobilitazioni. Come documentato da Fondazione Gimbe, la carenza di pediatri è un problema nazionale, ma particolarmente acuto in tre regioni tra cui il Veneto. Tale carenza è specificatamente sentita nella città d’acqua dove, nonostante lo spopolamento, il numero medio di pazienti per pediatra è aumentato negli ultimi dieci anni e alcune zone sono rimaste scoperte al punto che nell’isola di Pellestrina nella primavera del 2025 è tornato in attività il pediatra in pensione. Lo stesso è avvenuto per i medici di medicina generale. Nel luglio 2023 il Comune, la Regione e l’Azienda sanitaria hanno lanciato la campagna Dottore, la città più bella del mondo ti aspetta per attrarre medici mettendo a disposizione un ambulatorio a canone agevolato, un parcheggio gratuito e un accompagnamento nella ricerca dell’alloggio. Delle 376 candidature arrivate, nove medici sono stati contrattualizzati, ma nonostante Ulss e Regione dichiarino che «nessun cittadino è mai stato privo del medico», le nuove assunzioni non sembrano sufficienti. Le rinnovate proteste della cittadinanza (l’ultima il 21 giugno scorso) lo dimostrano.
Tendenze nazionali come la carenza di personale medico si intrecciano con le criticità del territorio lagunare, tra le quali in particolare la difficoltà di trovare casa, rendendo ancora più complessa l’attrazione di figure professionali molto ricercate.

Oltre all’assistenza primaria, anche i servizi di urgenza-emergenza sono oggetto di attivazione civica. Risultano particolarmente problematici nelle isole dove, dato il basso numero di abitanti, non ci sono pronto soccorso ma solo punti di primo intervento in alcune di esse, non c’è continuità assistenziale pediatrica, scarseggiano i trasporti pubblici notturni da e per l’ospedale. Il Lido, l’isola più grande, e Pellestrina, solo nel periodo estivo, sono le uniche ad avere in deroga idroambulanze fisse, oltre alle piazzole dell’elisoccorso per i codici rosso. Nelle altre isole invece non c’è un presidio stabile nonostante i tempi di percorrenza e la variabile delle condizioni meteomarine che, in alcuni casi, rende necessario il trasbordo su barche dei Vigili del Fuoco o della Guardia costiera per poter affrontare condizioni di scarsa visibilità, vento e onde.
Di fronte a queste criticità c’è chi si auto organizza, come il Gruppo Emergenza Burano che, con 60 volontari e due barche regalate da un cantiere dell’isola, si occupa dei trasporti sanitari secondari (dimissioni, visite) e interventi di emergenza urgenza in contatto con il 118 nelle isole della laguna Nord. E c’è chi protesta ponendo istanze precise, come il Movimento per la sanità pubblica veneziana e il Gruppo per la sicurezza sanitaria del Lido, nato nel giugno 2024 in seguito alla morte di due bambini che ha generato una mobilitazione collettiva sui servizi per l’emergenza urgenza.
La cittadinanza attiva e i presidenti delle municipalità chiedono il potenziamento dei trasporti da e per l’ospedale, il rafforzamento dei servizi di emergenza urgenza e di assistenza primaria, pediatrica in particolare. Richiedono anche il riconoscimento della città d’acqua da parte dell’azienda sanitaria e della Regione come area disagiata per poter offrire incentivi economici ai medici di medicina generale.
Le politiche pubbliche ci sono, ma…
Le politiche pubbliche non sono cieche alla realtà che queste pagine raccontano. I Piani sociali di zona e i programmi operativi finanziati dalle risorse europee per la coesione territoriale nelle loro analisi non nascondono il problema dello spopolamento, dell’invecchiamento della popolazione, dell’overtourism che mina il diritto alla casa. Solo nei documenti più recenti si legge anche della riduzione dei servizi per i residenti. Alcune azioni in risposta sono coerenti, come l’attivazione del servizio di infermieristica di famiglia e di comunità, il potenziamento dell’assistenza domiciliare integrata e della telemedicina. Altre sono meno calzanti e dunque contestate, come la decisione di ubicare le due case della comunità finanziate dal Pnrr all’interno dell’ospedale in centro storico e del cosiddetto “monoblocco” del Lido, centralizzando ulteriormente i nuovi servizi nei due unici poli già esistenti della città d’acqua, non facilmente raggiungibili da tutti.

Grazie alle risorse europee per la coesione territoriale, il programma “Costellazioni civiche” finanzia servizi di welfare di prossimità erogati da enti del Terzo settore. Finora sono stati offerti importanti servizi culturali e sportivi per l’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale e la povertà educativa, che però incidono poco sulle problematiche strutturali dei servizi essenziali.
Non ci sono però politiche pubbliche che affrontino l’elefante nella stanza: il tema dell’overtourism. Attraverso il cosiddetto “Emendamento Pellicani” del 2022, il Comune potrebbe applicare una regolamentazione delle locazioni turistiche brevi, ispirata alla campagna Alta tensione abitativa, con l’obiettivo di incrementare l’offerta di alloggi del mercato privato per la residenza. L’amministrazione comunale però non ha ancora approvato un regolamento attuativo per poterne fare uso. Cerca invece di aumentare le opportunità di accesso alla casa pubblica attraverso un “Piano casa” che prevede recuperi e assegnazioni di edilizia residenziale pubblica e sociale: secondo l’osservatorio Ocio, però, nel 2024 nessun alloggio sfitto è stato ripristinato e riassegnato. Nel biennio 2025-2026 si prevedono più di 500 assegnazioni: un numero ancora basso rispetto alla domanda, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, sperando che i tempi e le aspettative non vengano smentite.
Le richieste di riconoscimento dell’insularità per l’attuazione delle deroghe scolastiche non hanno ancora trovato ascolto, anche se di anno in anno diverse classi delle isole vengono autorizzate con piccoli numeri, sino alle pluriclassi di Burano, Sant’Erasmo e Pellestrina. Alcune recenti proposte di legge per il riconoscimento dell’insularità minore alle isole delle lagune italiane non hanno avuto esito positivo. Solo l’isola di Sant’Erasmo è stata riconosciuta come area disagiata sul fronte sanitario, mentre si attende un responso sui restanti territori della città d’acqua.
C’è chi pensa che il mantenimento dei servizi attraverso incentivi e deroghe sarebbe comunque un palliativo temporaneo, considerando l’intersezione tra i trend nazionali di declino demografico e di carenza di personale medico combinati con gli effetti espulsivi della monocultura turistica. C’è chi indica la soluzione in una revisione della Legge Speciale per Venezia per la quale dal 1973 «la salvaguardia di Venezia e della sua laguna è un problema di preminente interesse nazionale». I servizi essenziali però non rientrano tra gli ambiti di intervento della legge, dunque la riforma dovrebbe inserirli e, secondo alcuni, prevedere autonomia normativa, amministrativa e finanziaria.
Venezia, pur nella sua unicità, anticipa e pone questioni che sono e saranno anche di altre città e territori. Mostra come la spinta espulsiva generata dall’overtourism contribuisca a innescare e velocizzare quella sequenza circolare tra declino demografico e riduzione di servizi essenziali tipica delle aree interne. Porta a chiedersi quali tipologie di disagio territoriale debbano essere considerate oggi per mantenere i servizi scolastici aperti anche dove, secondo i parametri ministeriali, dovrebbero essere chiusi. Mostra le contraddizioni della territorializzazione dei servizi sanitari, mettendo in tensione l’economicità con il diritto alla cura dei territori in via di spopolamento.
Eppure c’è chi rimane e la sceglie. Il rifiuto di andare via è una scelta individuale che assume un valore collettivo e politico. «Resistenza e residenza finiscono per coniugarsi in un nuovo insolito e non distruggibile binomio», scrive Clara Zanardi nel suo libro La bonifica umana.
La salvaguardia di Venezia oggi va oltre il suo patrimonio storico-artistico e ambientale: riguarda il suo ecosistema, le persone che la abitano e i loro diritti di cittadinanza.

I contenuti di questo articolo sono stati elaborati nell’ambito del progetto di rilevante interesse nazionale Looking into the dark, coordinato dall’università La Sapienza di Roma in partenariato con università Iuav e Politecnico di Milano e di prossima pubblicazione. È il pezzo in apertura del focus di VITA magazine di settembre dedicato a Venezia e alle sue contraddizioni Venezia, non più Serenissima.
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Gli indicatori su Venezia contenuti nell’articolo sono stati elaborati sulla base di dati pubblicati dall’Ufficio statistico e dagli Annuari del turismo del Comune di Venezia, e dalla piattaforma Scuola in Chiaro. La fonte dei dati demografici e scolastici sulle aree interne e sulle medie nazionali e regionali è il Dossier Regione Veneto della Strategia nazionale aree interne, pubblicato sul sito del Dipartimento per le politiche di coesione e del Sud. I dati sulla casa sono stati elaborati dall’Osservatorio civico sulla casa e la residenza Ocio.
Per citare i contenuti dell’articolo è necessario citare le autrici e il Prin Looking into the dark entro il quale il lavoro di ricerca è stato svolto.
Alessia Zabatino è research fellow presso l’Università Iuav di Venezia, membro del coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità, consulente della Fondazione Compagnia di San Paolo
Elena Ostanel è professoressa associata in Tecnica e Pianificazione Urbanistica e vice direttrice del master Urise Rigenerazione urbana e innovazione sociale presso l’Università Iuav di Venezia
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In apertura: Nella foto a destra, le lenzuola appese sono tra le immagini più classiche associate a Venezia. Qui, alla Giudecca, in uno dei quartieri più popolari (da Vita – Settembre 2025)
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