A Firenze, la Cassa di Risparmio è sempre stata “la” banca. L’istituto fondato ai primi dell’800 da una dozzina di nobili e cittadini illustri, per educare al risparmio i concittadini, non fu mai scalzato nemmeno dalla nascita, a inizio ‘900, di Banca Toscana, poi finita nell’orbita di Monte de Paschi.
Anche perché quel milieu di nobiltà agraria e molto cattolica era attento a sovvenire i bisogni della gente con un esercizio di quella che allora si chiamava “beneficienza”, con la “i”.

Un’attenzione che, con la riforma delle Casse di risparmio del 1992, con la Legge Amato, si trasferì nell’Ente Cassa di Risparmio e di lì, quando nel 2019, anche la banca Crf entrò in Intesa Sanpaolo, nella Fondazione Cr Firenze.
Un ente che, a differenza di molte altre fondazioni d’origine bancaria, ha carattere associativo, vale a dire è l’assemblea dei soci a decidere, non è prevista nessuna concessione alle rappresentanze territoriali (e quindi alla politica).
Una realtà di rilievo nel mondo delle fondazioni di origine bancaria, dove coi suoi 1,7 miliardi di patrimonio risulta la quinta del Paese. Altri numeri sono forse più importanti: i 40 milioni erogati o investiti nella società civile fiorentina – 55 nell’ultimo esercizio – e degli altri territori su cui la fondazione insiste, gli oltre 1.000 progetti sostenuti. La guida un imprenditore turistico di fama, Bernabò Bocca, noto anche per essere presidente di Federalberghi, che è anche vicepresidente vicario di Acri. La vicepresidente di Fondazione è a sua volta imprenditrice molto nota in città, Maria Oliva Scaramuzzi. L’abbiamo incontrata.
Scaramuzzi, cominciamo dalla domanda che facciamo a tutti i nostri interlocutori: a che cosa serve la filantropia in Italia?
La filantropia è un motore silenzioso ma essenziale del Paese. Significa intercettare i bisogni sociali e civili, laddove lo Stato e il mercato non arrivano, e dare risposte concrete. Serve a garantire coesione sociale, a generare opportunità, a prendersi cura delle persone più fragili e, al tempo stesso, a promuovere crescita, ricerca, cultura. In Italia, dove il Terzo settore ha un ruolo così vitale, la filantropia è ciò che permette a tante realtà di esistere e di essere efficaci.
Lei è un’imprenditrice di lungo corso, chiamata ai vertici di una fondazione di grande tradizione. Quanto questo suo background è importante in ambito filantropico?
Credo che l’esperienza imprenditoriale sia preziosa perché insegna a unire visione e concretezza. La filantropia non può limitarsi a distribuire risorse: deve creare valore, misurare l’impatto, costruire partenariati. In questo, il pensiero imprenditoriale aiuta: serve la capacità di assumersi responsabilità, di valutare scenari di lungo periodo e di fare scelte coraggiose.
Essere un ente filantropico in una città di medie dimensioni come Firenze, dove il tessuto industriale si è andato definitivamente sfilacciando nel nuovo secolo, significa incidere e non poco nel contesto economico-sociale, considerando i 55 milioni di euro fra erogazioni e progetti strategici. Che cosa richiede ai vertici della Fondazione, in termini di visione e impegno?
Richiede soprattutto ascolto e responsabilità. La Fondazione non sostituisce le istituzioni, ma le affianca come ente sussidiario. Per questo dobbiamo saper leggere i bisogni della comunità, trasformarli in progettualità condivise e dare risposte che abbiano un impatto reale. Ogni euro investito deve diventare beneficio concreto per le persone e per la città.

Quale progetto, secondo lei, incarna meglio quello che siete e quello che volete essere nei prossimi anni?
Penso al Polo Florentia inaugurato qualche mese fa nell’Ospedale di Careggi, un ambulatorio dedicato alle donne con disabilità che attendevano questo servizio da vent’anni. Penso al progetto Attico 21 che con Diaconia Valdese offre un appartamento a ragazzi appena usciti da percorsi difficili di vita. Progetti che raccontano bene la nostra missione: ascoltare, intercettare i bisogni, costruire soluzioni in partenariato.
Firenze è una città d’arte consacrata nel mondo e Fondazione Cr Firenze ha da sempre un’attenzione molto qualificata verso l’arte e la cultura. Quanto è sfidante sostenere e promuovere arte e cultura in un contesto simile?
È una sfida ma anche un privilegio. Firenze è custode di un patrimonio che appartiene all’umanità, e la Fondazione sente la responsabilità di valorizzarlo e renderlo accessibile. Ma la cultura non è solo tutela: è anche innovazione, linguaggi contemporanei, educazione delle nuove generazioni. Lavoriamo perché la città continui a essere laboratorio creativo e non solo museo a cielo aperto.
Nel mondo Acri si cominciano a vedere le prime donne alla guida: c’è Anna Maria Poggi, presidente di Fondazione Crt, per esempio, che tra l’altro intervistiamo. Le fondazioni di origine bancaria restano però sempre un mondo molto maschile. Quanto è importante che la filantropia sia più attenta alla parità di genere?
Le donne portano competenze, sensibilità, approcci che arricchiscono la governance. La filantropia, ha nel suo Dna l’inclusione, e ne troverà giovamento.
Maria Oliva Scaramuzzi, vicepresidente Fondazione Cr Firenze
La parità di genere non è una battaglia di rappresentanza e non credo sia una questione di quote rosa. Le donne portano competenze, sensibilità, approcci diversi, che arricchiscono la governance e migliorano la capacità di incidere. La filantropia, che ha nel suo Dna l’inclusione, non può che trovare giovamento dalla loro presenza. Mi auguro che ci siano donne competenti che vogliano spendersi in prima linea su questo fronte e che si facciano strada perché lo meritano.
Ci sono o ci sono state letture, opere, incontri che hanno maggiormente formato la sua idea di filantropia?
Più che un testo o un autore, è l’incontro con le persone che mi ha formato. Penso alle associazioni che lavorano con i più fragili, ai volontari che ogni giorno donano tempo ed energie. Sono loro i veri maestri di filantropia. Da loro ho imparato che la solidarietà non è un concetto astratto, ma un gesto quotidiano che cambia la vita delle persone.

La foto di apertura, che raffigura Maria Oliva Scaramuzzi (scattata da Stefano Casati), e le altre foto di questo servizio, sono dell’ufficio stampa di Fondazione Cr Firenze.
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