Fra profit e non profit

Milano, il dormitorio col salone di bellezza

di Giampaolo Cerri

All'interno di Casa Jannacci, che ogni notte accoglie 560 persone senza un alloggio, la multinazionale L'Oréal apre un negozio di parrucchiere per gli ospiti. Perché, come dice la ceo Sobiecka: «Ognuno merita di sentirsi bene con se stesso». VITA lo ha visitato

Astenersi benaltristi. Se vi accingete a leggere questo articolo e avete la propensione a giudicare sempre insufficiente, sempre inadeguato, quello che viene messo in piedi per ridare dignità alle persone povere, perché appunto “ci vuole ben altro”, risparmiatevi il migliaio di parole che seguirà.

Casa Jannacci a Milano, il dormitorio più grande d’Europa. Foto ufficio stampa L’Oréal

Anche perché la storia che vi racconteremo, ha che fare con una multinazionale che fattura 43,48 miliardi di euro all’anno, ha 90mila addetti in 150 Paesi del mondo, di cui 2mila in Italia. Una multinazionale che si chiama L’Oréal e recentemente ha pure acquistato la divisione bellezza di Kering per 5 miliardi.

Lo facciamo perché la storica multinazionale del makeup s’è fatta venire l’idea di aprire, dentro il più grande dormitorio d’Europa, un negozio di parrucchiere che apre due volte a settimana, offrendo gratuitamente i suoi servizi e i prodotti di bellezza essenziali ai 560 ospiti della struttura, Casa Jannacci a Milano, cogestita dal Comune e un gruppo di realtà di Terzo settore.

L’esterno del Salone

Ci vuole ben altro, si potrebbe facilmente obiettare.

Già, però, bisognerebbe aver fatto la fatica di arrivare in Viale Ortles, varcato la soglia di quello che era lo storico Dormitorio di Milano, inaugurato nel 1955, per gli indigenti e i lavoratori stagionali dell’epoca, precarissimi nella Milano ante Boom economico e che oggi è intitolato a Jannacci, cantore dei marginali.

Bisognerebbe aver attraversato i gruppi di famiglie somale o equadoregne, radutate nel grande portico del cortile interno, che facevano giocare i figli a nascondino o a pallone, dopo aver fatto colazione; bisognerebbe aver incrociato i tanti ospiti, tormentati dall’indigenza e da biografie accidentate, senza neppure il conforto della famiglia, come gli altri ospiti di cui sopra, ma privi soprattutto del desiderio di riscatto che ha condotti i primi sin lì; bisognerebbe aver superato la scala che conduce all’Aula di lettura – ché i senza tetto, i poveri più poveri, aggiornate gli stereotipi, hanno voglia di leggere e immaginare come tutti – bisognerebbe aver seguito quel muro e imboccato, a sinistra, un piccolo cortile, e aver raggiunto quella che forse una volta era un magazzino, un rimessaggio e che oggi, riadattato, è un locale di oltre 60 metri quadri, allestito come un negozio di parrucchiere, anzi un salone sociale di bellezza, come dicono con la giusta fierezza quelli di L’Oréal Italia.

La prima cliente del Salone

Uno spazio ampio, luminoso perché finestrato, arredato essenzialmente ma con gusto: tre sedute attrezzate per gli shampoo, altrettante per le messe in piega, area attesa con poltroncine, scaffali coi prodotti di bellezza dei vari marchi della casa francese, un’area spogliatoio per le due professioniste, Carola Trovato e Silvana Patti, che hanno voluto essere qui due volte a settima.

Bisognerebbe aver visto una donna sudamericana, non più giovane, infilarsi nel salone ancora non operativo e ingombro di visitatori e ospiti, e convincere una delle coiffeuses a lavarle la testa prima del taglio di nastro.  Ci vuole ben altro, certo, ma intanto lei, chiamiamola Luna, se ne è andata in giro per Milano, coi problemi di sempre ma coi capelli a posto. E forse quell’aspetto più curato le avrà dato la forza di affrontare meglio la giornata.  

«Questo è un luogo ricco di vita, di domande, di bisogni sociali, averci portato questa attenzione alla bellezza mi sembra una scelta lungimirante di cui voglio ringraziare L’Oréal», spiega l’assessore al Welfare, Lamberto Bertolé, uno che viene dal non profit, avendo lavorato nell’accoglienza minori con la cooperazione sociale mentre faceva l’insegnante di filosofia.

da sinistra Lamberto Bertolè, Assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano, Ninell Sobiecka, Presidente e AD L’Oréal Italia, Carola Trovato e Silvana Patti, hairstylist, Simone Targetti Ferri, Chief Sustainability Officer L’Oréal Italia, Marco Vasario, GM Divisione Prodotti Professionali L’Oréal Italia e Eleonora Goretti, Coordinatrice Medihospes per l’Ati di Casa Jannacci – foto uff. stampa L’Oréal

È contento, e si vede, anche Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca, che fa parte del raggruppamento di realtà non profit che gestiscono Casa Jannacci. Sa bene che ci vuole ben altro, dedicandosi da 40 anni i poveri di Milano (e non solo), avendo cominciato salendo sulla Ritmo sgangherata di quel matto di Dio di fratel Ettore Boschini, raccogliendo i senza dimora di Stazione centrale di Milano, “i barboni” come si diceva allora, senza troppo riflettere sul fatto che le parole potessero diventare pietre.

Sinigallia lo sa, perché coi suoi sandali – senza calzini, rigorosamente anche d’inverno – ha girato in lungo e in largo l’Europa, con le cucine mobili dell’Arca, andando a sfamare i primissimi profughi ucraini o i terremotati turchi, tanto per citare i casi più recenti, e sa appunto che il moralismo non è mai una medicina e tantomeno ci si dà da mangiare a chi, ogni giorno, non riesce a raccapezzare il pranzo con la cena.

Parlando del Salone sociale, Sinigallia fa un discorso semplice: l’essere umano risuona come una chitarra, «se lo portate in un bosco risuona armonia, se lo mettete in un carcere risuona violenza», e dunque le persone hanno bisogno di bellezza, come a Casa Jannacci hanno cominciato a fare, anche con l’audioteca aperta dal mitico Franco Mussidda (l’ex chitarra della Premiata Forneria Marconi e creatore artistico di lungo corso).

Alberto Sinigallia, durante la presentazione, con Eleonora Goretti (Casa Jannacci) e Giulio Lo Iacono (Asvis)

Anzi, Sinigallia è lesto a chiedere agli ideatori di questo parrucchiere sociale, a L’Oréal, «un salone mobile, che potremmo affiancare alle nostre cucine».

«Ce l’abbiamo», si lascia sfuggire Filippo De Caterina, responsabile del Relazioni istituzionali di L’Oréal, un napoletano con la barba da hipster, da oltre vent’anni perfettamente a suo agio sotto la Madoninna e da allora volto pubblico della multinazionale. Chissà che non sia stata declinata una prossima linea di impegno comune. È lui, De Caterina, ad aver chiamato Giulio Lo Iacono, il segretario generale dell’Alleanza per lo sviluppo – Asvis, a moderare la presentazione, perché è evidente che iniziative come questa stiano perfettamente all’interno di un’idea di sviluppo sostenibile in cui le aziende non pensino esclusivamente agli shareholders, agli azionisti, ma anche agli stakeholders, ai portatori di interesse. Lo Iacono gioca facile, quando ricorda, con Dostoevskij, che «la bellezza salverà il mondo», anche se qui il progetto non è salvare le persone ma farle sentire meglio, fosse anche per la tenuta di una messa in piega.

Pare quasi rispondergli Ninell Sobiecka, presidente e amministratore delegato di L’Oréal Italia, quando dice: «Ognuno merita di sentirsi bene con sé stesso e ci impegniamo a rendere questa sensazione reale per quante più persone possibili», conferma. È una polacca che, in 25 anni nel gruppo di Clichy, ha fatto esperienze fra Est e Ovest, fino ad approdare a Milano, a fine 2023. Si capisce che una manager volitiva da quanto velocemente abbia imparato l’italiano in cui pronuncia un discorso non formale: «Sono orgogliosa e felice di essere qui oggi per l’inaugurazione del nostro primo Salone Sociale Beauty for a Better Life in Italia. In L’Oréal, crediamo fermamente che la bellezza sia uno strumento potente per accendere l’autostima, infondere nuova fiducia e migliorare il benessere personale. Ed è proprio da questa convinzione che nasce questo spazio che oggi apriamo: un ambiente accogliente e inclusivo. Qui», conclude Sobiecka, «persone che hanno difficoltà economiche o abitative avranno la possibilità di prendersi cura di sé, di dedicare del tempo al proprio benessere, accedendo gratuitamente a servizi professionali di bellezza e hairstyling. È un piccolo gesto che, speriamo, possa generare un impatto importante».

Ninell Sobiecka, presidente e ceo L’Oréal Italia – foto VITA

Un piccolo gesto, dice l’ad che non suona la grancassa, anche se la Fondation L’Oréal, con le otto cause sociali attive su altrettanti brand, le attività di promozione delle donne in ambito scientifico (con Unesco) e di aiuto alle persone fragili, di cose ne fa.

Ci vuole ben altro ma intanto prendiamo quello che di buono c’è, sperando che altri traggano spunto.

Nella foto di apertura, dell’autore dell’articolo per VITA, gli interni del Salone sociale di bellezza, inaugurato all’interno di Casa Jannacci a Milano.

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